di Francesca Canonico

Molfetta, l'83enne scalpellino Antonio: insegna alle donne l'estinta arte della pietra
MOLFETTA – E’ colui che lavora manualmente e artisticamente la pietra, modellandola e decorandola per abitazioni, strade, fontane o colonne. E’ lo “scalpellino”, mestiere in via d’estinzione, che in Puglia sembra essere portato avanti solo da un francese trapiantato a Trani: Luc Tamborero, che abbiamo intervistato un paio d’anni fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche se a Molfetta, in provincia di Bari, abbiamo scovato un 83enne che pur non praticando più quest’arte ha deciso di insegnarla a un gruppo di donne, nella speranza di poter continuare a farla vivere.  Lui è Antonio de Cesare, colui che anima il laboratorio “Donne in arte lavorazione della pietra” situato nel centro storico di Molfetta, in via Piazza. (Vedi foto galleria)

Lo studio è nato 18 anni fa da un’idea del Comune che sfruttando alcuni fondi europei mise insieme il principio giuridico delle pari opportunità e la voglia di un maestro scalpellino di rimettersi in gioco dopo un grave incidente. «Sì è così – ci racconta Antonio – più di venti anni fa caddi da un’impalcatura: mi feci molto male e decisi di ritirarmi per sempre dal lavoro. Rimasi così a casa, solo. Fin quando un giorno venne un funzionario del Comune a propormi di insegnare l'arte della lavorazione della pietra a mano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Antonio accettò e il laboratorio fu messo in piedi. «Da allora ho avuto ben 425 allieve alcune delle quali mi hanno pure superato -  scherza il maestro -. Quello che faccio è insegnare il mestiere che io ho imparato da piccolino, lavorando accanto a mio padre. Qui non usiamo macchinari: agiamo manualmente così come si faceva sin dal Cinquecento».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Quando andiamo a parlare con lui lo troviamo con quattro signore intente a lavorare la pietra con scalpello e martello su piccoli tavolacci in legno, in un ambiente pregno di polvere. Tutt’intorno  blocchi di pietra e opere compiute tra cui spicca un mascherone nello stile del teatro greco, un’incisione che rimanda alla cultura egizia, una piccola statua raffigurante la Madonna con il Bambino, un disco con immagini precolombiane.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Molte della targhe che indicano le vie del centro storico di Molfetta sono state fatte da noi - spiega de Cesare -. Usiamo la pietra di Carovigno,  perché quella di Trani è troppo durare da lavorare a mano e a Molfetta ormai non la si estrae più: le cave sono diventate tutte discariche».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Certo, è un peccato che tutto questo venga fatto solo in maniera “dilettantesca”, visto che chiaramente non essendoci un mercato della lavorazione della pietra a mano, le donne di Molfetta si limitano a divertirsi senza far diventare questo passatempo un vero e proprio lavoro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ma va bene anche così – commenta Antonio –. Anche se in maniera non professionale noi portiamo comunque avanti un’antichissima e dimenticata tradizione, quella di coloro che decoravano architravi, colonne e capitelli e il cui nome spesso non figura neanche nei libri di storia dell’Arte, che danno spazio e rilevanza solo agli scultori».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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