Alla scoperta di Lucignano, il sito medievale che si trova all'interno di una fabbrica
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venerdì 26 maggio 2017
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di Nicola Imperiale
Il sito si trova tra Bari e Modugno, lì dove a partire dal 1960 si è andato a creare il nuovo comparto industriale cittadino. Nel corso degli anni la costruzione di capannoni e impianti ha portato alla cancellazione di numerosi siti storici, ma nel caso di Madia Diana all’epoca si fece un’eccezione. Negli anni 80 l’insediamento fu infatti “inglobato” nell’area dell’Alco Palmera, ditta specializzata nell’inscatolamento del tonno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da allora la masseria è diventata invisibile, racchiusa all’interno di cancelli e stabilimenti. Poi dal 1996, anno della chiusura dell’azienda predetta, la struttura non ha neanche più goduto della “compagnia” degli operai. Solo dopo una profonda bonifica dell’amianto è stato possibile trasferire in una sola palazzina gli uffici di un’azienda di telecomunicazioni, ridando così ultimamente un po’ di vita all’enorme complesso abbandonato, oggi proprietà di un’impresa edile barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a visitare Lucignano, sito che si trova nei pressi del Nuovo Pignone, precisamente sulla “traversa al 8 di via Modugno”, perpendicolare di quella strada provinciale 1 che porta direttamente all’ingresso dell’omonimo paese in provincia di Bari.
Attraverso un cancello entriamo in una grande area industriale: seguiamo la strada asfaltata fino a un grande spiazzo usato come parcheggio. Alla nostra destra si trova lo scheletro dell’ex stabilimento dell’Alco Palmera, a sinistra gli uffici della nuova azienda. Ed ecco che, quasi nascosta da una grande cabina di trasformazione elettrica, scorgiamo la masseria. Un cancello aperto ci permette di avanzare verso questo sito isolato, separato dalla strada da un grande campo di erba incolta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci facciamo largo affondando nell’erba alta, fino a raggiungere uno degli ingressi. La parete est della masseria è ricoperta di rampicanti: si intravede però una garrita pensile fra le foglie verdi. Entriamo da quello che dovrebbe essere l’ingresso principale del sito e ci ritroviamo in un grande atrio che porta a un cortile. Da qui è visibile sia l’alta torre del XIII secolo che la cupola della chiesetta di San Felice dell’XI secolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Entriamo in una serie di enormi locali vuoti devastati dal tempo e dall’incuria: da un’apertura scorgiamo il frutteto, dove gli alberi crescono rigogliosi. Scopriamo l’antica stalla e quello che era il frantoio con volte a botte, dove sono presenti i resti di un torchio ligneo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Delle scale ci conducono al piano superiore. Ad accoglierci un vero dedalo di stanze dove porte, muri e finestre hanno ceduto al peso del tempo. Cerchiamo anche l’entrata della torre, ma non c’è alcuna scala per salire: delle assi di legno hanno chiuso il passaggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E’ arrivato ora il momento di visitare la chiesa. Da un’entrata laterale accediamo nell’unico piccolo ambiente dove sono ancora presenti decorazioni a stucco e ad affresco che colorano il soffitto e gli archi. Siamo nella navata dell’edificio, sopra di noi si staglia la cupola. La particolare e orientaleggiante bifora in alto dona luce al locale affacciandosi sul cortile interno. Sulla sinistra scorgiamo un arco a sesto ribassato e in fondo una finestrella.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ogni altra nostra esplorazione è negata dall’impossibilità di farci largo fra la vegetazione: non riusciamo nemmeno a scovare l’entrata dell’ipogeo che dovrebbe trovarsi da queste parti. Una cosa appare chiara: senza un importante intervento di restauro, il tempo e la natura cancelleranno per sempre anche le ultime tracce di questo storico insediamento. Di Lucignano rischia di rimanere solo la leggenda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Nicola Imperiale
Nicola Imperiale
I commenti
- Luciano - Vista l'intenzione di "donare" masserie e strutture in abbandono agli under 40...perche' non si fa qualcosa di serio al fine di recuperare siti storici come questa stupenda masseria dando la possibilità a tutti senza limiti di età a fronte di progetti seri di destinazioni d'uso ? Se manca il lavoro e non saranno i privati a far ripartire l'Italia , che si punti almeno mella nostra regione sul turismo e sulle attività ad esso collegate. Che sia una sfida significativa : cosa si riprenderebbe prima , una fabbrica abbandonata seppur storica per la nostra citta' o un'antica masseria storica ?