di Francesco Sblendorio

Il rigido mondo degli scout: «Ma non è escluso che ci siano capi gay»
BARI - Sono riconoscibili dalle loro uniformi, sono diffusi in tutto il mondo e hanno anche un corrispondente nel mondo dei fumetti: le “giovani marmotte”, di cui fanno parte Qui, Quo e Qua, i nipoti di Paperino. Parliamo dei boy scout, una realtà molto radicata a Bari e in Italia, ma spesso al centro di critiche per posizioni intransigenti su regole, “promesse” e omosessualità.  In Italia esistono varie organizzazioni scout di ispirazione sia religiosa che laica, di cui la principale è l’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani) che raccoglie 176.382 membri (dati del 2012). Il Veneto è la regione con più aderenti (23.764). La Puglia ne ha 11.837. Per capirci qualcosa in più su questo mondo, abbiamo parlato con Rosa Liso, responsabile della “zona degli Ulivi”, che comprende 17 gruppi scout del nord della provincia di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Che cos’è lo scoutismo e quali finalità si pone?

È un’associazione di volontari che fa dell’educazione il suo obiettivo. Si propone di togliere i ragazzi dalla strada e di proporre loro un percorso di crescita che li porti a diventare buoni cittadini e persone libere. Il fine ultimo quindi è essenzialmente di tipo sociale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Con quali aspettative in genere una famiglia iscrive il proprio figlio a un gruppo scout?

Solitamente per farlo socializzare con gli altri, avviarlo a un percorso educativo, evitare che stia per strada senza controllo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A queste esigenze rispondono anche altri tipi di organizzazioni, come le società sportive. Ma lo scoutismo appare come qualcosa di ben diverso, tende a trasmettere uno stile di vita che va osservato in ogni momento.

Sì, quella dello scout è una formazione a 360 gradi, un vero e proprio stile di vita. Per questo i gruppi scout stipulano con le famiglie una sorta di patto educativo. Dagli 8 ai 12 anni l’educazione è affidata al gioco, dai 12 ai 16 si passa all’esplorazione della natura, quindi, fino ai 21 anni, si inizia a fare vita di comunità, sperimentando la realtà della strada e valori come l’essenzialità, la spiritualità, il servizio. È un processo di autoeducazione, in cui il ragazzo è protagonista della sua crescita e impara a farsi carico anche degli altri, non mettendo solo se stesso al centro. E poi c’è il principio dell’”imparare facendo”, tipico della pedagogia anglosassone, l’area culturale di provenienza di Robert Baden Powell, colui che nel 1907 fondò lo scoutismo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Uno stile di vita piuttosto impegnativo trasmesso attraverso una struttura gerarchica. Ciò non genera anche malcontento all’interno dei gruppi scout?

A volte sì. Spesso si fa fatica a fare accogliere la proposta scout alle famiglie, perché queste tendono a trasmettere valori diversi da quelli che cerchiamo di inculcare noi. Crescendo poi sono gli stessi ragazzi che a volte decidono di abbandonare lo scoutismo: lo considerano una proposta troppo esigente, non riescono a restare fedeli agli impegni presi. In alcuni casi la separazione è accompagnata da un corretto chiarimento, ma molto spesso è causa di menefreghismo o di distrazione da parte delle famiglie meno attente al processo educativo dei propri figli. Noi comunque facciamo sempre un tentativo di trattenere il ragazzo intenzionato ad andare via.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Una causa di questi abbandoni non può essere la rigidità di alcune regole?

Le regole vanno applicate con una certa duttilità, ma qualche volta in effetti c’è troppa rigidità nell’imporre determinati ordini. Così c’è il rischio di trasmettere un’immagine sbagliata dello scoutismo, a isolarlo dall’esterno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra le 10 regole fondamentali dello scoutismo, oltre a quelle ispirate a valori come la lealtà, l’amicizia o l’amore per la natura, c’è anche la numero 7 che, nella versione Agesci, afferma “La guida e lo scout sanno obbedire”. Come può essere un valore questo?

La regola dice “sanno obbedire”, non “obbediscono sempre e comunque”. Non si tratta di cieca acquiescenza agli ordini. Se un capo dà un ordine e il gruppo non lo condivide se ne può tranquillamente discutere. “L’obbedienza non è più una virtù” diceva don Lorenzo Milani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nella tradizione degli scout ci sono anche diversi saluti e rituali. Non Le sembrano pura esteriorità?

Al contrario, servono per dare al ragazzo maggiore consapevolezza interiore. Il rituale della “promessa”, ad esempio, sottolinea la sacralità del momento. È poi è compito dei capi far capire che non si tratta solo di ritualità: se i capi non riescono a trasmettere questa idea, allora sì, c’è il rischio che si cada nella pura esteriorità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nello scorso mese di maggio negli Stati Uniti è stata aperta la possibilità agli omosessuali di entrare a far parte di gruppi scout, ma non nei ruoli di vertice dell’organizzazione. In Italia qual è la posizione dello scoutismo sulla questione-gay?

Non è scritto da nessuna parte che gli omosessuali non possano entrare negli scout. Certo, se una persona ha ancora delle indecisioni su se stessa, non ha raggiunto un equilibrio interiore, non può porsi come punto di riferimento per la crescita di altri ragazzi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma non è detto che un omosessuale non abbia un suo equilibrio interiore. Come non è escluso che invece sia un eterosessuale a mancare di un tale equilibrio.

Certamente. In quel caso nulla vieta che un gay possa essere capo scout. I responsabili di zona hanno proprio la funzione di vigilare sulla formazione dei capi e di valutare i singoli casi. In particolare sulla questione degli omosessuali ci sono stati vari dibattiti all’interno dello scoutismo italiano, ma non è ancora emersa una posizione comune. Comunque non mi sento di escludere che ci siano dei capi scout omosessuali.


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