di Mina Barcone

L'affidamento dei bambini: «Un aiuto, non una scorciatoia per l'adozione»
BARI - Prendersi cura di un minore assicurandogli legami affettivi di tipo familiare per un periodo limitato: scelta arricchente ma molto impegnativa per coloro che decidono di intraprendere un percorso di affidamento familiare. Ma quali sono i bambini che sono costretti ad andare a vivere in un’altra famiglia e che profilo deve avere chi decide di tenerli con sé? Abbiamo posto alcune di queste domande a Luciana Iannuzzi, presidente di "Famiglia dovuta", associazione di volontariato barese che dal 1991 s'impegna a promuovere l’affidamento familiare e a dare formazione e supporto a quanti decidono di diventare genitori affidatari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Che cos’è l’affidamento familiare?

Si tratta di una vera e propria forma di sostegno ad una famiglia in difficoltà attraverso l'accoglienza temporanea di un minore presso un'altra famiglia che ne faccia richiesta. Parliamo di un intervento che può essere attuato anche per poche ore al giorno o alla settimana, ma che deve necessariamente essere caratterizzato da un progetto stabile e continuativo, così da permettere al bambino di trovare in un’altra famiglia ciò che la sua al momento non è in grado di garantirgli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutti i minori possono essere affidati?

Sì, italiani o stranieri, neonati, bambini di 2, 3, 4 anni o ragazzini che frequentano la scuola elementare e media. In realtà vengono affidati anche ragazzi più grandi, ma nel caso di minori di età maggiore dei 12 anni la legge prevede che il soggetto venga ascoltato dagli assistenti sociali in merito al progetto di affido. 
 
Quali sono le cause che prevedono l’allontanamento del bambino dalla famiglia d’origine?   
                            
Le cause possono essere diverse, come la disgregazione del nucleo familiare, notevoli difficoltà economiche, la carcerazione di uno dei genitori, problemi di tossicodipendenza, incapacità educative e divorzi problematici, malattie gravi o ricovero in ospedale della mamma o del papà e casi di violenza. Questi ultimi sono i più delicati da affrontare: prima di intraprendere un percorso di affidamento è necessario infatti preparare il bambino trasferendolo il prima possibile in una comunità all'interno della quale la permanenza deve comunque essere breve. All'interno di queste strutture il minore viene seguito in un percorso che lo porterà a riacquistare fiducia negli adulti. Solo allora sarà pronto per un percorso di affido familiare. E' ovvio che questi istituti non rappresentano una famiglia e pur soddisfacendo bisogni primari come nutrizione, istruzione e alloggio, non possono offrire rapporti stabili con figure di tipo familiare. 

Chi propone l’affidamento?

L’affidamento può essere consensuale o giudiziario. Nel primo caso è di competenza del giudice tutelare che con il consenso della famiglia naturale decide se affidarlo ad altre famiglie, a persone singole o a una comunità, per il tempo necessario a risolvere i problemi. L’affidamento giudiziario viene disposto invece dalla magistratura minorile in seguito alla segnalazione fatta dagli assistenti sociali che ritengono opportuno l’allontanamento del minore anche contro la volontà dei genitori naturali. Ovviamente ogni caso è diverso per questo l’affidamento viene progettato in base alle esigenze del minore, alla sua situazione familiare specifica e ai problemi che essa presenta. Dietro ogni affido c’è quindi un progetto stabilito dal Comune di appartenenza del minore che insieme agli assistenti sociali verifica che questo progetto sia adeguato alle necessità del bambino. In ogni caso occorre fare in modo che il bambino viva entrambe le famiglie come importanti risorse per la propria crescita e non in competizione tra loro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In che consiste il progetto del Comune?

Nel progetto sono stabilite le regole dell’affido che in base ai casi può essere “residenziale” o “diurno”. Nel primo caso il bambino trascorre con gli affidatari giorno e notte pur mantenendo rapporti periodici con la propria famiglia: si decidono quindi i giorni gli orari e i luoghi in cui il minore può passare del tempo con i propri genitori e con gli affidatari. Nel secondo caso il bambino trascorre con la famiglia affidataria alcuni momenti della giornata o della settimana, ma comunque con carattere di continuità e regolarità. In più viene stabilito il rimborso spese agli affidatari, in quanto la legge nazionale prevede che Stato, Regioni e enti locali dispongano nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio misure di sostegno economico alle famiglie che prendono in carico il minore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Le famiglie che accolgono devono rispondere a determinati requisiti?

Tutti possono diventare affidatari: coppie sposate o conviventi, con o senza figli o persone singole. Non sono richiesti requisiti in merito al reddito, non ci sono limiti di età, non serve possedere determinati titoli di studio, né conoscenze in campo psicologico o pedagogico, né altre competenze specifiche. L’affidamento è una scelta arricchente ma impegnativa, perciò agli affidatari è però richiesto uno spazio nella propria vita e nella propria casa per accogliere un bambino o un ragazzo accettando ciò che appartiene al suo mondo, alla sua storia e alla sua famiglia, perché è con essa che alla fine nella maggior parte dei casi ritornerà. Bisogna tener ben presente che si tratta di una situazione transitoria, dev’esserci quindi la volontà di accompagnare per un tratto di strada più o meno lungo un bambino senza la pretesa di cambiarlo, ma aiutandolo a sviluppare le sue capacità. La famiglia affidataria si aggiunge, non si sostituisce a quella naturale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
D’accordo ma ci sarà una preparazione per chi decidere di prendere in carico il minore…
 
Certo. Le famiglie e i singoli che decidono di intraprendere un'esperienza di affido possono rivolgersi al servizio sociale del territorio o a associazioni private come la nostra. Vengono accompagnati in un percorso di formazione, attraverso incontri e con l'aiuto di figure specializzate come psicologi e psicoterapeuti, avvocati e assistenti sociali  ma anche attraverso testimonianze di chi ha già vissuto quest'esperienza. Il percorso si conclude con la definizione dell’abbinamento più adeguato tra le caratteristiche e le disponibilità degli affidatari e le esigenze del bambino e della sua famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
E una volta definito l’abbinamento come si procede?

Una volta trovata la famiglia ritenuta idonea per il minore si procede alla conoscenza tra quest’ultimo e gli affidatari. Poi gradualmente avvengono degli incontri controllati dagli assistenti sociali e una volta ottenuta la fiducia da parte del bambino si procede con il trasferimento. Il progetto deve essere flessibile e cambiare in base alle necessità del bambino e della famiglia d’origine che viene seguita dai servizi sociali attraverso controlli e sostegno psicologico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quanto può durare l’affidamento?

L’affidamento è temporaneo per sua natura e la durata è diversa per ogni bambino o ragazzo e comunque non dovrebbe superare i due anni, ma può anche essere più lungo a seconda delle problematiche da affrontare. Solitamente termina con un provvedimento dell’autorità giudiziaria che lo aveva disposto quando la famiglia ha superato le proprie difficoltà e può riaccogliere il bambino oppure una volta raggiunta la maggiore età dell’affidato. E comunque se il ragazzo non ha raggiunto livelli di autonomia, anche se maggiorenne può chiedere ai servizi sociali di prolungare la sua permanenza presso la famiglia affidataria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E se la famiglia decidesse di adottare il bambino?

Affidamento e adozione seguono percorsi differenti e non sovrapponibili: noi ricordiamo sempre che l’affido non è una scorciatoia per l’adozione. Certo può avvenire che la situazione della famiglia d’origine non migliori o addirittura peggiori e in questi casi se la famiglia affidataria ne ha i requisiti, nell’interesse del bambino può continuare l’esperienza d’affido oltre i due anni e chiedere a quel punto di adottare colui che si è mostrato di voler accogliere nella propria vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito internet di “Famiglia dovuta”


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Mina Barcone
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  • Manuela Gigante - Mi piacerebbe saperne di più.... Io vivo a Castellana e vorrei sapere se qui da noi ce n è la possibilità
  • lina - L'affido è un provvedimento che nasce con i presupposti migliori per salvaguardare un minore, ma che finisce, nella stragrande maggioranze, per essere un dramma ed un sopruso. Troppo spesso chi se ne occupa è altamente incompetente. Questa incompetenza assieme alla lentezza della burocrazia italiana fanno si che per risolvere anche il caso più semplice passino anni ed anni. Il tutto miscelato dall' arroganza di chi non paga mai anche quando sbaglia rendono l'affido una minaccia per le famiglie anziché un aiuto.


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