Bari, l'ultimo frantoio tradizionale in città: «Il nostro olio è più buono»
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martedì 16 dicembre 2014
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di Eva Signorile
Anche se nell'annus horribilis dell'olivicoltura pugliese, strangolata a sud dal complesso di disseccamento dell'ulivo attribuito al batterio della Xylella fastidiosa (che ha flagellato il Salento) e a nord dalla "mosca dell'olivo", che ha imperversato principalmente nel Barese, il frantoio è stato costretto a chiudere in anticipo, il 26 novembre scorso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci fa da guida la signora Domenica Vurro, proprietaria della struttura assieme alla sorella Maria e al fratello Dino. Raggiungiamo la struttura percorrendo via Bruno Buozzi in direzione Modugno. All'altezza del primo distributore Esso, svoltiamo a sinistra: la stradina, che fiancheggia un lungo capannone adibito a mercatino dell'usato, porta dritta al frantoio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A guardarlo dall'esterno non si direbbe, ma questo basso caseggiato bianco, dal portone illuminato da una lampada dal sapore rétro e che ha tutta l'aria di un'abitazione, ospita invece proprio il frantoio, almeno al pianterreno, poiché nella parte superiore ci abitano alcuni componenti della famiglia: casa e bottega, proprio come tradizione vuole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varcato l'elegante portone, ci troviamo in un mondo dominato da pareti verdi e macchinari che una rifinitura azzurro-turchese ha reso meno severi. Il metallo dei tini è lucidissimo e brilla sotto la luce dorata della lampada. Colpiscono il lindore e il silenzio. Qui tutto è fermo. Non è così che ci si immagina un frantoio in questo periodo dell'anno. I lavori di spremitura si sono conclusi precocemente, a causa del raccolto scarso di quest'anno. Normalmente lo stabilimento funziona a pieno ritmo fino a Natale, inclusi il sabato e i festivi e a volte si lavora persino di notte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Domenica e i suoi fratelli hanno ereditato il frantoio dal padre, che a sua volta lo aveva ricevuto dal nonno. La struttura attuale esiste e resiste dal 1968, anche se il brillio del metallo può indurre in inganno. Una passione che si trasmette di generazione in generazione, sopratutto per rispetto e amore nei confronti dei loro avi: quasi un rituale che ormai si ripete da decenni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La stagione del frantoio è molto breve: va generalmente da ottobre a Natale - ci spiega la signora -. Lavoriamo per conto terzi: i produttori ci portano le olive e noi provvediamo al resto del lavoro per 45 euro a spremitura. Ma la mosca è stata una vera calamità quest'anno, l'insetto ha provocato la caduta precoce delle olive, causando un raccolto scarso, a cui si è poi aggiunta la richiesta di olive da parte di altre regioni, anch'esse alle prese con problemi di raccolto, principalmente la Toscana. Questo ha ulteriormente ridotto la quantità di olive e ha fatto schizzare il prezzo dell'olio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La signora Domenica ci fa fare un giro della struttura, spiegando, passo per passo e macchinario dopo macchinario, il percorso che trasforma le olive nell'oro verde che conosciamo. «Qui a Bari siamo rimasti gli unici a effettuare la "spremitura a freddo" - ci racconta con orgoglio -. Si tratta di un processo che richiede più passaggi rispetto a quello cosiddetto "a caldo", ma l'olio che ne esce è sicuramente più buono, anche a detta degli esperti, perché è il prodotto diretto della spremitura operata dalle presse».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perché la lavorazione possa essere definita " a freddo", occorre che l'olio non superi mai i 27 gradi. La spremitura " a caldo" si effettua più o meno rispettando le stesse fasi di quella a freddo, la differenza sta nel fatto che, durante il processo di lavorazione, viene somministrata una certa quantità di calore che, se da un alto aumenta la resa del prodotto, dall'altra però intacca il gusto dell’olio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La prima tappa del viaggio che porta le olive a diventare olio si realizza all'esterno, nel cortile attiguo, punto di raccolta dei frutti portate dai produttori, come testimoniano le decine e decine di casse ordinatamente accatastate. Da qui, finiscono nel defogliatore che, come suggerisce lo stesso nome, provvede a ripulirli dalle foglie. Poi le olive finiscono direttamente nella macina, che si trova all'interno della struttura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La si riconosce subito, dominata dalla grande mola di granito grigio. Col suo movimento circolare, lo stesso da decenni, la ruota granitica preme le olive. Quello che esce finisce nei "fiscoli", cioé dischi che hanno il compito di pressare ulteriormente la pasta densa prodotta dal movimento della macina. Ne fuoriesce una miscela di acqua e olio che passa nelle "vasche": grandi tini in metallo che fanno mostra di sé all'ingresso della struttura, sulla destra. Dalle vasche infine questo liquido confluisce nel "separatore" che provvede, ovviamente, a dividere l'acqua dal prezioso condimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il prodotto che esce da quest'ultimo passaggio è già pronto per finire in latte e bidoni di alluminio e, da qui, dritto sulle nostre tavole. Per i produttori che ne avessero bisogno, rimane ancora un ultimo passaggio: il rito della bilancia, posta subito dopo le vasche. Dato il raccolto piuttosto scarso, c'è da supporre che per quest'anno, questa bilancia abbia lavorato piuttosto poco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La famiglia Vurro spera in un prossimo anno decisamente migliore, ma anche per quest'ultimo frantoio tradizionale di Bari potrebbero arrivare i tempi in cui i battenti chiuderanno definitivamente: i discendenti hanno preso altre strade, alcune delle quali portano persino in altre regioni, luoghi in cui l'olivo non è che un ricordo o un'immagine sulla cartolina. La pluriennale tradizione di famiglia potrebbe interrompersi con la signora Domenica e i suoi fratelli, oppure chissà, i discendenti potrebbero decidere un giorno di perpetuare la tradizione dei loro avi e in quel caso la mola di granito tornerà a girare per molte altre stagioni ancora, nella città di Bari.
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