di Salvatore Schirone

Bari bombardata, svelato il segreto: ecco perchè nessuno parlò dell'iprite
BARI - Svelato finalmente il vero motivo che spinse le Forze Alleate a secretare le cause e gli effetti del tragico bombardamento che devastò il porto di Bari il 2 dicembre 1943, causando il più grande disastro chimico della Seconda Guerra Mondiale. Sconcertante la rivelazione dello storico Francesco Morra: fu un sacrificio imposto ai baresi, che però salvò le sorti dell'intera guerra. Il risultato delle sua ricerca è stato licenziato venerdì scorso, 29 agosto, attraverso un documentario firmato dal regista Fabio Toncelli e andato in onda su Rai3, durante il programma "La grande storia". 

Facciamo un passo indietro e andiamo a quei tristi giorni di 71 anni fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra le navi mercantili che nello scenario del Mediterraneo si muovono per approvvigionare di armi gli Alleati concentrati nel porto barese, c'è la "John Harvey". Si era staccata dalla costa settentrionale dell'Africa in ottobre diretta a Bari. In segreto, trasporta 91 tonnellate di iprite, confezionato in 2000 bombe. L'iprite, sigla M-47, ma più noto come "gas mostarda" per il suo tipico colore bruno-giallognolo e l'odore di aglio, fu usato la prima volta durante la Grande Guerra nel 1917 a Ypres, città belga da cui prese il nome. I terribili effetti spinsero la comunità internazionale a sancire nel 1925 un protocollo per bandirne l'uso. Ne fu proibito l'uso, ma non la produzione. 

La sera del 2 dicembre la flotta aerea tedesca, la "Luftwaffe", con un sofisticato stratagemma inganna i radar della contraerea e attacca praticamente indisturbata il porto barese distruggendo ben 18 delle 40 navi ormeggiate e irresponsabilmente illuminate anche di sera per consentire lo scarico continuo dei mezzi militari. Il ventre della Harey aveva già partorito metà del suo mortale carico sulla banchina quando saltò in aria in un boato che squarciò il nero fumo degli incendi, illuminando a giorno l'intera città. Fino a tutto il giorno successivo ci fu l'inferno, immortalato in decine di foto e pellicole  (alcune inedite scovate da Morra nell'archivio militare americano) e stampato indelebile negli occhi umidi degli ultimi testimoni intervistati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma quello che avvenne nei giorni seguenti fu ancora più sconcertante: centinaia di uomini videro comparire sui loro corpi strane vesciche. Nessuno parlò di iprite e quindi i medici si ritrovarono di fronte a qualcosa che non sapevano come curare. Morirono circa 250 persone, che si aggiunsero alle mille decedute durante l’attacco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per più di settant’anni gli storici si sono posti questa domanda: perché gli alleati mantennero il segreto della presenza di iprite anche nei giorni successivi all'esplosione, impedendo non solo la prevenzione ma anche la necessaria diagnosi e cura alle centinaia di militari e cittadini che durante i primi soccorsi vennero a contatto con il micidiale gas? Una domanda a cui finora non era mai stata data una risposta. Ma qui entra in gioco Francesco Morra, che dopo anni di ricerca condotta negli archivi tedeschi, britannici e americani, ha raccolto documenti inediti e interviste esclusive che gli hanno permesso di ricostruire dettagliatamente gli avvenimenti di quei giorni e di rispondere alla domanda che per anni ha continuato ad arrovellare le menti degli storici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La risposta arriva quasi di straforo, in sordina, a tre quarti del documentario andato in onda sulla Rai. Gli Alleati furono "costretti" a mantenere il segreto perché il protocollo internazionale, sebbene ne proibisse l'uso, prevedeva il diritto di rappresaglia con iprite in caso di utilizzo della stessa da parte del nemico. Insomma se i tedeschi avessero saputo che gli inglesi detenevano l’iprite, si sarebbero riservati di utilizzarla anch'essi per fermare l'imminente sbarco in Normandia, che sei mesi dopo segnò praticamente l'inizio della fine della guerra e della caduta del Terzo Reich.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Appena visionato il documentario abbiamo intervistato l'autore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Allora mantenere il segreto sull’iprite ha rappresentato una specie di tattica militare?

Si, gli americani erano "terrorizzati" dall'idea che se i tedeschi potessero venire a sapere della presenza di iprite sulla Harvey: i nazisti avrebbero usato la notizia come pretesto per legittimare un loro uso di gas in Normandia. E la cosa funzionò: i tedeschi non vennero a conoscenza dell’iprite. Nelle mie ricerche non ho trovato riscontri che dimostrino il contrario. 

Perché ci sono voluti oltre settant’anni per arrivare alla verità?

Credo che finora nessuno abbia voluto investire soldi in questo lavoro. La ricerca storica ha dei costi: in questo caso è stato necessario muoversi tra Germania, Inghilterra ed Usa. Io ho avuto bisogno di finanziamenti e c’è voluto un produttore lungimirante e coraggioso come Roberto Dall'Angelo, della SD Cinematografica per poter portare a compimento la mia ricerca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ha incontrato resistente "diplomatiche"?

In Gran Bretagna e Usa il sistema è molto trasparente. Esiste la regola dei "30 years rule", cioè i documenti sono secretati solo per 30 anni (adesso scesi a 20), poi vengono resi pubblici. Ma se i documenti sono classificati come "secret", l'apertura viene posticipata. Alcuni file su Bari sono stati desecretati solo negli ultimi anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qualcosa però era già venuto fuori.

Glenn B. Infield pubblicò un libro nel 1971 in Usa, tradotto in Italia da Adda nel 1977 e ripubblicato nel 2003. Sembrava la parola definitiva, ma per me non poteva esserla. Infield infatti non disponeva dei documenti ancora secretati. Nel mio prossimo libro riporterò tutta la documentazione completa che ovviamente nel documentario non si poteva esplicitare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il documento scoperto che ritiene più importante?

Il verbale della riunione delle autorità portuali e militari che si svolse alle 14.15 del giorno 3 dicembre, immediatamente dopo il disastro. Questo documento fa la differenza. Infield asseriva che morti quelli della Harvey nessuno sapesse nulla del gas, in realtà il verbale mostra chiaramente che gli inglesi e gli americani erano a conoscenza di tutto e decisero di comune accordo, quel giorno, di porre il segreto militare sull'iprite. 

Il trailer del documentario:


 


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  • sal - Sono le stesse bombe di cui sono pieni i fondali di Molfetta...?
  • Barinedita - Abbiamo girato la domanda del lettore "Sal" direttamente a Francesco Morra, che ci ha così risposto: «Ritengo non ci siano relazioni tra le bombe della Harvey e le bombe ritrovate nella zona di Molfetta. La bonifica del porto di Bari fu un’operazione da manuale compiuta dai palombari della Marina Militare Italiana e durò alcuni anni dal 1947, sino a metà degli anni ’50 (il Capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta fu insignito della Medaglia d’Argento al Valor Civile). Il porto di Bari fu bonificato completamente dalla Marina Italiana seguendo le più rigorose procedure. A mio avviso la situazione di Molfetta è più compatibile con qualche residuo sversamento dai depositi di armamenti americani, probabilmente subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, come è accaduto in altre parti del Mediterraneo e del Mare del Nord»
  • nicolaarmenise - il porto si fu bonificato,, ma dai filmati si deduce che le polveri degli incendi coprirono tutta la citta' vecchia e parte della nuova. respiriamo ancora residui di quele polveri e relativo veleno?
  • Francesco Morra - @ nicola armenise Assolutamente No. Come spiego nel mio libro appena pubblicato - Top Secret Bari 2 dicembre 1943 La vera storia della Pearl Harbor del Mediterraneo (Castelvecchi Editore) - i fumi tossici della Harvey durarono "solo" 2 ore (poi la nave affondò), e i venti spiravano verso il mare. I fumi che si vedono nei filmati americani erano dovuti a incendi vari a bordo delle navi che trasportavano combustibili. I problemi furono "solo" di chi si trovò a essere nelle vicinanze della Harvey, quella sera, nel raggio di 300-400 metri.
  • Luca - Vale la pena aggiungere che l'aviazione italiana ha usato abbondantemente l'iprite per bombardare l'esercito e la popolazione civile durante l'aggressione all'Etiopia
  • Riccardo - .... ma la verità è uscita prima del 2014 .... Avevo già letto: The Irony of the SS John Harvey – Deadly Mustard Gas and Lifesaving Chemotherapy Posted on May 10, 2012 by Rick Spilman ....
  • Gianni - La guerra d'Abissinia si svolse in un clima che ben poco aveva a che vedere con la Convenzione di Ginevra: gas da una parte, pallottole dum-dum ed evirazione dei prigionieri dall'altra. Vero è che una nazione moderna non si sarebbe dovuta sporcare le mani in quel modo. E vero è anche che gli Abissini (così come gli Eritrei praticamente nostri alleati-connazionali) andavano spesso in guerra portandosi dietro la famiglia, come era usanza nel Corno d'Africa. E pure vero è che l'Impero di Selassié era una specie di sacca di Medioevo africano, dove piccoli staterelli di etnie e religioni disparate venivano messi sotto dal Negus e dai ras a lui fedeli (che però spesso cambiavano bandiera).
  • Michele - Mi pare che i nuovi documenti non aggiungano nulla di nuovo rispetto a quanto già si era intuito e saputo circa il motivo per cui su quei fatti cadde il segreto militare.
  • Michele - Ottimo lavoro che fa il punto su fatti ancora poco conosciuti al grande pubblico.
  • Guido Davitti - dopo la fine della guerra. se ne poteva sapere. non aspettare 50 anni che un giornalista aprisse il vaso di pandora


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