di Eloisa Diomede e Marco Montrone

Telefono fisso, cabine e bigliettini: ecco come ci si organizzava un tempo nel mondo senza cellulari
BARI –  Il cellulare è ormai diventato un’appendice del nostro corpo, non si esce mai di casa senza telefono e tutto è sempre organizzato tramite schermo e microfono: dalle riunioni di lavoro alle uscite serali, dalle partite di pallone agli appuntamenti galanti. Quindi, detto che oggi non si può fare a meno di uno smartphone, la domanda sorge spontanea: prima come ci si comportava?

Attenzione: quando parliamo di “prima” non ci riferiamo certo al Medioevo, ma appena al secolo scorso, visto che i cellulari hanno cominciato a diffondersi solo alla fine degli anni 90 del 900.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E quindi? Fino a 25 anni fa si viveva nell’anarchia, nella confusione, nel ritardo continuo? La risposta è no. Può sembrare assurdo, ma “un tempo” si riusciva a vivere senza telefoni mobili: ci si organizzava, ci si vedeva e il mondo andava comunque avanti. Certo, bisognava però prendere alcuni accorgimenti: vediamo quali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il telefono di casa – In mancanza dei cellulari (e dei social), “all’epoca” l’unico mezzo per interagire con il prossimo era il mitico telefono di casa. C’erano famiglie che ne avevano solo uno in tutto l’appartamento (posizionato di solito in cucina o in soggiorno), altre invece che predisponevano ogni stanza per le chiamate. Dal “fisso” comunque non si poteva prescindere, adeguatamente accompagnato da un’agenda dove erano segnati in ordine alfabetico i numeri dei conoscenti (nella foto).

A rispondere era quasi sempre la mamma, alla quale l’interlocutore si rivolgeva con un «buongiorno signora, c’è Teresa?». A quel punto c’erano due possibilità. O Teresa era in casa, oppure era uscita, ma non prima di aver lasciato detto dove si stava recando («mamma se chiama Monica dille che sto andando da Alessandra»). E quindi a Monica bastava poi chiamare Alessandra per poter parlare con Teresa.

Naturalmente si faceva sempre in modo che qualcuno rimanesse in casa, per poter rispondere alle telefonate. Detto che comunque “prima” non si usciva tanto come oggi: la spesa la si faceva sotto casa (non esistevano gli ipermercati), i parenti e gli amici abitavano vicino, la sera soprattutto in settimana non si andava fuori, c’erano meno impegni e si faceva molta più vita di quartiere. Insomma si stava di più all’interno o nelle vicinanze delle mura domestiche e così risultava facile beccare sempre qualcuno al telefono o per strada.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Quando poi c’era da organizzare un’uscita o una festa con più persone partiva il “passaparola” - ci rivela la 50enne Daniela -. Si metteva in piedi una sorta di “catena di Sant’Antonio” in cui ognuno aveva il compito di avvisare un altro al telefono, fin quando  non si chiudeva il cerchio della compagnia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


I punti di ritrovo – A volte non serviva nemmeno spendere soldi per le telefonate, visto che tutte le comitive avevano dei punti di incontro prefissati. E così quando Nicola non riusciva a parlare con Giuseppe, si recava in un certo luogo dove era facile che il compagno si trovasse.

Il posto poteva essere “sotto casa” di qualcuno,  in una sala giochi, nei pressi di locali famosi (vedi il Caffè degli Amici a San Pasquale, il Bar Moderno a Poggiofranco o l’Esperia in centro) oppure in precisi angoli della città bazzicati un po’ da tutti. Ogni rione aveva un punto di ritrovo, anche se probabilmente a Bari il più frequentato per decenni fu l’isolato di via Sparano posto di fronte alla vecchia entrata della libreria Laterza.

Le cabine telefoniche e i bigliettini - Naturalmente potevano accadere degli imprevisti, ma non ci si perdeva d’animo e si trovava sempre la soluzione. Ad esempio Paolo stava ritardando a un appuntamento? Allora si prendevano i gettoni o la scheda telefonica dal portafogli, si trovava la cabina telefonica più vicina e si chiamava casa dell’amico. A quel punto rispondeva la mamma di Paolo che avvertiva: «Sì mio figlio è uscito ora, mi ha detto di dirvi che farà ritardo, ma sta arrivando».

«Quanti gettoni e schede ho consumato - ricorda nostalgica la 52enne Giusy . A volte però se si trovava qualcuno impegnato in una telefonata più lunga si creava la fila davanti alla cabina e poi bisognava stare attenti al “credito”, perchè se finiva si interrompeva la chiamata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E se a casa di Paolo non c’era nessuno? A quel punto partivano i “bigliettini”. Si prendeva un pezzo di carta e una penna (altra cosa che si portava spesso con sé) e si scriveva: «Ci stiamo muovendo, ci trovi tutti alla festa di Edoardo. Ci vediamo lì». Poi si appiccicava il foglio da qualche parte.

«Noi utilizzavamo un palo che si trovava nel nostro solito luogo d’incontro», ci dice la 50enne Antonella. «Oppure li mettevamo sui parabrezza delle auto», interviene il 59enne Claudio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E così a Paolo, una volta giunto sul posto dell’appuntamento, bastava cercare il messaggio per sapere dove si era diretta la sua comitiva. E alla fine anche lui, solito ritardatario, non si perdeva mai, pur non avendo in tasca un “indispensabile” cellulare.


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Eloisa Diomede
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Marco Montrone
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  • Fabio - Davvero un bell'articolo, costruito e curato davvero nei minimi particolari, sempre molto accurata nel descrivere i dettagli , non vedo l'ora di leggere la prossima intervista, ottimo lavoro!


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