di Eva Signorile

L'ex Manifattura Tabacchi: tra degrado e bancarelle un affascinante luogo centenario
BARI – A guardarla da qui, dall’alto di un terrazzo in via Ravanas, l’ex Manifattura Tabacchi si offre come un susseguirsi di tetti spioventi che coprono caseggiati rosa disposti in maniera ordinata. Siamo nel cuore del rione Libertà di Bari e di fronte a noi si staglia una storica struttura dei primi anni del 900 costruita in stile liberty che ha saputo resistere allo scorrere del tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La Manifattura nacque nel 1913 con grandi ambizioni: un opificio di 200mila metri quadri in cui venivano lavorati 600mila chili di tabacco trasformati in 120 milioni di sigari prodotti da più di mille operaie. Si trattava di una fabbrica modernissima: al suo interno c’erano un asilo nido, una nursery, un cinema (l'Arena Giardino) e un centro ricreativo per i dipendenti. La storia gloriosa di questo opificio finì però negli anni 70, quando la produzione venne trasferita e il colosso fu abbandonato a se stesso. Un degrado a cui si cercò di strapparlo tra la fine degli anni 90 e l’inizio del nuovo millennio, periodo in cui una parte degli edifici fu ristrutturata per trasferirvi un mercato coperto che attualmente è ancora in funzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per il prossimo futuro è però prevista una grossa ristrutturazione: l’edificio diventerà uno spazio multifunzionale e ospiterà tra l’altro gli istituti di ricerca del Cnr. Siamo così andati a visitare il complesso prima del suo definitivo restyling, quando tra il comunque evidente degrado è ancora possibile scorgere alcuni particolari di un'affascinante Bari centenaria. (Vedi foto galleria)

Gli edifici che compongono la Manifattura si configurano come una sequenza di caseggiati posti in un grande quadrilatero compreso tra via Ravanas, via Crisanzio, via Nicolai e via Libertà: perimetrano un altro gruppo di edifici, secondo il principio delle “matriosche”, le bamboline della tradizione russa che contengono al loro interno copie sempre più piccole di sè stesse. Strutture che poi si raccolgono intorno a piazzette rettangolari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entrando da via Ravanas si apre a noi un largo asfaltato: è il parcheggio del mercato. Già da qui la bella immagine che avevamo avuto dall’alto inizia a mostrare un’altra faccia: sul muro di fronte al parcheggio compaiono larghe chiazze di muschio e muffa, segno evidente che l’umidità si sta facendo strada sugli edifici. Alla nostra destra e alla nostra sinistra l’area è chiusa dagli edifici che compongono il perimetro più esterno della struttura. Circondata da un’alta ringhiera si apre una piazzola occupata da una fila ordinata di chioschetti in metallo nero collegati tra loro da coperture ad arco: le loro saracinesche sono però tutte ben serrate e nessuno si aggira per gli stretti vialetti su cui si affacciano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Al perimetro interno si accede superando la facciata monumentale dell’edificio, dove campeggia la scritta “Manifattura dei tabacchi”. In alto si trova una rete protettiva su cui è piovuto chissà come un pallone da calcio. Tutto intorno si apre un lungo porticato costituito perlopiù da locali non utilizzati e murati, oppure usati come depositi. Qui le macchie di umidità corrodono lo stucco alla base delle arcate e strisciano lungo le pareti per poi arricciarsi capricciosamente sul soffitto fino a creare improbabili affreschi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di fronte a noi si apre un giardinetto raccolto intorno alla grande vasca vuota di una fontana. Tutt’intorno, aiuole e panchine occupate esclusivamente da anziani. Intorno al piccolo giardino si riuniscono i lunghi caseggiati degli edifici più interni: al pianterreno sono occupati dai banchi del mercato, mentre al piano superiore sono vuoti e dalle finestre si intravedono impalcature e sostegni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In alto, i due bracci laterali di questa parte della struttura sono collegati al corpo più esterno attraverso dei ponti coperti, ma ariosi, grazie alle arcate laterali. La parte superiore è coperta e mostra il cielo, in quella sottostante gli archi sono protetti da vetri a tratti rotti da cui si intravedono porzioni degli edifici retrostanti che offrono interessanti giochi cromatici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I bracci che ospitano il mercato terminano su un muro che ne impedisce l’accesso: è la porzione dell’area rimasta intoccata dalle successive ristrutturazioni. La si riconosce per la presenza di uno stucco giallastro ormai in sgretolamento libero, che pure mantiene un certo ineffabile fascino. Alle spalle si innalza la ciminiera, un tempo cuore pulsante dell’intero opificio, ora visibile solo nella sua parte più alta, subito dietro l’orologio che fronteggia il giardinetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo ora nel mercato. Qui si trova un po’ di tutto: dalla frutta di stagione al pesce, dalla carne fino ad arrivare a bambole di porcellana che ricordano tanto le signore degli antichi salotti di un tempo. Le bancarelle sono dislocati in maniera estremamente dispersiva, lungo tutti i caseggiati disponibili e, in definitiva, contiamo più spazi chiusi che banconi attivi. Rispetto a qualche anno fa, colpisce la presenza degli stranieri, anche tra i venditori. 

Nell’altra parte del mercato le strutture sono quasi tutti vuote: compaiono solo pochi servizi commerciali e qualche banco di abbigliamento che approfitta dello spazio libero tra due file di locali chiusi. A farla da padrone sono i chioschetti in stile liberty dai particolari tetti spioventi,  introdotti dalla scritta  “Manifattura Libertà”. Sembra che verranno abbattuti nel restyling. Peccato. I gabbiani vi si stazionano sopra guardando dall’alto famelici alla ricerca del pesce avanzato: tra poco anche loro dovranno trovare nuovi luoghi dove andarsi a sfamare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


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Eva Signorile
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