di Marianna Colasanto - foto Sonia Carrassi

Coppole, bombette e "borsalino": la storia dei cappelli e delle antiche cappellerie di Bari
BARI - Il Borsalino di Humphrey Bogart, il copricapo in paglia di Rossella O'Hara, la coppola di Sandro Pertini. Sono alcuni celebri esemplari di un accessorio dalla storia millenaria: il cappello, capo d'abbigliamento che seppur non più “d’obbligo” come una volta, è riuscito ad attraversare le mode assumendo le forme più fantasiose. Un'epopea che abbiamo voluto raccontare visitando le due antiche cappellerie di Bari: "L'angolo del cappello" e la "Gaudioso". (Vedi foto galleria)

La prima è attiva in via Principe Amedeo 137, nel quartiere Murat. Si trova qui dopo un trasloco effettuato nel 2014: fu infatti aperta 60 anni fa in via Piccinni sotto l'insegna "Signorile", dal cognome del fondatore. Dal 1999 però a gestirla è il 70enne Enzo Manduca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La vetrina posta all'ingresso rivela subito una miriade di accessori: a sinistra notiamo quelli da uomo, dai colori più scuri e a destra i più estrosi prodotti femminili. Una divisione che si ripete all'interno del negozio, con i soli quadrettoni a spezzare la seriosità maschile e l'eccentricità della donna esaltata da motivi floreali, fiocchi e pezzi di bigiotteria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Un tempo le signore indossavano copricapo molto vistosi e solo in occasioni importanti o per le passeggiate domenicali - sottolinea Manduca -. Oggi cercano invece modelli per la vita di tutti i giorni: qui dispongo di berretti con la pelliccia e baschi dipinti a mano molto richiesti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo aver dato un'occhiata al reparto ideato per i più piccoli ci rechiamo nella zona del negozio più elegante, quella dei cilindri: ne notiamo uno nero e uno grigio, esposti con cura dietro a una piccola composizione vegetale. Sulla parete vicina ce n'è un altro dal grande valore affettivo che pende da un quadro: è quello appartenuto al nonno della moglie di Manduca. Risale addirittura al 1910.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lasciamo Enzo per dirigerci verso il secondo emporio, il "Gaudioso" di corso Vittorio Emanuele 5, alle porte di Bari Vecchia, quartiere in cui venne inaugurato nel lontano 1886 da Domenico Gaudioso. Nel 1901 avvenne lo spostamento nella sede attuale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

É oggi gestito da due discendenti del fondatore, la 51enne Elena e la 46enne Cecilia, che portano lo stesso cognome del loro avo e controllano anche un secondo esercizio avviato 23 anni fa in via Putignani. Sull'insegna campeggia la scritta "Borsalino", il marchio concessionario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E ovviamente buona parte della merce esposta proviene proprio dalla storica azienda di Alessandria. All'interno dell'attività abbondano infatti gli iconici cappelli in feltro incavati sotto la corona, quelli indossati da personaggi come Federico Fellini e Francois Mitterand e apparsi in diversi film tra cui proprio “Borsalino” interpretato da Alain Delon e Jean-Paul Belmondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non mancano comunque altre tipologie come l'elegante ed impermeabile Stetson, il raffinato cilindro, l'alpino con l'immancabile piuma e il diplomatico a falda corta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma oltre ai coloratissimi scaffali a spiccare ci sono altri oggetti. Tra questi un macchinario bordeaux composto da un quadrante, sul quale sono indicate tutte le lettere e le abbreviazioni di alcuni titoli professionali. «Risale al 1920 e abbiamo smesso di utilizzarlo una ventina di anni fa - spiegano le sorelle -. Serviva per imprimere le iniziali del proprietario sul cappello, in modo tale che potesse essere riconosciuto con facilità: un tempo nei luoghi di aggregazione era facile che i copricapo fossero molto simili».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un altro marchingegno in pietra, tuttora in uso, attira la nostra attenzione. «Serve per stirare, sterilizzare e modificare il cappello per plasmarlo su misura del cliente - evidenzia Cecilia -. La manutenzione è fondamentale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La donna mette in funzione l'apparecchio e usa come "cavia" una feluca, che fino agli anni 70 si regalava alle matricole universitarie per augurare una brillante carriera accademica. «Ad ogni facoltà era abbinato un colore - aggiunge Elena -, per esempio rosso per gli studenti di Medicina e blu per i colleghi di Giurisprudenza. Per ogni esame superato si usava aggiungere un ciondolo: poi, nel giorno della laurea, veniva appeso il tappo dello spumante portato per i festeggiamenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Continuiamo a esplorare la bottega, ammirando il cilindro del bisnonno Domenico, realizzato nel 1870 e altri esemplari decisamente più moderni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Certo, non è più come una volta, quando l’uomo non poteva uscire senza cappello - prosegue Elena -, ma ogni decennio ha comunque avuto le sue tendenze. Oggi vanno molto i copricapo irlandesi a falda larga e schiacciati ai lati come quello portato da Sean Connery nel film "Gli intoccabili" e dai protagonisti della serie tv "Peaky blinders". Anche se la maggior parte dei clienti preferisce i più normali zuccotti, baschi in lana e colbacchi in pelliccia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ai vip sono però legati alcuni degli aneddoti finali snocciolati da Elena. «Qui da noi il presidente Sandro Pertini ha comprato una coppola, così come Edoardo De Filippo - racconta la 51enne -. Carlo Giuffrè acquistò invece un danese ideato da mio padre sulla base di quelli indossati dai marinai della Danimarca, mentre Renato Zero scelse una bombetta nera».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ma la richiesta più particolare - conclude la signora - la ricevemmo nel 1994, da parte di Giulio Andreotti. Il politico si presentò assieme alla scorta un lunedì mattina, con il negozio chiuso. Il suo cappello era stato infatti sporcato dalle uova lanciate da qualche contestatore e aveva bisogno di cambiarlo. Lo servì mio padre Stefano, vendendogli un pregiato borsalino di 350mila lire: il pezzo più pregiato che avevamo a disposizione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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