di Gabriella Quercia

La "terra di mezzo" di Bari: stretti tunnel, piccole stazioni e case nate nel nulla
BARI – C’è un punto preciso di Bari in cui si intersecano tutti i binari delle varie ferrovie che arrivano nel capoluogo pugliese: da quelle dello Stato, alle Appulo Lucane, per finire a quelle del Nord Barese. E in questo punto tutte le strade sono costrette a interrarsi per diventare sottovie e i passanti a percorrere stretti tunnel che passano sotto il groviglio dei binari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La zona in questione è quella stretta tra via Brigata Regina, viale Pasteur e via Cifarelli, quella che verrà scavalcata dal nuovo ponte dell’Asse nord-sud in costruzione. Una “terra di mezzo” che racchiude piccole stazioni, cunicoli ridipinti da writers e anomale piazzette popolate da case costruite nel nulla.  Noi l’abbiamo visitata e questo è il nostro “inedito” racconto. (Vedi foto galleria)

Il nostro viaggio parte proprio da via Cifarelli, poco prima che cambi nome in via San Giorgio Martire, nei pressi del desolato “Far West” di Bari. Alla sinistra di un piccolo ponte, accanto a un negozio di giocattoli, si apre una “piazzetta” piastrellata con degli alberi: è da qui che si accede a un passaggio lungo una quindicina di metri che si erge sopra le auto che percorrono il sottovia Giuseppe Filippo, che collega via Brigata Regina a viale Pasteur.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il passaggio è delimitato a sinistra da ringhiere blu e a destra da un alto muro colorato con varie scritte, quale quella di  “Auguri + 15” per Micaela da parte di Tonio, sugellata da un cuore.  A questo punto ci troviamo quasi davanti a un bivio, con due tunnel diversi da attraversare davanti a noi: uno a sinistra e l’altro a destra. Prendiamo il primo, facendo scorta di aria per attraversare il buio ignoto. Siamo sotto i binari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le già citate ringhiere diventano le nostre accompagnatrici: sono loro a condurci in questa galleria dove è forte l’odore di smog e di urina. Decine e decine di disegni coloratissimi ideati da fantasiosi writers riescono a farsi notare nell’oscurità: ce ne sono per tutti i gusti e di tutti i colori. Dei fori e delle spaccature, forse dovuti a colpi di pietra, sono presenti sugli enormi pannelli di plexiglas che avvolgono il tunnel. Da questi buchi il rumore delle macchine e delle folate d’aria impattano con presunzione contro i viandanti. Per rischiarare un po’ il canale sono stati installati dei neon che alimentano l’alone tetro del posto. Non c’è molto spazio e si è costretti a camminare in “fila indiana” per non scontrarsi con chi viene in direzione contraria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo finalmente fuori. Impieghiamo qualche secondo prima di riabituarci alla luce del giorno e capire dove ci troviamo: officine meccaniche e carrozzerie sono in piena attività e qualcuno ci guarda stranito vedendoci disorientati. Una targa alle nostre spalle e la scritta “Ferrovie del nord barese” di fronte a noi ci schiariscono le idee: ci troviamo in via Brigata Regina, precisamente nel tratto in cui prende il nome Via Brigata e Divisione Bari, all’ingresso del quartiere Libertà. Sulla sinistra c’è l’entrata della stazione di “Brigata Bari” delle Ferrovie del Nord Barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Riprendiamo la galleria per tornare al “bivio” di cui sopra e ci avventurariamo nel secondo tunnel, quello di destra. Anche in questo caso affrontiamo fastidiosi odori e colorati graffiti per poi sbucare questa volta su viale Pasteur, all’ingresso del Quartierino, nei pressi della piccola stazione di Bari Scalo che serve le Ferrovie appulo lucane.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


A questo punto ripercorriamo il tunnel all’indietro, arriviamo al “bivio” e torniamo sulla “piazzetta” di via Cifarelli. E proprio qui, mentre crediamo che il nostro viaggio sia finito, notiamo divani, passeggini e tavolini che sembra siano stati abbandonati da qualcuno. Si trovano su una piccola “collinetta” di terra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci avviciniamo per capirci qualcosa di più e in quel mentre due cani, uno bianco e uno nero, ci vengono incontro abbaiando. Non sono minacciosi, scodinzolano e restano a distanza. Distinguiamo una donna con un cardigan bianco, un fazzoletto in testa, una gonna blu e calze marroni. La carnagione scura, il sorriso allegro e delle gote paffute ci ispirano subito simpatia. Viene verso di noi chiedendoci cosa vogliamo e si presenta: dice di chiamarsi Gabriela, ha 53 anni e viene dalla Romania.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Io e mio marito viviamo qui da qualche anno – ci racconta Gabriela - e abbiamo fatto di questo posto la nostra casa. Ma non siamo zingari». Dopo un po’ sopraggiunge l’uomo: indossa una felpa blu, ha dei folti capelli bianchi, denti d’oro e mani tatuate. Anche lui ci accoglie con un largo sorriso, scusandosi per il suo italiano stentato: accompagnando le parole con ampi gesti afferma di chiamarsi Giovanni e di avere 54 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chiediamo di poter vedere la loro casa: prontamente ci dicono di sì. Saliamo sulla piccola altura di terreno ed entriamo in un’abitazione messa su con vari materiali, appoggiata da un lato sul muro del ponte. A terra ci sono delle scarpe e degli indumenti che Gabriela sta riordinando. «Scusate il casino – dice ridendo la donna mostrandoci la camera da letto– sto facendo un po’ di pulizia e non so dove mettere le cose». Gli sono tutti perfettamente in ordine, pieni di arazzi e coperte per far fronte alle notti gelide. Sarà il rosa degli esterni o il fantasioso contesto della situazione che ci fa sembrare di essere in una casa delle bambole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Abbiamo quattro figli e undici nipoti – continua la donna – ma vivono tutti in Romania. Quando vengono a trovarci li sistemiamo in queste stanze. Ho addirittura dei bambolotti per quando vengono i miei nipoti più piccoli. Questa la considero la stanza dei bambini, è quella più carina con gli specchi e una vera spalliera di legno». L’ultimo locale che ci fanno visitare è la cucina. I piatti e le pentole sono disposti in un angolo accanto a delle bottiglie di olio, alcune tazze e una caffettiera. C’è anche un piccolo fornello per cucinare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciamo dalla “casa” e non ci resta a questo punto che ringraziare Gabriela e Giovanni per l’ospitalità. Li salutiamo e ritorniamo in strada. E qui, alla luce del sole, capiamo di essere incappati per qualche decina di minuti in una “realtà parallela”, fatta di cunicoli e abitazioni costruite nel nulla. Ci sentiamo un po’ come Alice, dopo essere stata catapultata in un paese un po’ meno “meraviglioso”, ma altrettanto affascinante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo e Gabriella Quercia)


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Gabriella Quercia
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