Corato, gli intriganti simboli di Palazzo Catalano: compendio di antica massoneria e vizi capitali
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martedì 11 maggio 2021
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di Giancarlo Liuzzi
Se infatti è tipico in palazzi costruiti tra l’800 e il 900 (periodo dell’ascesa della borghesia) imbattersi in mascheroni, sculture e richiami all’esoterico, è più raro invece che questo avvenga nei fabbricati cinquecenteschi, epoca in cui la massoneria ufficiale del resto doveva ancora nascere. Solo nel 1717 i “confratelli” cominciarono a riunirsi in logge, pur prendendo a prestito riti e simboli molto più antichi, utilizzati già nel Medioevo da corporazioni di “muratori”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Palazzo Catalano è quindi un compendio di questi segni, mai come in questo caso così numerosi sulla facciata di un solo edificio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una loro accurata interpretazione è stata fornita da Giuseppe Magnini, cultore di storia locale e socio dell’ArcheoClub di Corato, che in due sue ricerche ha accompagnato alcune immagini alle illustrazioni di Enrico Pomarico. (Vedi foto galleria)
Avvalendoci dei suoi studi siamo così andati a visitare la dimora, che sorge ad angolo tra via Roma e via La Pergola, a 50 metri dal De Mattis, il Palazze de re pète pezzute di cui ci eravamo già occupati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo così davanti al Catalano, che prende il nome dal primo proprietario, nonchè autore dei decori, che lo edificò nel 1598. Su due iscrizioni poste sulla facciata si legge infatti: il “noto maestro artigiano Antonio Catalano”. Quest’ultimo era un architetto capomastro legato a una corporazione di antichi “muratori” e decise di scolpire, sulla sua abitazione, una serie di bassorilievi sulla parte angolare della struttura e tra i due livelli superiori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La palazzina, in pietra, è contraddistinta al piano terra da una successione di filari regolari di bugne appena sbozzate, tra le quali si aprono i vari ingressi. Il primo piano è costituito da un uniforme parato di conci, mentre il secondo livello, rifinito con dell’intonaco ocra, è frutto di una sopraelevazione del 1858.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il primo decoro, angolare, è posto a circa due metri dal livello stradale ed è caratterizzato da diverse figure su otto differenti riquadri verticali. In base alla lettura dello studioso le raffigurazioni indicherebbero i vizi capitali, seguendo la distinzione fatta nel XIII secolo dal chierico inglese Tommaso di Chobham: carnali (ira, lussuria e gola), spirituali (superbia, invidia e accidia) e uno intermedio, l’avarizia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La presenza di queste allegorie avrebbe una doppia funzione: apotropaica e indicativa. Servirebbero cioè per scacciare gli spiriti maligni dall’abitazione, ma anche per segnalare ai passanti la chiesa matrice di Santa Maria Maggiore (la cui porta d’ingresso si trovava in passato subito a ridosso del palazzo). Quindi come monito a non seguire la strada del peccato ma a propendere per quella religiosa della redenzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nelle raffigurazioni troviamo, partendo dall’alto, arcieri nudi con frecce pronte al lancio (allegoria dell’ira) e uno strano gnomo paffuto con due volti di cui uno sul ventre (rappresentazione del vizio della gola). A seguire è presente una creatura con bocca spalancata, tra due figure intente a coprirsi i genitali con una mano (nel riquadro della lussuria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nell’ultimo fregio è ritratta una persona con una collana di perle, una voluminosa gorgiera e, ai lati, due demoni dalla cui bocca fuoriescono rami e foglie: sembrano voler avvolgere nel peccato la figura centrale (raffigurazione dell’accidia).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Questi esseri dai volti inquietanti vengono chiamati “green man”, spiriti pagani che legano l’uomo alla natura. Incorporarli nella progettazione di un edificio poteva essere visto come un atto di fede da parte dello scultore nella speranza che le coltivazioni fossero sempre rigogliose.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Spostando l’attenzione sul balcone che affaccia su via Roma possiamo scorgere, negli stipiti e sull’architrave che circondano il finestrone centrale, un’altra serie fantasiosa di sculture.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella parte inferiore, su entrambi i lati, si trovano due formelle quadrate incorniciate da elementi vegetali con al centro due mezzi busti di profilo in abiti eleganti. Sulla sinistra è scolpito un signore e sulla destra una donna, rappresentati secondo lo schema del ritratto rinascimentale con finalità celebrative e commemorative.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al di sopra ecco nuovamente raffigurati due green man, dalle chiome fluenti e con la bocca aperta, dalla quale fuoriescono dei rigogliosi rami di vite. Tra i pampini e i grappoli d’uva vi sono anche uccelli disposti ad intervalli regolari, e tutto il decoro converge nella parte superiore dell’architrave dove due putti sorreggono il cosiddetto Trigramma di San Bernardino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quest’ultimo è un simbolo cristiano che si compone di un sole raggiante al cui centro ci sono le tre lettere greche ΙΗΣ (che indicano il nome ΙΗΣΟΥΣ, cioè Gesù). Il bassorilievo nel suo insieme può essere interpretato come un contrasto tra il male, rappresentato dai due demoni alla base e il bene della parte superiore coi due putti alati e il Trigramma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il terzo elemento esaminato da Magnini è il fregio marcapiano che divide il piano terra dal primo livello e che si estende su tutto il prospetto. È caratterizzato da una pronunciata cornice aggettata, decorata per tutta la sua lunghezza di 12 metri da elementi vegetali classicheggianti, mentre nella parte inferiore è delimitato da un cordolo segnato da segmenti trasversali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una scultura narrativa tagliato dai due balconi realizzati successivamente e dove sono descritte varie scene: da momenti di caccia ad operai intenti a costruire un edificio. Nel primo frammento del fregio si può notare un uomo con barba e cappello e in mano una roncola che fuoriesce da un arco di un’abitazione. Quest’ultima struttura dovrebbe rappresentare lo stesso palazzo Catalano prima della sopraelevazione e delle aggiunte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nelle scene che seguono invece, tra alberi e cespugli, sono scolpiti cani, uccelli, volpi e conigli assieme a uomini impegnati in una battuta di caccia. Tra i tanti animali ci sono anche un furetto e una gru con una zampa alzata, quest’ultima associata in varie raffigurazioni al simbolo della vigilanza, della previdenza e della lealtà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fra i paesaggi campestri fa eccezione un particolare rilievo presente quasi sulla parte angolare del palazzo. In quest’ultimo infatti sono ritratte tre figure maschili, due sulla destra e una sulla sinistra in un’ambiente di lavoro edile per il restauro o la posa di una colonna. Vi sono anche una serie di attrezzi usati dai muratori tra cui: la cazzuola, il martello, e il meno conosciuto l’archipendolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Naturalmente non mancano il compasso e la squadra, simboli per eccellenza della Massoneria e delle antiche corporazioni di “muratori”. Gruppi di architetti e capomastri che hanno tramandato nei secoli quelle conoscenze necessarie per erigere misteriosi e affascinanti edifici come il Palazzo Catalano di Corato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Foto in copertina di Valentina Rosati
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