"Addò àrrive, chiànde u zìppe": guida agli antichi e sopravvissuti proverbi baresi
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lunedì 23 dicembre 2019
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di Marco Montrone
A distanza di cinquant’anni la maggior parte di questi modi di dire è però scomparsa: del resto il dialetto si è sempre più “italianizzato” e sono in pochi ormai a parlarlo correntemente. Eppure ci sono alcuni detti che resistono: risultano così radicati nel linguaggio dei baresi che, come per alcune parole e frasi idiomatiche, continuano a rappresentare l’unica vera maniera per esprimere un certo concetto senza essere fraintesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ecco quindi i proverbi più famosi di Bari, quelli che ancora è possibile ascoltare passeggiando per le strade del capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Addò àrrive, chiànde u zìppe (Dove arrivi, pianta il ramoscello) – Nel senso: fin quando ce la fai vai avanti, adoperati, ma arrivato al limite delle tue possibilità devi fermarti e accontentarti del lavoro compiuto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci-ammène prime, ammène do volde (Chi colpisce prima, colpisce due volte) – Un adagio molto poco pacifista. Consiglia di sferrare in anticipo un colpo all’avversario così da avere la possibilità, grazie all’effetto sorpresa e allo stordimento dell’antagonista, di picchiare per una seconda volta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci sparte iàve la mègghia parte (Chi divide ha la parte migliore) – Usato sia per il cibo (chi distribuisce le porzioni si ritrova nella pentola il “meglio”), che per le discussioni. Chi divide i litiganti infatti si ritrova spesso “in mezzo”, vittima della furia di entrambi gli avversari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La sembatì iè parèende a la gocce (La simpatia è parente all’accidente) – L’amore tra due persone è cieco e inspiegabile, così come l’incidente, che avviene senza alcun preavviso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La rasce, come uè la fasce (La razza si può cucinare in tutti i modi) – Spesso associato a “l’alisce come la uè la frisce”, fa riferimento alla razza, un pesce che si può preparare in tanti modi pur mantenendo la sua bontà. Per estensione si usa per una persona che si può plagiare a piacimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non pegghiànne iàss pe fègure (Non prendere asso per figura) – Dal linguaggio delle carte da gioco, dove l’asso vale sempre più di qualsiasi figura. Vuol dire che non bisogna sbagliarsi: è necessario sempre essere accorti e obiettivi nelle valutazioni per non incorrere in errori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non de fermànne mà a la prima tavèrne (Non ti fermare mai alla prima taverna) – Non ti accontentare della prima occasione, ma pondera tutte le possibilità. E quindi: non trarre conclusioni affrettate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Passàte u sande, passàte la fèste (Passato il santo, passata la festa) – Utilizzato spesso come un invito a cogliere l’attimo, a non aspettare la “fine della processione” per muoversi, ha in realtà un significato più profondo: che i rapporti fra gli uomini sono sempre regolati dall’interesse e dalla convenzienza del momento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sande Necòle iè amande de le frastìire (San Nicola ama i forestieri) – Ha un doppia accezione. Sia che San Nicola favorisce i forestieri nei commerci, preferendoli ai baresi, ma anche che i cittadini in occasione delle feste fraternizzano sempre con i pellegrini che arrivano da fuori per omaggiare il Patrono. Da questo adagio deriva il detto “a Bari nessuno è straniero”.
Sote o u-uàste vène u-aggiiùste (Dopo il danno viene la riparazione) – Nel senso che non tutti i mali vengono per nuocere e a volte dagli errori si può imparare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
U pulpe se cosce che l’àcqua soa stèsse (Il polpo si cuoce con la sua stessa acqua) – Una derivazione del proverbio nazionale “lasciar bollire qualcuno nel suo brodo” che a Bari vede però come protagonista il polpo, mollusco che non ha bisogno di particolari accorgimenti per poter essere cucinato. Fa riferimento ai caparbi, a cui è inutile dare consigli: meglio lasciarli perdere così che imparino a proprie spese.
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I commenti
- DOMINGO GALOPPO - Sono di Carlantino, Foggia, habito in Argentina da tanti anni. Mi maraviglia il texto.
- Teobaldo - Nà volt s'imbcò n'col. (Una volta si impiccò nicola
- Antonio Branca - li conoscevo visto che sono del 1944 ma ormai li avevo quasi dimenticati , grazie