di Alessia Schiavone

Bari e i suoi millenari Menhir: maltrattati, ignorati e nascosti. Foto
BARI -  Non è ancora chiaro a che cosa servissero. C'è chi li definisce dei rudimentali osservatori astronomici per misurare tempi, movimenti e fasi astrali, chi simboli per segnare i confini dei territori e chi ancora riconduce la loro storia ai sacerdoti gallo-celti e alla celebrazione di culti sacri. Parliamo dei Menhir, grandi pietre grezze dalla forma allungata, conficcate perpendicolarmente nel terreno e solitamente con le facce più larghe rivolte verso est e ovest. Quel che è certo, attestato dal metodo del radiocarbonio e da studi storico-archeologici, è che si tratta di costruzioni millenarie risalenti al Neolitico (4000-1500 a.C).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche la terra di Bari possiede questo patrimonio plurimillenario. Solo che se in altre regioni o nazioni questi siti sono stati classificati e valorizzati, qui al contrario giacciono sui cigli delle strade o in campagne sperdute, maltrattati e ignorati, a volte addirittura utilizzati come segnali stradali o come luogo ideale per portare i cani a fare i propri bisognini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Seguendo le indicazioni di uno dei pochi libri scritti sui menhir (un testo risalente al 1989 di Aldo Tavolaro, un astronomo barese specializzato in archeoastronomia), abbiamo deciso di intraprendere un viaggio alla ricerca di questi reperti preistorici. Un’impresa che non è stata per niente facile, visto che i megaliti sono di fatto abbandonati al loro destino e non ci sono certo cartelli ad informare della loro la presenza. Se infatti nel Salento la linea geografica di continuità del megalitismo (seppur con brusche interruzioni) è abbastanza evidente, nel territorio barese è pressoché invisibile. D'altronde molti menhir sono stati devastati, altri sono scomparsi nel nulla e altri ancora sono stati spostati chissà dove. Bisogna considerare che nell'arco di cinquant'anni ne sono andati perduti il cinquanta per cento. 

Sono 16 i monoliti baresi sopravvissuti: se ne trovano uno nel capoluogo e due a Palese e poi in provincia tre a Modugno, tre a Terlizzi, tre a Palombaio e uno rispettivamente a Valenzano, Casamassima, Cassano delle Murge e Sammichele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Decidiamo di andare alla scoperta di quelli presenti nelle vicinanze di Bari (vedi foto galleria). Usciamo dal capoluogo pugliese e imbocchiamo la SS 96. Una volta raggiunta Modugno, ci immettiamo nella SP 231 in direzione Foggia e proseguiamo per un paio di chilometri. Il primo menhir indicato nel libro si trova all'incrocio di una stradina che porta all'ex fabbrica Pinz Brau, oggi Euro Progea.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al primo tentativo non riusciamo a vedere nulla. Rallentiamo e torniamo indietro. Solo se si presta particolare attenzione, praticamente avvolto nelle siepi sul ciglio della strada, si può notare il "Monaco". Il profilo infatti sembra quello di un uomo alto e fiero con il cappuccio che copre il capo ben scolpito, due fori come occhi e un naso molto sporgente. Secondo Tavolaro il Monaco rappresentava un primo rudimentale calendario, “in quanto indicava sull'orizzonte il punto in cui il sole terminava la sua corsa invernale e ricominciava all'indomani quella verso l'estate”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

All'interno della fabbrica Euro Progea (come indicato anche dal sito internet “Puglia megalitica”) c’è anche il menhir "Castelberg", adagiato su un prato verde e all'ombra di un ulivo. Lasciamo la solennità di tali figure e proseguiamo per Bitonto. Alla periferia della città, in contrada Balice, secondo la nostra guida dovrebbe risiedere il menhir omonimo. Dopo un lungo percorso attraverso una stretta e tortuosa via di campagna, con non poca difficoltà giungiamo al termine della strada, senza però alcuna traccia di megalite. Ci guardiamo intorno e capiamo di essere di nuovo a Modugno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tramite il nostro smartphone cerchiamo su internet informazioni a proposito: sul web si accenna allo spostamento del menhir Balice nel parco Padre Pio di Modugno. Ci rechiamo sul posto ma ancora una volta senza alcun risultato. Il custode ci informa che probabilmente abbiamo sbagliato: nel parco non esiste un monumento simile. Dopo diverse ricerche scopriamo che il povero menhir ha in realtà subito un ulteriore “trasloco”: ora si trova in Piazza dei Caduti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
E’ qui finalmente riusciamo a trovare la struttura preistorica. Si erge solitaria, con un foro che le attraversa la parte superiore del corpo, al centro di una piazzetta leggermente sopraelevata tra un gioco di ombre che le conferisce un carattere ancora più suggestivo. Nonostante vari spostamenti e la mancanza di un cartello informativo,  il “Balice” sembra aver trovato qui un buon posto dove trascorrere il resto dei suoi millenni. Ma avvicinandoci notiamo però che una parte del menhir è imbrattata da scritte colorate fatte con i pennarelli. Un passante ci confessa addirittura che il monumento, la cui identità è sconosciuta ai più, è in realtà diventato un vero e proprio "pisciatoio" per cani. Infatti dopo qualche minuto vediamo con i nostri occhi un cane con il suo padrone urinare proprio ai piedi del monolite: la macchia lasciata è inequivocabile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
Riprendiamo quella che ormai sembra diventata una vera e propria caccia al tesoro.  E ci dirigiamo verso Terlizzi. All'altezza di Sovereto, nei pressi di una cementeria, imbocchiamo la prima strada a destra e proseguiamo diritto lungo una strada di campagna. Dopo circa un chilometro e al bivio con l'antica via Appia, svoltiamo subito a sinistra. Non possiamo fare a meno di notare un'imponente struttura nel bel mezzo della strada, incastonata in un marciapiede. Capiamo quindi che il primo menhir di Terlizzi, situato in località "Cappella del Vico", ha assunto la funzione di spartitraffico. Eppure, se si provasse a guardarlo con occhi più romantici, verrebbe in mente la sagoma di Zeus, padre degli dei, che al confine tra cielo e terra sorveglia immobile noi comuni mortali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Lasciamo l'Olimpo e proseguiamo ancora. Dopo un po’, ecco il secondo megalite in località "Bosco San Nicola" elevarsi da un muretto a secco. Anche questo, come quello di Modugno, ricorda un umano. Questa volta però si tratta dei lineamenti dolci e sinuosi di una donna, con indosso una gonna a ruota. Fa parte della famiglia di Terlizzi un altro menhir, che ormai è diventato la colonna portante di un segnale stradale. Chiunque raggiunga quell'incrocio non potrà di certo dire di non aver visto lo stop: è proprio lì, infilzato nella schiena della struttura preistorica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
È la volta di Palese. Ci addentriamo in via Titolo, la strada che porta al lungomare. Sulla destra, incastrato come il pezzo di un puzzle tra il muretto e il cancello di una villetta, si intravede nella sua timidezza un altro megalite. È rinchiuso in uno spazio claustrofobico, sembra infatti soffocare in quella cornice artificiale. Per l'occhio più distratto questa volta c'è il cartello informativo a segnalarne la presenza. A Palese si trova un altro menhir, collocato in un'aiuola nei pressi di un complesso edilizio. Tozzo e dalla forma poco lineare, si staglia accanto a una siepe della stessa altezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cambiamo totalmente zona e ci spostiamo a sud di Bari, a Valenzano. In via Giuseppe Fanelli n°6, sulla destra, nei pressi di un incrocio e ai piedi di una cancellata verde, giace un menhir su un piccolo ritaglio di terreno vestito di sterpaglia. È decisamente diverso dai blocchi di pietra incontrati finora, sembra quasi una vecchia lapide funeraria. Sulla faccia anteriore è incisa una croce: probabilmente è stato “vittima” del processo di cristianizzazione. La Chiesa, infatti, se non decideva di sopprimerli o eliminarli, trasformava questi monumenti in colonne di culto cristiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Proseguiamo per via Fanelli e percorriamo a piedi il marciapiede di fronte alle casermette: siamo a Bari città. Nascosto dietro un albero di ulivo, inghiottito dalla spazzatura circostante, spunta dal terreno il monolite barese. È quello ridotto peggio tra tutti quelli incontrati: la superficie è irregolare e il corpo è spezzato a metà. Fortemente inclinato, probabilmente ha risentito più di tutti dell'urbanizzazione che prima o poi finirà per divorarlo completamente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro viaggio finisce qui ed è in questo momento che ci ritornano in mente le parole di Enzo Varricchio, presidente del Centro studi di diritto delle Arti, del Turismo e del Paesaggio, con cui avevamo parlato prima di intraprendere il nostro tour. Ci aveva detto: «Nonostante in Puglia si sia sviluppata una vera e propria civiltà della pietra, non abbiamo saputo prenderci cura dell'eredità che la nostra terra ci ha lasciato». Niente di più vero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eppure non occorrerebbe molto tempo e neanche troppo denaro per conferire un minimo di dignità a dei monumenti che in altri parti del mondo sono stati elevati a veri e propri tesori. Basterebbe un cartello indicativo, magari un faretto e un po’ di pulizia, per restituire ai baresi le opere scolpite dai propri avi e ricongiungere in un attimo secoli e secoli di storia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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