di Katia Moro

Prendere in affido un piccolo immigrato, «anche se un giorno andrà via per sempre»
TARANTO – «Il desiderio di aiuto e accoglienza e non quello inconscio di adozione deve animare chi accetta di prendere in affidamento un minore profugo». Questo il convincimento di Claudia Tribbia, rappresentante legale del “Germoglio”, l’associazione di famiglie affidatarie di Taranto che ha sede presso la parrocchia di Santa Maria del Galeso e che dal 2008 si occupa di gestire l’affido temporaneo di minori immigrati in situazione di abbandono o di difficoltà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Spesso, come abbiamo raccontato in passato, è il Comune che gestisce comunità educative dove i piccoli immigrati possono trovare accoglienza, ma quando si è di fronte ad emergenze come quella che si è creata a Taranto negli ultimi due mesi, allora è necessario l’intervento dei “privati”, come appunto le famiglie che si raccolgono attorno al “Germoglio”. A partire dal 9 giugno sono infatti sbarcati a Taranto oltre 4mila immigrati provenienti da Nigeria, Gambia, Mali, Eritrea, ma anche Siria e Bangladesh. Da allora sino ad oggi si sono susseguiti ben otto sbarchi e con l’operazione “Mare Nostrum” sono stati salvati circa 1.164 profughi.  Tra questi centinaia di minorenni non accompagnati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Siamo un gruppo di circa 36 famiglie affidatarie che ha creato una rete con altre associazioni e con il Comune di Taranto per fronteggiare la difficile situazione di emergenza - ci racconta Claudia Tribbia -. Al momento ci son ben 80 minorenni giunti qui senza i propri genitori. Noi li raggiungiamo presso i centri di accoglienza dove vengono smistati appena sbarcati e collaboriamo con i servizi sociali e il Tribunale dei minorenni che valutano e decretano l’idoneità delle famiglie affidatarie».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Possono essere affidatari coppie di coniugi, ma anche non sposati, purché la relazione possa definirsi stabile e anche single. Non vengono richieste caratteristiche specifiche (a parte possedere un proprio reddito), se non quella di voler aiutare un minore, essere disposto ad accoglierlo con il suo vissuto, nell’assoluto rispetto della sua identità e personalità e con la consapevolezza che prima o poi rientrerà nella propria famiglia di origine. «Per questo l’affido non va confuso con l’adozione – sottolinea la responsabile  -. Noi comunque organizziamo corsi di formazione per operatori e famiglie affidatarie sulla cultura, abitudini, credenze religiose e usanze alimentari dei paesi da cui provengono i profughi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

 
L’affido ha la durata massima di un anno ma può anche essere prorogato, previo consenso del tribunale, se la famiglia originaria non è ancora in grado di riprendersi il proprio figlio in maniera stabile e sicura per il minore. Fondamentale è però che il ragazzino continui ad avere il più possibile contatti e rapporti, anche a distanza, con i propri genitori naturali. E’ previsto un contributo spese alla famiglia che prende in carico il minore che varia da comune a comune e che per quello tarantino equivale a circa 206 euro mensili. Ma se il Comune non ha fondi o, come è capitato proprio a Taranto, è in dissesto, non vengono erogati contributi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La disponibilità da parte delle famiglie è stata sempre piuttosto alta - ci racconta Claudia - ma in questa situazione di emergenza fronteggiare numeri così alti non è semplice. Soprattutto perché di solito viene offerta maggiore disponibilità ai bambini più piccoli, ma ora i minori che stanno sbarcando sono soprattutto ragazzi dai 14 ai 17 anni e questo crea qualche diffidenza in più. Per questo motivo abbiamo dovuto allargare il nostro raggio d’azione chiedendo disponibilità anche in altri comuni e ora stiamo ottenendo una forte collaborazione da parte di padre Angelo della chiesa di Santa Maria delle Vittorie a Bari. In realtà la diffidenza e le preoccupazioni spariscono non appena si entra in contatto con questi ragazzini che dimostrano immediatamente un’apertura e una docilità incredibili. Solo i ragazzini eritrei in genere dimostrano una ritrosia maggiore e tendono a scappare e a non farsi ritrovare, perché a questo vengono addestrati nel loro Paese d’origine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gabriella Blandamura assieme al marito ha preso in affido un ragazzo di 17 anni. «Accogliere un ragazzino che non è più oramai un bambino con la consapevolezza del momento del distacco è davvero un atto d’amore che supera ogni forma di egoismo – afferma la donna -. Io ho 33 anni e lavoro in un call center e mio marito 35 ed è impiegato presso l’Ilva di Taranto. Non abbiamo figli e siamo venuti a conoscenza della possibilità dell’affido per puro caso. Giunti nel campo di accoglienza siamo stati letteralmente catturati dal sorriso di questo ragazzino 17enne del Gambia. Abbiamo iniziato preliminarmente con qualche uscita in sua compagnia e poi siamo giunti all’affido. Oggi lui è perfettamente integrato nella famiglia e nell’ambiente circostante pur mantenendo uno stretto rapporto, anche se solo virtuale, con la mamma e la sorella. Gli stiamo insegnando a leggere e scrivere e organizziamo spesso partite di calcio perché è uno sport che ama molto. Gli piace anche partecipare alle serate di mio marito che per hobby si improvvisa deejay. Ma siamo consapevoli che prima se ne andrà e forse non lo rivedremo più».


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  • luciana trasatti - sono interessata ad accogliere un bambino.ho 62 anni 2 figli sposati e 4 nipoti.Ho esperienza nell'educare ed amare i bambini.Ho una casa grande e un bel giardino per poterlo ospitare
  • Giusy - Sono un insegnante di sostegno e mio marito e' avvocato non abbiamo figli e saremmo interessati all affido temporaneo di un minore.


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