di Eva Signorile

Fasano, chiese rupestri immerse tra gli ulivi secolari: è ''Lama D'Antico''
FASANO - Ci siamo occupati spesso delle lame del territorio di Bari, denunciando lo stato di degrado in cui versano queste naturali e fondamentali vie di sfogo delle acque meteoriche, prede di scempi edilizi come nel caso di Molfetta o di abusi di altro tipo, vedi il motocross o la caccia di frodo nel Parco regionale di Lama Balice.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi però vogliamo mostrare un brillante esempio di recupero di una lama e della proficua collaborazione tra pubblico e privato, alle porte della provincia di Bari. Parliamo di Lama d'Antico a Fasano, aperta nuovamente ai visitatori dal luglio del 2013. La lama è cogestita dal comune di Fasano, dalla fondazione San Domenico onlus e dalle cooperative Ars e La Cerafina, che curano l'aspetto archeologico e ambientale del percorso. (Vedi ampia galleria fotografica)

Da Bari si arriva dalla statale 16 in direzione Brindisi, si imbocca quindi l'uscita "Savelletri-Fasano Stazione", quindi la strada provinciale 4, sempre in direzione Savelletri. Dopo il sottopasso ferroviario infine si svolta a destra: il parco ci attende subito dopo, sulla sinistra. A fare da guida ci sono Roberto e Giuseppe. Il percorso si articola lungo il fondo della lama che milioni di anni fa ospitava un fiume poi scomparso. La visita non è gratuita (6 euro il biglietto normale, 4 euro il ridotto), ma per noi si tratta di soldi spesi bene.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I signori incontrastati del luogo sono gli ulivi secolari e monumentali: il brillio dell’etichetta numerata testimonia il paziente lavoro di mappatura di questi patriarchi. Ai loro piedi, fra i grovigli delle radici, giacciono ordinate fascine dei loro rametti più sottili. «Un tempo - ci spiega Giuseppe - i rami più giovani e lunghi degli ulivi venivano utilizzati per intrecciare i cesti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Poco più in là, un monumento naturale strappa gridolini stupiti un po' a tutti: un vecchio carrubo e un ulivo, nel corso dei decenni, hanno finito col raggiungersi fino a fondersi in un solo abbraccio che racchiude in sé la storia del territorio pugliese. Le rispettive radici segnano il faticoso percorso fatto per arrivare fino a qui. A guardarli, contorti dagli anni, deformati dalle intemperie e dalla lotta per la sopravvivenza, tenacemente aggrappati al versante della lama, sembrano due reduci di guerra che i tempi della pace hanno fatto ritrovare. Continuano così, stretti l'uno all'altro, la loro pacifica esistenza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qualcuno raccoglie persino qualche carruba, quella che un tempo era considerata la "cioccolata dei poveri" e qualcun altro non resiste alla tentazione di addentarla, dopo una spolverata sulla maglietta. Per molti è il sapore dell'infanzia che ritorna con prepotenza. La voce della guida interrompe l'attimo di estasi. «Tutti i semi della carruba hanno lo stesso peso: 0,2 grammi - afferma Roberto - per questo motivo, anticamente erano utilizzati come unità di misura. Non è un caso, infatti, che i diamanti e i metalli preziosi vengano misurati ancora oggi in "carati"».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci strappiamo a malincuore dai due vegliardi verdi: pochi metri più avanti, ha inizio il villaggio rupestre di Lama d'Antico. Abitazioni e luoghi di lavoro scavati nel tufo si rincorrono su entrambi i lati della lama. «Ce ne sono oltre una trentina - ci spiega Roberto - di queste, oltre venti sono visitabili». Quello di Lama d'Antico è uno dei più estesi insediamenti rupestri della Puglia. A differenza degli ipogei gli insediamenti rupestri sono stati scavati nella roccia in senso orizzontale, lungo il fianco di una lama o più frequentemente di una gravina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Con le sue 240 chiese rupestri  la Puglia può essere davvero considerata "la Cappadocia d'Italia"», sottolinea Giuseppe. Il villaggio rupestre affonda le radici nel Medioevo, si pensa già nell’XI secolo, come testimonierebbe un'antica moneta bizantina trovata nei pressi della chiesa "Lama d'Antico" e sarebbe stato abitato fino al XV-XVI secolo. Ma la zona è stata frequentata già da epoche più remote, come testimonia il ritrovamento di alcuni reperti del Neolitico e dell'età del Bronzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Visitiamo due abitazioni. Alla prima si accede attraverso un ingresso ad arco. Qui c’è ancora il “letto” spartano, scavato nella roccia. Per dormire ci si adagiava sulla paglia, che oltre a rendere più confortevole il giaciglio, manteneva il calore. L'"impianto di illuminazione" era invece costituito da lumi alimentati ad olio, ospitati nelle nicchie scavate qua e là lungo la parete tufacea. Sul soffitto, un rudimentale anello scavato anch'esso nella roccia racconta di ceste, pignatte e provviste che qui venivano appese, un po’ per mancanza di luoghi adibiti alla loro conservazione, un po' per tenerli al sicuro dagli animali che circolavano nella zona. In un angolo c’è persino la nicchia di quello che doveva essere il "frigorifero" dell'epoca. L'ambiente attiguo era invece adibito a stalla.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'abitazione successiva appare meno frugale. L'ingresso è rettangolare e un tempo era certamente chiuso da un portone in legno. Come nella precedente ciuffi di cappero macchiano qua e là la parete esterna. Nell'interno, buchi e nicchie si inseguono in misura sorprendente: «Ospitavano le assi di legno che facevano da panche, letti e mensole», è la spiegazione delle nostre guide.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Visitiamo ancora una cavità sul versante opposto. Per entrarvi dobbiamo scendere tramite gradini scavati nella roccia. L'ambiente, suddiviso in tre aree, è molto vasto e si ritiene che un tempo le stanze fossero divise da pareti. Il sito ha avuto diverse funzioni nella sua storia. Alcuni archi sul fondo e il fatto che si trovi sul versante meno illuminato della lama suggeriscono che inizialmente fosse utilizzato come cappella funeraria. Le esigenze hanno poi convertito questo luogo in un laboratorio: su una parete rimane ancora la forma della ruota di un frantoio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è di fronte che ci attende il sito più sorprendente: la chiesa rupestre "Lama d'Antico", un monumento talmente ricco e imponente nelle sue dimensioni, da poter essere considerata una sorta di cattedrale scavata nella roccia. La sua parte più antica risale al XII secolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L'accesso principale è oggi protetto da una griglia, vi si accede tramite un pontile che sovrasta due pozzi che fungevano da cisterne. La struttura è divisa in due lunghi ambienti suddivisi da una successione di arcate. Si ritiene che un tempo fosse interamente affrescata e che la sua presenza fosse segnalata da una cupola esterna oggi scomparsa. La sua importanza viene confermata dalla presenza di un sontuoso sedile scavato anch'esso nel tufo e destinato ad ospitare una personalità di rilievo, quasi certamente un vescovo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

All'interno, vicino all'ingresso originario, troviamo un affresco tipico del periodo: al centro il Cristo in una mandorla di luce, alla sua destra Giovanni Battista e alla sua sinistra la Madonna. Curiosamente, appaiono anche i quattro evangelisti in forma di animali, a segnare il connubio tra Oriente e Occidente. Sul secondo ambiente si susseguono 23 "cellette", che probabilmente riportavano altrettante raffigurazioni di santi. La parete dell'ingresso è punteggiata di croci di diverse forme e dimensioni, scavate anch'esse nel tufo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il percorso prosegue, dopo un breve tragitto in auto, dall'altra parte della ferrovia che sfregia il paesaggio come una cicatrice lasciata sul territorio dall'urgenza della modernità. Visitiamo la chiesetta di San Lorenzo, decisamente più piccola della precedente, anche questa divisa in due ambienti. Il secondo è completamente affrescato e strappa ai baresi presenti esclamazioni orgogliose quando, fra i tanti santi raffigurati ci si accorge che spicca, per colori e dimensioni, l'icona di San Nicola, al quale probabilmente era dedicata la chiesetta che poi ha finito con l'assumere il nome dell'area in cui si trova, quella appunto di San Lorenzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il percorso finisce qui, tra i profumi selvatici e i colori che la macchia mediterranea offre in autunno. Ma dopo tutto c'è ancora qualche minuto per portarsi dietro qualche souvenir della lama: San Nicola dalla vicina chiesetta ci vede raccogliere timo e origano per l'arrosto della domenica e tace un po’ complice e un po’ rassegnato.


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