di Katia Moro

Base missilistica e campo prigionia: Murgia teatro di una guerra nascosta
BARI – La sperduta e isolata Murgia, che da sempre immaginiamo calpestata unicamente da contadini e pastori transumanti, ha rappresentato un punto nevralgico nella nostra più recente storia, dalla seconda guerra mondiale alla guerra fredda. L’ex base missilistica atomico-nucleare di Altamura in località Murgia del Ceraso e l’ex campo di prigionia della Seconda Guerra Mondiale collocato sulla statale 96 presso Lama Sambuco, sono i due siti inattesi fattici scoprire da due guide che stanno lottando affinchè non si perdano le ultime tracce esistenti. (Vedi ampia galleria fotografica)

Gabriella Falcicchio, referente del “Movimento Nonviolento Puglia” e di Giuseppe Carlucci, guida ambientale ed escursionistica del Parco dell’Alta Murgia ci hanno accompagnato in questo viaggio nel passato, quando la Murgia rappresentava un vero e proprio teatro di una guerra nascosta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ex-base missilistica - Imboccando la statale 98 per Altamura, in direzione località Ceraso, si giunge all’aerostazione Ceraso, una base missilistica sorta alla fine degli anni 50, in piena Guerra Fredda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nel 1959 - ci spiega Gabriella – sull’altopiano carsico delle Murge, da Gioia del Colle a Matera furono installate una decina di basi missilistiche con Jupiter a testata nucleare da oltre un megatone, tutte con lo stesso schema: la forma era quella di un triangolo equilatero con gli angoli arrotondati nei quali erano piantati rispettivamente tre missili. Al centro protetto da un terrapieno si trovava il carro comando per effettuare il count down del lancio e nei pressi i trailer di rifornimento: uno per il cherosene e uno per l’ossigeno. Lungo il perimetro erano dislocate sei torrette in cemento armato per le vedette di sorveglianza, ancora ben visibili».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma perché furono costruite e perché proprio qui? «Siamo in piena Guerra Fredda – ricorda Giuseppe -. Il 1° marzo del 1957 viene lanciato il primo missile Jupiter dalla Difesa statunitense e il 4° ottobre la Russia sancisce la sua supremazia con il primo satellite orbitale russo Sputnik 1. Il 30 luglio 1958 il presidente del Consiglio italiano Amintore Fanfani si reca in visita dal presidente degli Stati Uniti e acconsente a schierare 30 missili Jupiter in Italia purché ciò avvenga “senza clamori”: è l’esito di una trattativa segreta e tutto fu realizzato nel massimo riserbo e all’insaputa di tutti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il sito è stato scelto non a caso perché si confidava nell’ignoranza della poca gente che abitava nei dintorni, dedita a sbarcare il lunario e ignara del boom economico come delle questioni militari e politiche. Ma per quanto lontana dai centri abitati, si fatica a credere che nessuno si fosse accorto della base posta strategicamente in altura e dei suoi missili alti 25 metri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Non tutti furono così ciechi – precisa Gabriella – nel 1962 numerosi intellettuali italiani firmarono un “Appello per la pace e il disarmo” e il 13 gennaio ad Altamura fu organizzata una marcia della pace. Ma la gente del posto non si pose domande. Eppure hanno corso un grosso rischio se si pensa che i missili installati avevano una potenza cento volte superiore a quelli sganciati su Hiroshima e Nagasaki».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il 1° luglio 1963, in seguito all’accordo tra Kennedy e Chruščëv che pone fine alla crisi di Cuba, vengono smantellati i missili e le basi. Ad oggi però sono ben visibili i resti delle sei torrette di guardia in cemento armato ben conservate, dell’edificio di deposito (questo invece in pessimo stato di conservazione, prossimo al crollo e con i tetti divelti) e il terrapieno che sta per essere invaso dalla vegetazione (vedi foto galleria). Il tutto sorge però su un campo privato destinato alla coltivazione. Il rischio è che il sito venga fagocitato per sempre dal grano e dall’aratura per scomparire inesorabilmente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ex campo di prigionia – Lasciamo la base missilistica e imbocchiamo a ritroso la strada percorsa, questa volta in direzione Altamura. Prima dell’ingresso in città svoltiamo a destra e proseguiamo lungo la statale che conduce a Gravina. Sulla sinistra, a un chilometro dal nuovo ospedale, c'è il campo di prigionia della Seconda Guerra Mondiale. «Corrisponde perfettamente alla logica del campo – ci illustra Gabriella – di qualunque natura esso sia: invisibile dall’esterno e con il controllo assoluto dei detenuti all’interno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Era il campo di prigionia n.65 e vi risulta che siano stati internati sino al settembre 1943, soldati inglesi, canadesi, sudafricani e australiani. Nel novembre 1950 venne trasformato in un centro raccolta profughi in grado di ospitare 500 unità, dotato di 60 capannoni forniti di bagni, lavabi, banco cucina, con una sezione staccata di scuola elementare e asilo infantile e una palazzina di comando.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Accoglieva profughi rimpatriati dall’Africa (Tunisia, Eritrea, Egitto) dalla Venezia Giulia e dalla Costa dalmata e il loro passaggio è ancora oggi testimoniato da scritte, graffiti incisi e disegni come bandiere e cartine geografiche anche minuziose. Della struttura rimane solo un capannone con le varie stanze all’interno (di cui una anche piastrellata), le torri di controllo e la palazzina di comando con un imponente albero rampicante abbarbicato sulla facciata. (Vedi foto galleria)

E’ stato chiuso nel 1962 e ora appartiene al Comune di Altamura che lo ha relegato ad uno stato di assoluto abbandono e incuria: ci imbattiamo infatti in cumuli di bottiglie, rifiuti e copertoni abbandonati. L’interno delle strutture è probabilmente divenuto dominio di immigrati e barboni data la presenza di numerosi vestiti, stracci e scarpe abbandonate. Ma ancora più inquietante è l’incombente rischio di una diversa destinazione del sito, pare ad uso edilizio per la realizzazione di villette, che ne cancellerebbe definitivamente la valenza di testimonianza storica.


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