di Mattia Petrosino e Gaia Agnelli - foto Francesco De Leo

Stoffe, tende, sedie e divani d'epoca: alla scoperta degli antichi tappezzieri di Bari
BARI – Si autodefiniscono “addobbatori delle case”: del resto sono loro a foderare e rivestire sedie, poltrone e divani e a creare quelle tende che vanno immancabilmente a impreziosire e a rendere più confortevoli le abitazioni. Il mestiere di cui stiamo parlando è quello del tappezziere, lavoro antichissimo portato avanti da artigiani che, tra tessuti e stoffe, fanno in modo di “rimettere a nuovo” l’arredamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I più vecchi della città sono “Solazzo”, “Fanelli” e “Bux”: siamo andati a trovare gli ultimi due (visto che il primo non ha voluto rilasciare dichiarazioni). (Vedi foto galleria)

Eccoci quindi a Poggiofranco, in via Papa Innocenzo XII, dove un’insegna bianca annuncia che ci troviamo dinnanzi alla tappezzeria Fanelli. Varcato l’ingresso, subito notiamo sulla sinistra un armadio ricco di campioni di stoffe colorate, ci accoglie la famiglia al completo: il 71enne Giovanni, la moglie 66enne Maria Giuseppa e il figlio 33enne Antonello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre la donna stende e stira il drappo in seta di una tenda, il marito ci racconta la storia dell’attività. «A fondarla fu mio padre Vincenzo nel 1933 – esordisce –. Fu una delle prime botteghe a operare in questo settore ed era ubicata in via Manfredi, a Bari Vecchia. Dopo 15 anni si trasferì prima in via Nicolai e in seguito in via Dalmazia, sede quest’ultima dove sono cresciuto, imparando tutte le tecniche del mestiere. E quando nel 2000 sono diventato il proprietario, mi sono spostato qui passando però poi nel 2017 la gestione a mio figlio, nonostante io continui a venire in negozio quotidianamente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Vediamo infatti che Giovanni si mette subito all’opera recandosi in laboratorio per rivestire lo “scheletro” di un divano ottocentesco in stile francese. Accanto vi è l’imbottitura da cui emergono le vecchie molle biconiche ramate usate all’epoca per i fondi, che verranno ora sostituite dalle più moderne cinghie elastiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Sto tappezzando questo modello antico e il primo passo è quello di rimuovere il tessuto originario, sfilando i chiodi che un tempo venivano inseriti a mano con il martello – spiega mostrandoci i buchi creati da quelli che ha appena rimosso –. In passato si toglievano con il levachiodi mentre oggi lo si fa molto più velocemente con apparecchi che ci hanno facilitato il lavoro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A partire dagli anni 60 infatti il compito dell’”addobbatore” è stato agevolato dall’ingresso di nuovi strumenti. Ad esempio macchine da cucire più moderne “taglia e cuci” sono andate a sostituire il lavoro fatto con forbici, ago e filo, per tagliare poi il legno c’è la troncatrice, mentre per mettere i chiodi è oggi utilizzata la pistola ad aria compressa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Mio padre operava manualmente con il martello per ore e ore – sottolinea Fanelli –: una fatica che veniva ricompensata con un pagamento sostanzioso, dato che un tempo quello dei tappezzieri era un servizio richiesto soltanto dalle famiglie più facoltose. All’epoca questi lavori artigianali, vista anche la qualità dei materiali con cui si operava, si pagavano cari: ad esempio il divano di prima ne vale (economicamente e qualitativamente) tre di quelli moderni. Poi con l’arrivo del boom economico, il mestiere si è trasformato, entrando anche nelle case di chi prima non poteva permetterselo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E dopo averci mostrato delle bellissime bullette dorate che andranno a rifinire uno sgabello anni 50, Giovanni si mette al lavoro su una vecchia poltrona, che verrà rivestita con un colorato tessuto naturale in fibra vegetale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Rimossa dunque l’originaria imbottitura in paglia di lino (negli anni 40 molto utilizzata assieme all’ovatta e al più prezioso crine), comincia a tagliare “a caldo” con una sega elettrica l’espanso (simile alla spugna) da ricoprire poi con filati miscelati in poliestere e fibre sintetiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«I materiali di un tempo erano più particolari – precisa Fanelli –, però quelli moderni, oltre a essere più “igienici”, hanno una resistenza maggiore e possono durare nel tempo. In questo modo riusciamo a garantire una vita più lunga a pregiati cimeli d’epoca».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Bari c’è però chi continua a operare come si faceva una volta, avvalendosi di strumenti tradizionali. 
È il caso della tappezzeria Bux, che opera sul territorio dal 1964, prima in via Principe Amedeo e poi, dal 2010, in via De Rossi. Qui, una volta entrati, ci ritroviamo nell’area dedicata alla vendita, caratterizzata dall’esposizione di eleganti tessuti appesi a delle grucce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In fondo al locale si apre invece il laboratorio che trasuda di storia e tradizione. Vi si trova ad esempio un bancone anni 60, ancora oggi utilizzato dal 49enne proprietario Nicola, figlio dell’ormai scomparso fondatore Tommaso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Mio padre cominciò negli anni 50 – spiega –, anche se nel 1964 decise di mettersi in proprio aprendo il suo negozio. Io già da piccolino, attratto da questo mondo, iniziai a bazzicare la bottega aiutando gli altri operai, fino a quando nel 1998 presi le redini dell’attività. Da allora continuo a operare così come mi ha insegnato papà: perché un vero artigiano è quello che lavora con le proprie mani, senza l’ausilio di macchinari. Ad esempio per misurare le stoffe io mi servo del buon vecchio metro rigido, altro che flessometro e le forbici poi non le ho mai fatte andare in pensione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre parliamo Nicola sistema sul bancone il tessuto grigio che un cliente ha scelto per la propria tenda. È in poliestere misto lino. «I materiali però si adattano alla modernità  – ammette –. In passato si usavano tessuti naturali quali seta o lino, mentre adesso si utilizza prettamente il poliestere a favore di un tendaggio più veloce da creare e soprattutto più semplice, adatto a design casalinghi più essenziali. Sono ormai finiti i tempi di drappi e mantovane».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ecco quindi che Bux si mette all’opera con il tessuto. Crea così un “piegone” dal quale passerà la zineffa che sostiene la tenda, fissandolo prima con degli spilli per poi cucirlo a mano con ago e filo. Successivamente passa alla fase della misurazione dove, grazie ad alcune tavole sovrapposte sul pavimento, riproduce “artigianalmente” la stessa distanza tra suolo e soffitto della casa dei clienti, così da considerare l’altezza precisa e tagliare la stoffa della giusta misura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Un tempo andavano di moda le zineffe mantovane – afferma Nicola – solitamente fatte di legno o in ferro battuto con la parte terminale a spirale. Oggi invece si prediligono i bastoni piatti, più “spogli”. Del resto ora è tutto più “minimale” e spesso si acquistano pezzi di poco prezzo che poi una volta rovinati si buttano via. Noi tappezzieri continuiamo però a essere indispensabili per chi vuole arredare la propria casa con gusto e soprattutto per chi vuole restaurare gli intramontabili mobili antichi. Ad esempio sono in tanti coloro che ci portano i divani dei propri nonni: un modo per rendere “eterno” il loro ricordo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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