Mola, il Van Westerhout: quel piccolo e raffinato teatro che Eduardo salvò dall'abbattimento
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martedì 15 marzo 2022
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di Giancarlo Liuzzi - foto Valentina Rosati, Nicola Lasalandra
Ma le sue “stagioni” non sono sempre state facili. Tra chiusure, riaperture e persino progetti di abbattimento, l’arena molese ha vissuto anni di decadenza. Anche se dal nuovo millennio, dopo un necessario restauro, è tornato al centro della vita culturale cittadina con fitte programmazioni di prosa e musica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo quindi andati a visitare il Van Westerhout, che si erge sulla via omonima a pochi passi dalla centrale piazza XX settembre e di fronte a Palazzo Pesce. (Vedi foto galleria)
L’edificio, costruito dall’ingegnere barese Vittorio Chiaia tra il 1887 e il 1890, si presenta con un’elegante architettura neoclassica che contrasta con i due moderni fabbricati che lo affiancano. Il piano terra è contraddistinto da un bugnato liscio su cui si aprono i tre portali d'accesso a tutto sesto inquadrati da cornici modanate, stesso motivo ripreso dalle due finestre presenti ai lati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una lastra marmorea con il nome del teatro e due medaglioni con maschere fa da cornice marcapiano. Oltre quest’ultima si innalza il livello superiore scandito da tre oculi archivoltati retti da doccioni modanati sovrastati da una merlatura che regge una mensola in pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di andare a scoprire i suoi interni, ripercorriamo la storia di questo glorioso teatro partendo dalla vita del compositore che gli dà il nome: Niccolò van Westerhout.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nato a Mola nel 1857 da una famiglia di origine fiamminga, si distinse subito nel campo musicale tanto che a 13 anni, aiutato anche dall’ammistrazione comunale, si trasferì a Napoli per studiare con celebri maestri quali Nicola De Giosa, Nicola D'Arienzo e Lauro Rossi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella sua breve vita (morì a 41 anni) si affermò come sapiente compositore: scrisse numerose sinfonie e cinque opere liriche, tra cui quella “Doña Flor” che rappresentò (accompagnato dall’orchestra del San Carlo di Napoli) proprio nel neonato teatro, il 18 aprile del 1896.
A lui quindi Mola dedicò il suo politeama comunale, che fu inaugurato il 6 maggio del 1890, anche se la “prima” della sala andò in scena solo nel 1896 con la compagnia di operetta di Gennaro Gonzales.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La sala nei suoi primi anni di vita ebbe grande successo, tanto che nel 1907 fu realizzato il secondo ordine di palchi per far fronte alle richieste della popolazione. Passato però in mano di privati negli anni 20 del 900, il teatro fu trasformato in cinema, avviando la sua lenta decadenza. Nel 1927 venne chiuso per motivi di sicurezza e per poco non venne trasformato in struttura per ricevimenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo la Seconda guerra mondiale il Van Westerhout, ridotto in pessime condizioni, fu sul punto di essere abbattuto: stesso rischio che si presentò fra il 1960 e il 1963 quando venne prevista, al suo posto, la costruzione di un edificio per uffici e servizi comunali. Progetto fortunatamente bloccato dal Ministero e dagli stessi cittadini molesi. Contro la demolizione intervennero anche personaggi di spicco, tra cui Eduardo De Filippo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
All’inizio degli anni 70 l’arena venne però finalmente ristrutturata, riaprendo al pubblico il 6 dicembre 1972 con un concerto dell'orchestra sinfonica della Provincia di Bari diretta dal maestro Nino Rota. L’anno dopo, Il 24 maggio 1973 fu proprio Eduardo De Filippo, che tanto si era prodigato per salvare la sala, a inaugurare la stagione di prosa portando in scena la sua opera “L'arte della commedia” interpretata da giovani artisti molesi. Negli anni 90 fu nuovamente chiusa per lavori di adeguamento alle norme di sicurezza, per essere però restituita alla città, in tutto il suo splendore, nel 2000.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma è arrivato ora il momento di entrare. Ad aprirci le porte è Carmela Surace, responsabile dei servizi di accoglienza degli eventi culturali del Comune di Mola. Ci ritroviamo così nel piccolo foyer.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una porta in legno bianca con modanature dorate e lo stemma della città di Mola ci permette di accedere alla platea. Quest’ultima pare un elegantissimo salotto impreziosito da stucchi e decori raffinati e avvolto da una calda atmosfera regalata dalla luce delle tante appliques sferiche in cristallo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci incamminiamo lungo il corridoio centrale che separa le sei file di comode poltrone in velluto rosso numerate. Tutto intorno una serie di snelle colonnine regge il primo ordine di palchi, delineando una sorta di spazio perimetrale che circonda il parterre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alzando lo sguardo restiamo incantati dal ripetuto colpo d'occhio circolare dei piani superiori. I parapetti sono decorati con fregi in oro e riquadri con maschere e fiori. Sulla balaustra del palco centrale del secondo ordine fa bella mostra di sé, su uno scudo coronato circondato da foglie di alloro, l'antico simbolo della città di Mola: la civetta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sul soffitto invece colpiscono i celestiali colori del dipinto raffigurante Apollo e le Muse riportati al loro splendore nel 1972 da Giovanni Stramaglia durante i restauri. Le figure allegoriche, create da Menotti Greco e dal pittore barese Nicola Colonna, siedono su delle nuvole tra piccoli angeli e festoni floreali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Raggiungiamo infine il palcoscenico. Quest’ultimo è inquadrato in un ampio arco finemente decorato con ai lati figure allegoriche di putti e donne chiuse in alto da un fregio vegetale che delimita il loggione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma a lasciare meravigliati è il telone del 1888 realizzato da Domenico Battista, azionato ancora manualmente. Qui è raffigurata la “Danza degli amorini” del pittore seicentesco Francesco Albani. Al centro della scena dei graziosi angioletti ballano in cerchio attorno a un albero su un paesaggio lacustre con delle colline sullo sfondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ritorniamo all’ingresso e, attraverso le scale laterali, saliamo ai piani superiori. Ci imbattiamo subito nell’antica porta della biglietteria e, dopo qualche gradino, ci ritroviamo nel corridoio scandito dalle porte numerate dei palchi laterali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varcando uno degli accessi possiamo osservare più da vicino i raffinati capitelli dorati delle colonne opera del beneventano Ernesto Giaquinto e i sinuosi bracci delle lampade. E sporgendoci oltre la balaustra in ottone riusciamo ad ammirare in tutta la sua bellezza questa preziosa sala, lì dove risuona ancora oggi il nome di Niccolò van Westerhout.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Vincenza - Una vera chicca davvero preziosa