di Ilaria Milella

Il gozzo, antica e colorata barca a remi: «Una moglie per i pescatori»
BARI – E’ possibile trovarle ancora in tutti i porticcioli pugliesi: piccole, colorate e “femmine”, visto che tutte hanno nomi di donna. Sono i gozzi (lanze in barese), le imbarcazioni di legno a remi utilizzate dai pescatori per cacciare quei pesci che si trovano vicino alla costa, come polpi, “ciambotto” (il pesce da zuppa) e pesce più pregiato di taglia piccola, come saraghi e fragolini. A Bari è possibile trovarle nell’ansa formata dal molo Sant’Antonio e il molo San Nicola, quest’ultimo più noto come “N' derr la lanze”, strette tra grosse barche a motore e leggiadre barche a vela. (Vedi foto galleria)

«Ce ne sono anche di risalenti agli anni Settanta - ci racconta il pescatore amatoriale Gaetano, frequentatore e amante della zona –. Barche rovinate sì, ma ancora utilizzate per pescare. Del resto la barca che si possiede non va mai tradita, per il pescatore è quasi una seconda moglie». Il colore predominante scelto per le fiancate della barca è influenzato dal gusto del suo proprietario, anche se, spiega sempre Gaetano: «Il colore tradizionale dei gozzi baresi è il blu, è quasi un'ossessione per i marinai locali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma chi è che costruisce questo tipo di barche? Sono artigiani, maestri d’ascia esperti nella lavorazione del legno, che hanno imparato questo mestiere tramandatosi di generazione in generazione. Le zone in Puglia storicamente legate alla costruzione di barche da pesca sono quattro: Molfetta e Monopoli nel barese, Marittima e Gallipoli nella provincia di Lecce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Molfetta c’è il 63enne Michele Cappelluti, che esercita questo mestiere da quando era ragazzo. «Quando ho cominciato - ci racconta - le manovalanze non si contavano. I maestri erano molto gelosi dei loro segreti e noi apprendisti dovevamo osservarli per imparare. Ho sempre vissuto in questo ambiente, mio padre era pescatore e abitavamo nei pressi dei cantieri navali. A undici anni rimasi affascinato dall’attività di questi grandi artigiani: l’idea di realizzare qualcosa costruita con le tue stesse mani è stata il motore della passione che ho messo nel mio lavoro in tutti questi anni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Qualche aspetto tecnico sulla realizzazione. Montata la chiglia (la trave longitudinale che percorre l’imbarcazione), vengono inchiodate su essa quattro travi dette “ordinate”, e successivamente una “gabbia” da prua a poppa, composta da numerose listarelle di legno che andranno a costituire lo scheletro della barca. Sopra questa gabbia verranno inchiodate: nuove ordinate, una grande tavola detta “panchina centrale” che costituirà il sedile della barca, i “bagli” (travi in legno che andranno a costituire l’area del cassero, la parte rialzata a poppa dell’imbarcazione) e dei piccoli rialzi posti alle estremità della coperta, noti come “falchette”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Esistono comunque delle differenze tra il gozzo salentino e quello barese. «I primi sono caratterizzati da una prua più alta, detta “stellata”, adatta per le correnti più forti presenti in Salento. mentre le barche baresi sono più leggere, basse e panciute», spiega Antonio Frassanito, 68enne maestro d’ascia di Marittima, in provincia di Lecce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Antonio ha ereditato il mestiere dal padre, che a sua volta l’aveva appreso dal nonno. «In un anno riesco a realizzare dalle cinque alle sei barche – ci racconta il maestro – mentre in passato arrivavamo a costruirne anche quindici. E chissà se riuscirò a trasmettere alle generazioni successive ciò che ho imparato – ammette -. Purtroppo questa non è una attività che interessa i giovani e poi i costi per acquistare le attrezzature e realizzare le barche sono alti. Per questo in molti rinunciano».


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