di Antonella Liuzzi - foto Antonio Caradonna

Radar, polveriere, antenne e gallerie: la Murgia tarantina teatro della guerra fredda
TARANTO – Sulla Murgia tarantina, in mezzo a folti boschi e strade deserte, vi è un’area che nasconde antenne, radar, polveriere e basi militari, eredità di un passato che ha visto la Puglia protagonista (suo malgrado) della corsa agli armamenti scatenata dalla guerra fredda. (Vedi foto galleria)

Noi abbiamo visitato il triangolo compreso tra Massafra, Mottola e Martina Franca, che rappresenta però solo una piccola porzione di quel vasto sistema di installazioni militari e civili che interessano tutto l’arco jonico. Basti ricordare che a Gioia del Colle si trova l’aeroporto sede del 36° stormo dell’Aeronautica dotato dei nuovissimi caccia Eurofighter, mentre Grottaglie è sede dei caccia Harrier a decollo verticale. Per non parlare di Taranto, città dove impera la Marina Militare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La ragione di questa militarizzazione si deve alla scelta compiuta nel dopoguerra dal governo americano: collocò in Italia e in particolare in Puglia basi militari vicine all’Est Europa, per poter così “controllare” il temuto nemico sovietico. A ciò si aggiunge l’oggettiva particolare posizione dell’altopiano delle Murge che permette una visione dell’intero Golfo di Taranto e l’isolamento geografico di questi luoghi a bassissima densità demografica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La nostra esplorazione inizia dall’ex base missilistica di Mottola, in località Sant’Antuono, che tra il 1960 e il 1963 custodì (pronti al lancio verso l’Urss) tre missili a testata nucleare Jupiter con una potenza di un magatone ciascuno, ossia cento volte più potenti delle bombe atomiche esplose a Hiroshima.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per raggiungerla bisogna percorrere la provinciale 53 che da Mottola conduce a Martina Franca, salendo sulla sommità del costone murgiano. Il traffico è quasi inesistente e dopo aver percorso tre chilometri fra querce e fragni, sulla sinistra intravediamo un cartello stradale mal messo con su scritto Sant’Antuono. Da qui parte un vicolo che conduce a ciò che resta della base dismessa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di fronte a noi si staglia un’alta antenna: un impianto di telecomunicazioni dell’Aeronautica Militare attualmente in uso, circondato da alte recinzioni e dal filo spinato. Ed ecco che sulla sinistra scoviamo una costruzione a forma di fungo seminascosta dagli alberi e dalla sterpaglia: si tratta di una delle sei torrette di guardia poste agli angoli della struttura dal perimetro triangolare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo ora dentro alla base: su una delle tre piazzole di lancio sulle quali erano posti in posizione eretta gli Jupiter.  Per terra osserviamo dei tondini di ferro posti in quadrato, forse i resti dell’intelaiatura metallica alla quale erano ancorati i missili. 

Non ci resta ora che cercare un punto più alto dal quale osservare nel suo complesso la base, che faceva parte di un più ampia rete (se ne contavano una decina installate sull’altopiano delle Murge) realizzata dagli americani grazie a un accordo segretissimo con il Governo italiano che celò per anni la vicenda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo aver visitato questo pezzo di storia, percorriamo per altri 10 chilometri la provinciale sino a quando è ben visibile ai nostri occhi una gigantesca sfera bianca. La struttura, che si affaccia sulla strada, è il centro radar di Masseria Orimini, uno dei più importanti sistemi di controllo del traffico aereo nel sud Italia, sotto diretto controllo dell’Enav (Ente Nazionale di Assistenza al Volo).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Percorriamo il perimetro attorno all’enorme edificio, che per ragioni di sicurezza nazionale è delimitato da alte recinzioni e sottoposto a videosorveglianza. Ci colpisce il brusio di fondo generato dai macchinari che si  diffonde nell’ambiente circostante, caratterizzato da una lunga distesa di campi di fieno dal color bronzeo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da qui è possibile anche osservare una strana antenna a forma quadrangolare che si staglia all’orizzonte a qualche centinaio di metri. La raggiungiamo a piedi. Si tratta di un’antenna della Rai, un minicentro di trasmissione attualmente in stato d’abbandono dall’aspetto particolarmente “vintage”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo sulla provinciale, questa volta in direzione Mottola. Dopo circa 5 chilometri incrociamo la sp 41 e svoltiamo a sinistra verso Massafra. Anche qui la sensazione di continuo isolamento geografico non muta, a cambiare è unicamente il paesaggio: i boschi di querce si diradano e lasciano il posto alle grandi estensioni di folta e bassa macchia mediterranea.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A un certo punto scendiamo letteralmente di quota percorrendo la via che diventa ripida e tortuosa. Ed ecco che ci ritroviamo a lambire il perimetro esterno della polveriera di Massafra, uno dei più grandi depositi di munizioni e di armi presenti in Italia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il suo nome è Sottopolveriera n. 2 ed è di proprietà della Marina Militare. Si racconta che nasconda al suo interno delle gallerie che la collegano direttamente con le altre basi militari presenti in zona e addirittura con il porto di Taranto (distante più di 30 km). L’accesso è chiaramente interdetto, ma riusciamo a sbirciare in lontananza delle costruzioni e una torretta di avvistamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È arrivato ora il momento di abbandonare la provinciale 41 per intraprendere sulla destra la 32, conosciuta anche come “strada per contrada catanese”: dopo aver intrapreso una viuzza sulla destra, ci conduce a un’altra polveriera oramai dismessa, attiva fino agli anni 60. A fare da guardia all’area militare ci sono due posti di blocco in cemento e accanto un’ex caserma delimitata dal filo spinato. Mentre in lontananza verso le pendici delle Murge tarantine scorgiamo altre strutture abbandonate facenti sempre parte della base. 

Siamo quasi alla fine del nostro viaggio. L’ultima tappa è il bosco delle pianelle, che raggiungiamo grazie alla provinciale 581 che collega Massafra a Martina Franca. Dopo 5 km ci troviamo alle pendici di un’altura che presenta tra la folta vegetazione un’alta antenna militare, probabilmente l’impianto di telecomunicazione di Martina Franca di proprietà dell’Aeronautica militare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci inerpichiamo per la ripida strada provinciale sino a intravedere sulla destra l’ingresso al Bosco delle Pianelle e a sinistra tra le fronde degli alberi un’antenna radar ridipinta di rosso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dalla parte opposta del parco vi è una stradina che conduce in un’area off-limits, delimitata da un grande cancello al di là del quale c’è il mitico 3° Roc (Regional operative command) della Nato, struttura che si occupava del monitoraggio dei cieli 24 ore su 24 e un tempo sede di importanti apparecchiature di comunicazione e di controllo per tutte le Forze Armate, oggi totalmente obsolete. Attualmente è sede operativa del 16° Stormo “Protezione delle Forze” di Martina Franca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La base, inaugurata negli anni cinquanta, è a prova di attacco nucleare poiché è all’interno di un bunker costituito da una serie di gallerie situate a 50 metri di profondità. Nel 2015 però i cunicoli sono stati ufficialmente chiusi, ponendo la parola fine a uno stato di “attesa” della guerra che si protraeva da ben sessant’anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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  • giorgio mandelas - ho fatto il militare a martina franca in galleria con il turno h24


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