di Francesco Sblendorio

Mercato del pesce, sul Molo a combattere contro mare e ''sfratti''
BARI - “Sfrattati” da quei luoghi che ritenevano le loro case, costretti a fronteggiare spese sempre più elevate, oggi riescono a mala pena a sopravvivere con i proventi del loro lavoro. Sono i pescatori baresi, una vita tra mare e terraferma nel rispetto quasi sempre di tradizioni che oggi sembrano volgere a un triste epilogo. Un mestiere antico il loro, che nell’epoca della globalizzazione e delle multinazionali, continua a essere esercitato a livello familiare, pur con gli inevitabili progressi portati dalla “tecnologia”. Dalle barche a remi di una volta ai grandi pescherecci di oggi, la figura del pescatore rimane centrale nella cultura e nella storia di una città di mare come Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo andati a incontrarli al mercato del pesce, sul molo Sant’Antonio, in un tiepido pomeriggio di metà ottobre. A dispetto di quella quindicina di saracinesche presenti lungo il molo, solo cinque di esse aprono i battenti tutti i giorni. Gli altri pian piano hanno chiuso, sopraffatti dalle troppe spese e da un trasferimento che ha portato solo mille rimpianti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Pasquale occupa una delle prime pescherie del mercato ittico. Ricorda con nostalgia e anche un po’ di rabbia i tempi in cui i pescatori vendevano la propria merce al mercato del pesce di piazza Ferrarese, dal quale è stato costretto a spostarsi una decina di anni fa. «Non ci hanno più permesso di vendere in piazza  – si lamenta Pasquale - un luogo costruito appositamente per la nostra attività. Ora lì lavorano altre tipologie di venditori ambulanti, mentre noi siamo costretti a stare qui, in un posto molto più decentrato». Lavora insieme con suo figlio e insieme gestiscono sia il peschereccio che la vendita del pescato. «Facciamo fatica a sostenere i costi di gestione e manutenzione della barca – dice Pasquale – e soprattutto gli alti costi del gasolio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Saverio ha 50 anni, 40 dei quali passati a pescare e vendere pesce. Cresciuto sulla barca a remi di famiglia, con gli anni è arrivato ad acquistare un moderno peschereccio. Ma oggi la sopravvivenza della sua attività e messa a rischio. «Ciò che sta uccidendo il nostro lavoro – denuncia – più che le tasse, è il costo del carburante: spendo circa 1500 euro di gasolio alla settimana. Inoltre, tra maltempo, fermo biologico e altre restrizioni, riesco a lavorare al massimo 100 giorni all’anno».  Saverio ha due figlie femmine che difficilmente proseguiranno la tradizione di famiglia. Fanno parte delle nuove generazioni, quelle che, secondo lui «spesso preferiscono comprare il pesce d’allevamento perché appare più pulito rispetto a quello fresco».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma donna è anche Loredana, che lavora più in là. È una sorpresa trovare una presenza “rosa” al lavoro in un mondo tradizionalmente tutto maschile. Ha 38 anni ed è originaria del quartiere San Girolamo, dove i suoi antenati, tutti pescatori, possedevano una tradizionale barca a remi, poi sostituita da un peschereccio del valore di 500mila euro. Oggi gestisce l’attività di famiglia insieme con suo fratello, suo padre e suo zio, che si dividono i compiti. Il fratello Giuseppe e il padre Sabino vanno prevalentemente a pesca, dal lunedì al venerdì, allontanandosi anche di 30 miglia dalla riva. Lei e suo zio Eustachio si occupano invece soprattutto della vendita. Anche la famiglia di Loredana è stata costretta a un trasferimento forzato dal vecchio mercato al nuovo che ha portato a un calo delle vendite. «Siamo qua dal 2007 – ricorda -. Prima avevamo molti più clienti perché lavoravamo in centro. Ora la clientela deve venire in macchina rischiando anche di prendere la multa per sosta vietata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche lei ha una figlia femmina, una bella bambina bionda, che forse non prenderà mai il timone del peschereccio di famiglia, ma di sicuro conserverà il ricordo di un mestiere romantico, difficile e antico. Quello dei pescatori.


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Francesco Sblendorio
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  • Ignazio - In effetti non capisco la ragione del trasferimento del mercato ittico dalla centrale piazza del Ferrarese al molo S. Antonio. Forse non si ritiene la vendita del pescato attività degna del salotto buono della città? Bene allora chi lo ha deciso faccia un viaggio a Barcellona, nella capitale Catalana in pieno centro, a metà della famosissima Rambla c'è il Mercato della Bouqueria https://www.barcellona.org/mercato-della-boqueria/ frequentatissimo da locali e turisti dove si trova dell'ottimo pesce che è anche possibile anche gustare nei ristoranti presenti al suo interno.


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