di Mattia Petrosino - foto Valentina Rosati

Bari, dalla Taurus 19 alla Bianchi del 1926: la storia di Michele e delle sue biciclette d'epoca
BARI – C’è la “Umberto Dei” del 1939 con i suoi particolari freni a bacchetta, la lussuosa “Bianchi S bis” del ‘26 con la rarissima gemma catarifrangente a melograno in vetro, ma anche la “Taurus 19” del 1951 che spicca per i pedali a sei gommini ricurvi. Sono alcune delle biciclette d'epoca del 51enne barese Michele Paparella, che da due anni acquista, restaura e colleziona vecchie “due ruote”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In questo modo è arrivato a possedere ben 25 biciclette, conservate in un locale in via Ravanas che si sta affrettando ad attrezzare, con l’obiettivo di trasformarlo in una sorta di museo. Nel frattempo ha creato una pagina Facebook (“Ladri di biciclette”) dove pubblica foto e descrizioni dei suoi cimeli, proponendosi come punto di riferimento per gli ammiratori del settore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo quindi andati a trovarlo nel suo laboratorio di via Crisanzio, sede in cui svolge il mestiere di orafo e dove tiene esposti tre dei suoi veicoli da collezione. (Vedi foto galleria)

Michele ci spiega subito da dove è nata la sua passione. «Tutto è partito dall’emozione scaturita dopo aver visto il bellissimo “Ladri di biciclette”, film che vede come protagonista proprio una due ruote – ci racconta –. In quei giorni avevo intenzione di comprarmi una bicicletta moderna, ma dopo aver ammirato il capolavoro di De Sica decisi di prendermene una antica. È così che ho scoperto questo “mondo” fatto di estimatori che restaurano gioielli senza tempo. Da allora non mi sono più fermato e ho cominciato a scovare pezzi di pregio in tutta Italia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Paparella si è messo quindi alla ricerca di biciclette d’antan, procurandosele da altri collezionisti o da privati che le avevano ereditate da nonni e bisnonni. Ad attrarlo sono l’eleganza e la leggerezza, oltre alla loro pedalata silenziosa e leggera che permette al ciclista di non compiere quasi alcuno sforzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad esempio l’esperto ci mostra una “Umberto Dei” modello “Marca Oro A” di colore nero. «Al contrario delle bici moderne, pesanti e impegnative da condurre, questa ha una pedalata quasi “automatica” – spiega –. In più ha la particolarità di avere i cosiddetti freni a bacchetta, che agiscono dal basso verso l’alto, andando a toccare la parte interna del cerchio e agendo così in maniera morbida ed elastica».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La bicicletta è stata comprata a Parma e restaurata per 1200 euro dalla ciclofficina Soncini. «È l’ultima arrivata – afferma –. Si tratta di un esemplare molto elegante del 1939 che prende il nome dall’artigiano e ciclista che inventò la cosiddetta “bici perfetta”. Da notare il notevole gruppo luce Magneti Marelli con fanale “a cipolla” e dinamo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro sguardo si sposta poi su una piccola vetrina al cui interno sono presenti pezzi d’epoca tra cui due “fortunelli” degli anni 40-50. Questi ultimi venivano montati sul parafango anteriore e avevano lo scopo di favorire la buona sorte. Il primo è a forma di razzo, mentre il secondo rappresenta un’aquila imperiale, retaggio della cultura romana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Notiamo anche un fanale degli anni 40 dalla forma ogivale e dei pedali consumati dal tempo. «Mi servono per completare le bici – spiega Paparella –:  alcuni pezzi a volte mancano, così me li procuro originali, della stessa epoca della bicicletta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Intanto il “ladro di biciclette” ci fa ascoltare il suono squillante di un campanello in bronzo cromato della Bianchi, la fabbrica di bici più antica al mondo, di cui Michele possiede un esemplare del 1926.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«È una Bianchi S bis che ho comprato da un collezionista di Trani – racconta –. Salta subito agli occhi il grande carter nero composto da due gusci sovrapposti che riprende l’estetica di quel periodo. All’epoca era sinonimo di lusso, basti pensare che ci volevano tre stipendi per acquistarla».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Veniamo poi colpiti dalla gemma catarifrangente a melograno in vetro posizionata sul parafango posteriore bianco, un colore che fu imposto negli anni 40 per dare visibilità notturna e per permettere di circolare di sera. Caratteristici sono anche i pedali a dente di sega che recano traforata la B di Bianchi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Poi, mostrandoci delle fotografie, l’amatore ci parla di altre tre biciclette marchiate Bianchi conservate nel suo deposito. C’è la “Scettro” del 1939, una bici estremamente rara perché si compone di due tonalità di grigio, all’epoca un colore extra serie a pagamento. Poi ecco la verde “Montebello” del 1946, che rappresenta un esempio dello stile americano che si rifaceva alle biciclette cosiddette “cruiser”. E infine una “Rosa” del 1939.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Quest’ultimo è un modello femminile – sottolinea –. La differenza principale che la distingue dalla maschile è il telaio aperto e arcuato. Particolare è anche la rete paraveste rossa che evitava alle gonne delle signore di impigliarsi nei raggi della ruota posteriore».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Prima di andar via, Paparella ci fa ammirare il suo terzo gioiello, acquistato a Milano: la Taurus modello 19 Lautal del 1951, con la sua eleganza e “nudità”. Infatti, una delle peculiarità che ha reso famoso lo storico marchio italiano è che i freni a bacchetta sono interni ai tubolari del telaio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di una certa raffinatezza sono anche il fregio in ottone a rilievo con il marchio della Taurus, il patacchino del manubrio realizzato con vividi smalti a fuoco, i pedali a sei gommini ricurvi dove è possibile notare la consumata “T” e il gruppo dinamo-luce Bosch a forma ogivale che conserva ancora la sua originale cromatura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questa e le altre biciclette, come detto, andranno a far parte di un sorta di museo che verrà realizzato nel quartiere Libertà. «È un modo per rendere omaggio a quello che è stato il primo mezzo di trasporto dopo il cavallo – conclude Michele –, oltre a un’occasione per consolidare la cultura delle due ruote anche nella città di Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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