di Giancarlo Di Paola

Industriale puro vs imprenditore finanziario: solo il secondo non conosce crisi
Nonostante tutte le tempeste finanziarie che si sono abbattute sull’economia negli ultimi decenni,  molti imprenditori pensano ancora che ci sia una forte differenza fra coloro chhe hanno una mentalità industriale e quelli che si sono messi in mente di accoppiarvi una mentalità finanziaria. Credono che la mentalità industriale “pura” sia superiore o comunque più dignitosa o meritevole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una mentalità industriale può esser definita come una focalizzazione sulla propria azienda e sui temi di efficienza e di mercato: ne consegue una focalizzazione sul conto economico e sul lungo termine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una mentalità finanziaria può esser definita come una focalizzazione su valori e transazioni, inoltre ha una connotazione opportunistica, indifferente a tradizioni e stabilità. Non c’è amore per il prodotto, per gli impianti, per la storia dell’azienda: c’è una forte attenzione ai flussi di cassa, allo stato patrimoniale, ai valori relativi e presumibilmente al breve termine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli imprenditori che hanno fondato un’azienda si vantano della propria mentalità industriale, mettono in evidenza la grande creazione di valore che è stata realizzata partendo da zero, e disprezzano quelli con mentalità finanziaria. I figli degli imprenditori scimmiottano sovente l’atteggiamento e i dogmi dei padri ma evitano di misurare di quanto è aumentato il valore dell’azienda da quando l’hanno ereditata e gestita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A tutti questi fanno eco giornalisti, associazioni, politici che decantano le virtù delle aziende familiari ed esaltano i meriti di quelle famiglie che da tempo immemorabile passano la proprietà di generazione in generazione, sempre operando nello stesso settore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Essere un industriale nel senso classico è anche molto comodo: nel tempo si sviluppa una dettagliata conoscenza di tutti gli aspetti rilevanti del business, il che evita la fatica di pensare. Anche i figli di un industriale sono capaci di parlare eloquentemente del business illudendosi che la conoscenza equivalga a competenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sovente però sono proprio i dogmi, l’eccesso di conoscenza e lo sviscerato amore del proprio business che non consentono di vedere i nuovi trend tecnologici, i nuovi modelli di business, i nuovi competitor che arrivano da settori laterali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per gli operatori di tipo finanziario un’azienda, un impianto, un qualsiasi asset è una merce di scambio: se alla fine di un certo periodo il saldo fra profitti e perdite è positivo, lo è anche il giudizio su quello che si è fatto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Guadagnare, però, non significa fare profitti: nel periodo di riferimento significa remunerare il capitale di rischio attraverso capital gain e dividendi di più di quanto si sarebbe potuto fare investendo passivamente in un indice delle borse mondiali, più un quantum per tener conto del maggior rischio. In pratica, se non si riesce a dare un ritorno totale maggiore del 15% composto annuo non si è davvero guadagnato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questo modo di pensare di chi ha una visione industriale pura può essere valido in un contesto di espansione continua dove ci sono opportunità di sviluppo per tutti, mostra invece dei limiti pericolosi nel contesto attuale caratterizzato da stagnazione generalizzata, da molti settori in contrazione e dall’affermarsi delle bolle come una regola invece che un’eccezione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quando il mercato è stagnante, un industriale non si rassegna a tale situazione ed è sempre in attesa della “fine della crisi”: continua a investire e ritarda le decisioni spiacevoli come i licenziamenti o le chiusure di impianti. Un finanziario è più pronto a vendere aziende o impianti che domani varranno meno di oggi e a valutare con distacco se il breakup dell’azienda possa valere di più di una gestione unitaria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ci sono settori che sono entrati in una inevitabile crisi secolare, sia per motivi strutturali (per esempio, le costruzioni crescono quando c’è da dotare il paese di infrastrutture, poi decrescono) sia per cambiamenti tecnologici (i libri cartacei sostituiti da prodotti multimediali digitali). Un industriale tradizionale rifiuta ideologicamente il concetto di obsolescenza della sua azienda e di se stesso e finisce per assomigliare a quei combattenti giapponesi che continuavano la guerra nella giungla per anni dopo la resa del proprio paese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un finanziario è più pronto a disinvestire e qualche volta a saltare nei sub-settori in crescita, ma approvvigionandosi di competenze nuove e adatte alla situazione. Non sempre il gioco riesce, come testimoniano le disavventure dei grandi editori o distributori americani di libri e video, spiazzati da Amazon, incapaci di reagire pur in un mercato fluido e pieno di manager informati e competenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma il maggior problema odierno è che gli industriali pensano al proprio settore come caratterizzato da una crescita costante, intervallata da periodi di crisi. Questa infatti è stata l’esperienza storica. Quando il mercato tira si mette un po’ di fieno in cascina, quando c’è la crisi si stringe la cintura e si investe per esser pronti quando il mercato riprende.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ invece possibile che un mondo sempre più caratterizzato dalla finanziarizzazione e dalla globalizzazione proceda di bolla in bolla: i consumi finali e gli investimenti industriali cambiano da anno ad anno molto più che in passato e i valori (delle azioni, degli asset, e dei business) variano di un ordine di grandezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si dice che ognuno possa trovare solo quello che cerca. Se un industriale disprezza e quindi non cerca di capire come opererebbe un finanziario, non saprà mai trovare un nuovo equilibrio o approfittare di una situazione economica diversa da quella che gli è familiare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ tempo quindi di superare la storica dicotomia fra industriali e finanziari. La finanza è una componente fondamentale e inscindibile della gestione ed essere attenti ad approfittare di potenziali variazioni di valore è altrettanto meritorio quanto ridurre i costi o aumentare i ricavi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un buon esempio sono gli industriali attivi nei trasporti navali per i quali i soldi si fanno talvolta esercendo le linee e talaltra vendendo o comprando navi. Alcuni dei più bravi dicono che in realtà loro sono nel business della compravendita delle navi e che il loro utilizzo nelle linee di navigazione è solo un’attività da svolgere senza perderci troppo, aspettando il momento giusto per vendere o comprare imbarcazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un vero imprenditore deve saper cogliere tutte le opportunità che la sua azienda gli offre: investimenti ma anche disinvestimenti, acquisizioni ma anche vendite di business o aziende, passare in maggioranza o in minoranza, internalizzare o esternalizzare lavorazioni o attività. E se il business storico può solo valere di meno in futuro, approfittare della propria credibilità, forza finanziaria, istinto imprenditoriale e forza manageriale per trovare dove poter continuare a creare valore in un settore diverso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per un vero imprenditore l’orgoglio di essere uno specialista del proprio mestiere deve lasciare il posto a quello di essere uno specialista della creazione di valore.


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