di Mina Barcone - foto Valentina Rosati

Una triste sequenza di ristoranti abbandonati: è il lungomare tra Palese e Santo Spirito
BARI - Prima il Galeone e poi, uno dopo l'altro, La Vela 2, L'Ancora e La Barcaccia. Parliamo dei tanti ristoranti situati sul lungomare tra Palese e Santo Spirito che negli ultimi anni hanno miseramente chiuso i battenti. Strutture che in molti casi giacciono oggi in balìa di vandali, rifiuti, mareggiate e incendi, simboleggiando il declino di questo tratto di costa. (Vedi foto galleria)

Nel 2012 vi avevamo parlato di come i quartieri a nord di Bari si stessero pian piano spopolando, dopo aver attraversato, almeno fino alla fine degli anni 90, un lungo periodo di prosperità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Prima infatti se si voleva gustare un gelato, un piatto a base di pesce o una pizza, era qui che si veniva. Poi, con lo sviluppo della parte meridionale della città, la riqualificazione del centro storico, la creazione di Pane e Pomodoro e Torre Quetta e l’esplosione di luoghi quali Torre a Mare, i baresi hanno pian piano cominciato a preferire le passeggiate e i locali situati sul litorale sud.

E così, considerando anche il vertiginoso aumento del canone demaniale, le attività poste sul triste lungomare di ponente hanno pian piano mollato, mettendo fine a una storia durata diversi decenni.

Siamo quindi andati a visitare questa zona “fantasma”, partendo da Palese e da via Massaro Tenente Nicola, per poi procedere verso nord. (Vedi foto galleria)

Superato “Lo Scoglio”, uno dei pochi esercizi della zona che resiste al trend negativo, sulla sinistra troviamo il primo emblema della decadenza del litorale: l’ex ostello della gioventù, chiuso ormai dagli anni 90. Oggi si presenta come un rudere senza infissi e protetto da un vecchio cancello arrugginito. «Un tempo - ricorda nostalgico il 70enne palesino Eugenio - venivo spesso qui per cercare di conoscere le belle e “disponibili” turiste americane».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Marciando per un'altra manciata di metri, sulla destra, spicca il primo ristorante abbandonato: “L'Ancora”. A ricordo del locale, chiuso nel gennaio del 2019, rimane l’insegna abbellita da due onde azzurre stilizzate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Da bambino ci venivo spesso - racconta il 23enne Fabrizio - e speravo di imbattermi nei giocatori del Bari, habitué del posto». Sul retro dello stabile balza all'occhio la terrazza con vista sull'Adriatico, ormai spoglia e invasa dai detriti. L'interno ha le pareti completamente annerite: si tratta del desolante risultato di due incendi appiccati da ignoti nella scorsa primavera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltrepassato il lido La Baia, uno dei 14 stabilimenti balneari a nord di Bari, il lungomare cambia nome in via Saverio Tenente Noviello. Costeggiamo quindi sulla sinistra un luogo da noi già visitato: l'imponente hotel Poseidon, un colosso abbandonato a due passi dall’Adriatico. Protagonista di una breve quanto discussa apertura negli anni 90, è diventato una discarica a cielo aperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


E di fronte a Villa Longo De Bellis, dimora in cui nel 1943 si incontrarono Badoglio, Alexander ed Eisenhower, ecco un altro ristorante in rovina: “La Vela 2”. Nato negli anni 60 come "Lo Squalo", ha chiuso i battenti nel 2015.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche qui le transenne recintano un edificio malmesso: le mareggiate dei giorni scorsi hanno infatti spinto verso la strada calcinacci, tendoni e pezzi di tetto, risparmiando per miracolo le vetrate. Ha un aspetto più rassicurante la terrazza sul mare, un tempo illuminata da vistosi faretti, ma oggi priva di qualsiasi arredamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Stesso discorso per gli interni: oltre ai lampionicini ancora intatti, su un muro sono ancora visibili le immagini dei piatti che venivano serviti. Sembra quasi che queste pareti attendano il ritorno dei clienti affamati. «In realtà è uno spettacolo ignobile - si lamenta Carlo, proprietario di un bed and breakfast della zona -: i miei clienti fanno spesso notare questo stato di degrado. Riqualificare la costa darebbe invece nuova vita al rione, che tra l'altro potrebbe sfruttare la vicinanza dell'areoporto per attirare turisti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo pochi passi, superato il "titolo di Modugno", ci ritroviamo nel territorio di Santo Spirito. Anche il lungomare in questo punto cambia nome: è infatti dedicato a Cristoforo Colombo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Camminiamo per circa un chilometro e giungiamo dinanzi a quella che era “La Barcaccia”, punto di ristoro nato con un nome pittoresco. «Il locale aprì negli anni 60 - evidenzia Massimo, un abitante del posto - e in origine si chiamava "Tonino il re delle cozze". Si mangiava bene e una graziosa barchetta posta sul terrazzino rendeva l'ambiente accogliente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La struttura non è però abbandonata, ma chiusa. «Da 3 anni stiamo aspettiamo un'autorizzazione per far partire alcuni lavori: un permesso che purtroppo continua a non arrivare», tengono a specificare i proprietari.

Finora l'edificio è stato comunque risparmiato dalla distruzione, eccezion fatta per la copertura del gazebo che sembra essere pericolante. Attraverso le finestre scrutiamo i tavoli riservati ai clienti, intatti e ammassati uno sull'altro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E dopo un centinaio di metri, poco prima di sbucare sul porticciolo di Santo Spirito, troviamo l'ultimo ex ristorante del nostro viaggio: il “Galeone”, chiuso nel 2013, dato alle fiamme nel 2015 e in attesa di una conversione a "eco-lido" che sembra non arrivare mai.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il complesso è stato completamente murato. La bassa marea ci permette però di osservare dagli scogli quel che resta del terrazzino e parte degli interni: una distesa di detriti, interrotta qua e là solo da cumuli di rifiuti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il suo nome per tanti anni è stato “Verdemare” - sottolinea Anna, residente di Santo Spirito -: grazie al suo forno a legna rappresentava un punto di riferimento per chi voleva il pane e la focaccia anche di domenica. Ma ormai di quel tempo così vitale non rimangono che macerie».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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  • Francesco Quarto - a dir poco raccapricciante! ricordo che in una di queste sale festeggiammo la comunione di mio figlio, ormai sono 31 anni fa. un solo appunto, riguardo la dicitura "titolo di Modugno". a me risulta che quello sia il "titolo di Bitonto", come peraltro di evince dalle iscrizioni epigrafiche che ancora si distinguono sulle pareti a nord e a sud del monumento. forse una svista? e comunque Modugno non ha nulla a che fare con quel tratto di costa! che ne dicono i residenti? saluti! Francesco Quarto
  • Vito - Quanti bei ricordi di gioventù su quella costa tra palese e santo spirito. Negli anni 60 frequentavamo spesso gli "sciali", punti fi ristoro familiari dove si mangiava con lire 1.200 un antipasto di crudo, un primo ai frutti di mare, un secondo a base di frittura, contorno di insalata, frutta e caffè, Poi diventarono ristoranti e i prezzi aumentarono parecchio (25.000-30.000 lire). Ricordo con affetto li scialle Tonino il re delle cozze di don Antonio Vasile che spesso si sedeva accanto alla tavola con i suoi clienti abituali che diventavano poi suoi amici. Collaboravano con lui i figli Vito e il professore Nino. Persone professionali e grandissimi lavoratori davvero amici e familiari. C'e stato pure un periodo che per arrotondare le sue scarse entrate economiche c'era il famoso ed indimenticabile comico Piripicchio ad aiutare il ristorante della beccaccia ad aprire le cozze, i ricci ecc. Come si mangiava e si spendeva quì era la fine del mondo. Quanti ricordi e felici giornate trascorse.. Peccato che tutto questo sia scomparso..
  • STEFANO VIOLANI - Io non vivo più al Sud da circa 40 anni, ma nelle mie vene scorre sempre il sangue barese. In uno di quei ristoranti ho festeggiato il mio matrimonio, 50 anni fa. In quei posti da ragazzo andavo spesso a fare il bagno ed in quel littorale non mancava occasione per poter comprare e gustare ottima focaccia e panzerotti fine del mondo. Quando vedo queste foto mi viene rabbia perchè, specialmente in questi giorni in cui per il Coronavirus e si parla del crollo del turismo che costituisce una grande percentuale del nostro PIL, mi viene rabbia nel vedere che i miei ex compaesani non hanno mai e continuano ancora a non capire che favorire il turismo potrebbe migliorare la nostra economia del Sud. Alle volte mi viene spontaneo dire che il Padre Eterno da il pane a chi non ha i denti. Uno dei motivi che mi spinsero ad abbandonare la mia amata Bari e dintorni è stato proprio questo atteggiamento stupido dei miei ex compaesani. Comunque VIVA BARI ANNI 50/60.
  • Antonino Magliocco - Fate qualcosa, è il mio grido d'amore verso il lungomare di palese dove da piccolo venivo in vacanza da mio nonno Angelo. La zona è un patrimonio per tutti. Mettetevi intorno ad un tavolo e ragionate anche se ci sono delle difficoltà. Tutto si supera. Che rifiorisca il lungomare con i suoi ristoranti e le sue attività. Diamo un futuro sano anche te ai giovani: ritornerà la felicità.
  • TOMMASO - Articolo ben scritto e dettagliato ma il giornalista ha dimenticato di menzionare un altro ristorante che chiuse l'attività nei primi anni 2000 in quella zona, vediamo se se lo ricorda.


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