di Federica Calabrese

Dal babà alla "tetta delle monache": ecco da dove derivano i bizzarri nomi dei dolci italiani
I loro bizzarri nomi derivano dalla loro forma, dalla loro storia o dalla loro particolare “funzione”. Parliamo di dolci, nella fattispecie di quelli della tradizione italiana. Squisitezze zuccherose che raramente prendono i propri appellativi dagli ingredienti con cui sono fatti, ma che al contrario rimandano a dominazioni straniere, a errori di cottura o a “invenzioni afrodisiache”. Siamo andati alla scoperta dei più curiosi. (Vedi foto galleria)

Babà – Il suo nome proviene dal polacco babka ponczowa, ovvero “torta di punch”. Perché nonostante il babà sia associato a Napoli, le sue origini sono tutt’altro che campane. L'inventore fu infatti il consuocero di re Luigi IV, il polacco Stanislas Leczynski. Lui, in preda a uno scatto d’ira, scagliò il tipico kugelhupf (a base di farina, burro, zucchero, uova e uva sultanina), contro una bottiglia di rhum aperta. Questa rovesciandosi bagnò completamente il dolce conferendogli una consistenza spugnosa e più saporita. A Napoli il babà arrivò solo nell'800 e fu qui che i pasticceri locali gli diedero la caratteristica sagoma del fungo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Baci di Dama - Le due calotte di pasta frolla e mandorle tostate, unite da un sottile strato di cioccolato, paiono proprio due labbra intente a baciarsi. Da qui l’appellativo di “baci di dama” per questi dolci che nacquero nella Tortona ottocentesca, in un ambiente cortese frequentato appunto da nobili signore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cartellate - Non c’è Natale in Puglia senza le carteddate. Il nome di questi nidi di massa fritta deriverebbe dal greco κάρταλλος" (cesta o paniere) o dall’onomatopeico “incartellare”, riferito alla pratica di accartocciare più striscioline sottili per andare a creare quella che, nella forma, rimanda alla corona dei re magi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cassata - Con il suo caratteristico colore verde chiaro e la classica amarena rossa sulla sommità, la cassata è tipica della tradizione siciliana. A base di ricotta di pecora, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero, deve il suo nome al latino caseum (ovvero il “formaggio”, ingrediente chiave della farcitura) e all’arabo qas’at, cioè “bacinella”, data la sua forma a coppa rovesciata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Coda di aragosta - Si tratta di una variante della sfogliatella riccia napoletana, ma più grande e allungata da sembrare appunto il carapace di un’aragosta. Nacque dalla sperimentazione di un pasticcere napoletano che volle utilizzare lo stesso “scheletro” del dolce sfogliato partenopeo, ma variandone la forma e il ripieno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Crema Diplomatica – Detta anche “chantilly all’italiana” è ottenuta dall’unione di panna montata e crema pasticcera. Il termine arriva dal greco diploma, ovvero “cosa raddoppiata”. Da qui anche il nome dei “diplomatici”, pasticcini farciti con questa zuccherosissima bontà.  

Mimosa - Il suo colore giallo paglierino e i suoi “petali” di pan di Spagna adagiati sulla superficie sono i connotati che conferiscono a questa torta l’appellativo peculiare che rimanda appunto al fiore. E non è un caso. L’inventore Adelmo Renzi, cuoco rietino, partecipò e vinse nel 1962 una competizione culinaria a Sanremo presentando questo dolce bagnato con liquore e succo di ananas pensato proprio per omaggiare la città dei fiori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Occhi di bue - Che il loro ripieno “a vista” sia a base di marmellata di albicocche, di nutella o crema di pistacchio, questi biscotti forati al centro non possono mai mancare in una pasticceria. Sono nati in Svizzera, dove gli spitzbuben (letteralmente “bambini monelli”) erano i tipici biscottini natalizi di frolla che i più piccoli “rubavano” non appena venivano sfornati. La tradizione fu poi trapiantata in Alto Adige dove si iniziò a chiamare i dolcetti “occhi di bue”, in quanto ricordavano il bulbo oculare del grosso mammifero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sporcamuss – Una squisitezza “made in Bari” fatta di friabili quadratini di pasta sfoglia con cui è impossibile non sporcarsi il mento (“muss” in dialetto). E questo a causa del ripieno di crema pasticcera molto caldo (che non facilita certo il boccone) e il “volatile” strato di zucchero a velo che ricopre il dolce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tetta delle monache – Si tratta di gusci sofficissimi di pan di spagna colmi di una generosa dose di crema diplomatica. Prodotti tipicamente nell’Alta Murgia, devono la loro forma particolare, così come il loro nome, a una leggenda che ci riporta nell’antico convento di Santa Chiara di Altamura. Qui infatti una monaca commise un errore durante la preparazione del pan di spagna che così assunse, dopo la cottura, una sagoma leggermente appuntita somigliante appunto a quella di un piccolo seno femminile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tiramisù – Il trevigiano Tiramisù fu inventato nell’800 da una maitresse di una casa di appuntamenti proprio per “tirare su” i clienti in vista della serata amorosa a cui sarebbero andati incontro. Una sorta di viagra ante litteram quindi, i cui poteri afrodisiaci derivano da un composto di ingredienti particolarmente energetici quali uova, zucchero, savoiardi, mascarpone, caffè e cacao.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Zuppa Inglese - A dispetto dell’aggettivo che l’accompagna, la zuppa inglese è italianissima. Nata in Emilia-Romagna, prevede due strati alternati di pan di Spagna imbevuti di alchermes, crema al cacao e crema pasticciera. Un legame con l’Inghilterra però c’è e risale al XVI secolo, quando alla corte degli Estensi a Ferrara i pasticceri cercarono di produrre un’alternativa personale al trifle inglese, tipico dolce di “recupero” degli avanzi di un pranzo britannico. Fu allora che l’originaria pasta di pane venne sostituita con la bracciatella, una specie di ciambellone, mentre la pasticciera e il cioccolato andarono a prendere il posto della panna della ricetta inglese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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