di Valeria Mocci

''La luna nel pozzo'': un aiuto concreto per le donne vittime di violenza
BARI - “La luna nel pozzo” è il nome del centro antiviolenza finanziato dal Comune di Bari che dal 2010 offre aiuto alle donne della città vittime di abusi. Abbiamo incontrato Patrizia Goffredo, coordinatrice della struttura sita in via Francesco d’Assisi 75.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
  
Il nome “La luna nel pozzo” ha un significato particolare?

L’idea per il nome è nata da una fiaba orientale che narra di un ragazzo che si affaccia in un pozzo, vede la luna imprigionata e decide di liberarla. Prova con qualsiasi mezzo a salvarla, fino a quando, mentre cerca di tirarla su con un gancio, cade all’indietro sul prato. Quindi guarda verso il cielo e si rende conto che finalmente è riuscito nella sua impresa. La luna rappresenta la donna prigioniera della violenza che deve essere liberata utilizzando tutte le forze necessarie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
E quali sarebbe queste “forze”?

Ogni situazione ha le proprie dinamiche, non c’è un percorso unidirezionale, quello che facciamo noi è utilizzare una rete di contatti per mettere la vittima nelle condizioni di risolvere il suo disagio. Quando una donna si rivolge a noi prima di tutto la ascoltiamo per capire cosa sta affrontando e le sue intenzioni. Ad esempio nel caso in cui una donna ha subito violenza domestica e vuole allontanarsi dalla famiglia la mettiamo in contatto con l’assistente sociale della circoscrizione a cui appartiene, così che possa trovare una sistemazione presso un parente o un centro. Al contrario se non vuole abbandonare la casa in cui vive facciamo in modo che venga seguita da un Centro famiglia che possa darle adeguata tutela ed assistenza. Il nostro compito è principalmente quello di accompagnare la vittima nel suo percorso seguendo quelle che sono le sue volontà e fare in modo che affronti e risolva il problema con i propri tempi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È mai avvenuto che qualcuna delle vittime abbia sporto denuncia?
 
Accade spesso e il più delle volte si tratta di una scelta difficile. Denunciare un familiare è un’azione che quasi sempre comporta dei sensi di colpa e subito dopo ripensamenti, per questo crediamo che non possa essere la risposta immediata. Il nostro fine non è quello di convincere la vittima a recarsi dai carabinieri, piuttosto quello di guidarla nella presa di coscienza del problema e magari accompagnandola dalle forze dell’ordine quando si sentirà pronta. La violenza spesso è un sintomo di altre problematiche: tante volte si sono recate da noi donne costrette a vivere in casa con uomini violenti a causa del gioco o dell’alcol, la denuncia in questi casi è sicuramente un modo per tutelarsi ma non è sufficiente e soprattutto risolutivo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
Quindi bisognerebbe affrontare anche i problemi dei “carnefici”…

Sì, nelle nostre intenzioni ci sarebbe l’idea di rendere più completo il lavoro occupandoci anche degli autori delle violenze. Riteniamo infatti che dietro ogni carnefice ci sia una storia di disagio e di problematiche irrisolte che andrebbero capite e affrontate. Per questo ci piace parlare di violenza in genere e non di genere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ad oggi quante donne si sono rivolte al centro?
 
Fino ad ora abbiamo affrontato un migliaio di casi, i più comuni sono quelli di violenza domestica tra coniugi. Ultimamente stiamo affrontando anche diverse situazioni di stalking, per le quali la procedura che attuiamo è la stessa, cioè quella dell’ascolto prima di tutto e del sostegno psicologico. La maggior parte delle volte le vittime hanno bisogno più che altro di un esperto esterno, che comprenda ciò che stanno vivendo e possa guidarle nell’individuare il modo migliore per agire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E le ragazze minorenni?

Di loro non ce ne occupiamo. E’ capitato che minori si siano rivolti a noi e a quel punto li abbiamo messi in contatto con “Giada” il gruppo di assistenza ai bambini abusati che si trova presso l’ospedale Giovanni XIII di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Centri come il vostro quanto sono conosciuti?
Questo è un servizio delicato, richiede riservatezza, quindi all’inizio abbiamo scelto di pubblicizzarlo nei luoghi utili come consultori, farmacie e ospedali e si è rivelata una mossa vincente perché abbiamo ricevuto numerose richieste di aiuto. Ciò su cui adesso stiamo puntando molto è la prevenzione. Poiché partiamo dal presupposto che la violenza deriva principalmente da una diffusa cultura del non rispetto dell’altro, abbiamo ritenuto opportuno lavorare nelle scuole organizzando laboratori di sensibilizzazione a questa tematica. È importante che i ragazzi prima di tutto prendano coscienza dell’esistenza di queste realtà insieme ai loro docenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
In che modo è possibile contattarvi?
 
Attraverso il nostro numero verde (800 20 23 30) attivo 24 ore su 24, oppure recandosi direttamente presso la nostra sede.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito della “Luna nel pozzo”:

 


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