Hi-fi: la storia di Enrico Petruccelli, il "pervertito dell'alta fedeltà"
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giovedì 13 dicembre 2012
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di Nicola De Mola
Enrico ripara qualsiasi componente ad "alta definizione", ma spesso chi si reca da colui che si definisce «un pervertito dell’alta fedeltà» va in cerca anche solo di un semplice ma prezioso consiglio per farsi largo in un mondo, quello degli stereo, diventato forse di nicchia, ma che resiste a dispetto dell’avanzare della tecnologia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Qualcuno chiama “vintage” questa roba - racconta, mostrandoci qualche “tesoro” presente nella sua nuova "base" nella sede di Mungivacca - ma chi parla così non ha capito che è questo è l’unico vero modo per l'ascoltare musica. Se il suono è uno spostamento d’aria, la tecnologia digitale è un compromesso che non c’entra nulla, un surrogato dell’analogico». E ce lo dimostra, accendendo il suo “Aurex Toshiba” risalente a 40 anni fa (vedi galleria fotografica), solo all’apparenza un lettore di quelli che si trovano facilmente nei centri commerciali, ma in realtà un pezzo raro della sua collezione che lui utilizza come strumento di lavoro per testare gli impianti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Oggi non c’è più la cultura dell’ascolto musicale e l’apparecchio che si sceglie di acquistare è subordinato all’aspetto della casa o alla comodità - denuncia Enrico - Ascoltata da un supporto digitale, per esempio, Mina quasi non la si riconosce: l'alta fedeltà, abbinata al vinile, dà una pienezza di suono che gli altri supporti non possono dare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra i gioielli passati per le sue mani anche una coppia di casse acustiche “Tannoy Westminster” («quelle dedicate ai reali d’Inghilterra, l’oggetto più costoso che abbia mai posseduto») e un giradischi modello “Michell Transcriptor”, lo stesso posseduto da Alex DeLarge nel capolavoro di Stanley Kubrick, Arancia Meccanica, che è esposto anche al MoMA di New York (vedi galleria fotografica). «Solo il suo braccio vale 3mila euro, ma sono stato costretto a venderlo, perché era troppo complicato da usare anche per me: aveva un libretto delle istruzioni enorme», racconta divertito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tesori di cui è venuto in possesso anche per la fretta di disfarsene da parte dei loro proprietari, che li ritenevano troppo vecchi o cercando nei mercatini e su internet. Una passione fuori dal comune, quella di Enrico Petruccelli, nata quasi per caso da piccolo durante le partite a scacchi con un suo cugino vicino di casa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Suo padre era il progettista della Mivar e quindi aveva certe cosette che oggi la gente si sogna ancora. Da lì in poi mi sono gravemente "ammalato" - aggiunge - anche se oggi mi sono un po' svincolato dai dati tecnici rispetto al passato. Per esempio prima lavoravo con gli oscilloscopi, mentre adesso mi fido molto più del mio orecchio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da qualche mese Enrico ha deciso di espandere ulteriormente i suoi orizzonti, dando vita con gli amici Gianpo Scialandrone e Vito Losacco alla Babylon, che si occupa di aggiustare di tutto, dalle macchine d’epoca agli impianti per auto: il «restauro del bello», come dice lui.
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Scritto da
Nicola De Mola
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