''Petrolio'', in un documentario ''l'affare trivelle": una storia che parte da lontano
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venerdì 8 aprile 2016
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di Alessia Schiavone
Ma sull’"affare petrolio” è da decenni che si discute ed è una storia che parte da lontano: non sempre infatti la gestione delle concessioni da parte delle istituzioni ha seguito una linea chiara e trasparente. Del resto proprio degli ultimi giorni è la notizia delle dimissioni del ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, a cui spettava proprio il compito di rilasciare le autorizzazioni e delle prime sentenze sul Totalgate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ha cercato di fare chiarezza sull’argomento il 26enne regista barese Silvio Giannini, che ha realizzato un documentario d'inchiesta dal titolo "Petrolio", proiettato in anteprima nazionale a Bari nel Cinema Royal giovedì 7 aprile. Risultato di un lavoro lungo otto mesi da parte di un team di ragazzi universitari under 30 e costato appena duemila euro, "Petrolio" è nato dalla necessità di comprendere la problematica delle trivellazioni al largo delle coste pugliesi, ricostruirne l'evoluzione e capire il funzionamento delle concessioni governative per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi nel mare Adriatico.
«Sin dalla prima intervista, abbiamo subito capito che la vicenda delle trivelle non inizia nel 2015 ma risale a una decina di anni fa- sottolinea Giannini-. E' infatti il 2006, quando una società inglese, la Northern Petroleum, inoltra al Governo Italiano la richiesta “d149” per cercare petrolio nell'Adriatico, a 25 miglia dalle coste di Monopoli». Nel marzo 2009, a un anno dalla nascita del nuovo governo di Centrodestra, la commissione tecnica Via (Valutazione di impatto ambientale) rilascia un parere positivo di compatibilità ambientale in merito proprio a questa istanza. Ed è qui che iniziano i primi problemi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Secondo ciò che racconta il documentario, il processo autorizzativo per la ricerca di idrocarburi viene avviato senza informare i cittadini italiani e senza aver prima consultato la Regione Puglia, che per questo comincia la sua battaglia a colpi di ricorsi al Tar. In seguito a un'interrogazione parlamentare dell'ex deputato Pierfelice Zazzera al ministro dell'Ambiente, viene fuori che in realtà la d149 è solo una delle decine di autorizzazioni in via di definizione che coinvolgono l'intera costa adriatica fino allo Ionio. Possiamo quindi affermare che sono questi gli anni in cui inizia la "colonizzazione" delle trivelle nelle acque ancora "vergini" del Belpaese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Ma non finisce qui- sottolinea il regista-. Bisogna tener presente che fino al 2013 è lo stesso ministero a scegliere discrezionalmente i componenti della commissione incaricata di rilasciare i pareri di compatibilità ambientale. Tra l'altro il ministro dell'Ambiente del governo Berlusconi è Stefania Prestigiacomo, facente parte di una famiglia di imprenditori siciliani operanti proprio nel settore petrolchimico. Un caso?». Magari è un caso, ma nel frattempo in un'interrogazione all'Unione europea, l'eurodeputata Eleonora Fiorenza dichiara che uno dei componenti della Commissione è fortemente sospettato di essere asservito alle cosche calabresi. E poi altri due membri vengono sostituiti nel 2014 dopo essere stati arrestati perché coinvolti in scandali in materia di appalti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo nel 2013 quando il governo Monti, a mandato scaduto, approva la Strategia energetica nazionale che prevede il raddoppio della produzione interna di idrocarburi. Decisione che viene implementata nel 2014 con lo Sblocca Italia del governo Renzi, denominato da alcuni "Sblocca Trivelle" e che attribuisce al Governo un potere d'imperio in caso di mancata intesa con le Regioni sul rilascio di autorizzazioni di ricerca di petrolio sulla terraferma e in fondo al mare. Ecco come viene data la possibilità allo Stato di scavalcare il parere delle Regioni e di superare così gli ostacoli legislativi nazionali e locali per avviare le attività estrattive.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche se nel 2015 la legge di Stabilità recepisce e corregge quelle che sono le critiche allo Sblocca Italia, questo piccolo passo in avanti viene in parte reso vano dalle "magie parlamentari" sempre dello stesso anno riguardanti la legge dei reati ambientali. «Facciamo riferimento nello specifico all'air gun, la tecnica d'ispezione dei fondali marini ad aria compressa, oggi la più utilizzata nelle attività estrattive- rivela Silvio-. Si tratta di un metodo fortemente lesivo per il pescato tanto da provocare lo spiaggiamento dei pesci. Metodo che però, nel passaggio dal Senato alla Camera con un voto segreto, viene cancellato dai reati ambientali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oltre il fatto che questi air gun, oggi leciti, potrebbero rappresentare un considerevole pericolo in caso di incidenti con gli ordigni bellici disseminati nei mari pugliesi di cui avevamo già parlato in un precedente articolo. Sia il Ministro della Difesa che dell'Ambiente ne sono a conoscenza, ma nonostante questo la questione è stata del tutto ignorata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ed ecco quindi come, dopo dieci anni, arriviamo al 2016 e al referendum del 17 aprile, in realtà solo l'ultimo tassello di un puzzle ben più ampio e complesso. Tra l'altro, anche se l'Italia non dovesse più rilasciare le autorizzazioni petrolifere, il problema rimarrebbe irrisolto visto che potrebbero essere gli stati transfrontalieri come Albania e Montenegro a farlo. E il rischio di compromettere la bellezza del mare pugliese rimane purtroppo sempre molto alto.
Il trailer del documentario "Petrolio":
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Alessia Schiavone
Alessia Schiavone