di Angela Carrassi

Bari, la storia del 97enne Vincenzo: fu il "macellaio del re" durante la Guerra
BARI - Gli orrori di una lunga guerra, la fame, la lealtà verso la donna amata. Sono gli "ingredienti" dei racconti del 97enne barese Vincenzo Calabrese (nella foto), testimone privilegiato di un avvenimento che ha fatto la storia dell'Italia: la fuga a Brindisi del re Vittorio Emanuele III, del quale l'anziano fu il macellaio di fiducia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per immergersi in quel contesto drammatico è necessario tornare al 1943, nel pieno del secondo conflitto mondiale. É l'8 settembre quando viene reso noto l'armistizio di Cassibile, l'accordo con cui il Regno d'Italia pose fine alle ostilità contro gli Alleati, inaugurando in pratica la resistenza al nazifascimo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il giorno dopo, temendo una rappresaglia dell'esercito tedesco, il sovrano sceglie di lasciare Roma in fretta e furia. Assieme alla famiglia, al capo del governo Badoglio e ad alti rappresentanti delle istituzioni si rifugia così nella città salentina. Ed è qui che Calabrese, all'epoca 20enne e componente della sussistenza militare locale, viene incaricato di fornire ottima carne ai reali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nonostante le ristrettezze imposte dalla guerra - ricorda il nonno – venni scelto per macellare vitelli di grande pregio. Fu deciso che sarebbero stati destinati esclusivamente al re e ad altre importanti cariche giunte dalla Capitale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma mentre ci si organizza per preparare i pasti al monarca, tra le vie si respira aria di enorme tensione. Per qualche giorno le truppe italiane rimangono infatti disorientate: i soldati tedeschi, fino a poche ore prima considerati fuoco "amico", erano diventati di colpo nemici da abbattere. E in altre città della Penisola, vedi Barletta, i nazisti avevano cominciato a compiere feroci vendette, anche contro i civili. «Camminare per strada era pericoloso - evidenzia Vincenzo -. Il rischio di ritorsioni da parte degli ex alleati era altissimo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma Brindisi per fortuna viene risparmiata da fatti di sangue. «Qualche giorno dopo l'8 settembre un plotone della Marina italiana passò davanti alla caserma tedesca presente in città - sottolinea l'anziano -. Con grande timore se ne avvicinò anche un secondo, ma non vi fu alcuna reazione: segno che gli uomini di Hitler erano fuggiti dalla città».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La ritirata dei nuovi rivali riportò un po' di calma e soprattutto vitali scorte di cibo. «Per le persone comuni la peggior paura era la fame - continua Vincenzo -. Io stesso, ogni due fine settimana, tornavo a Bari per portare un po' da mangiare ai miei cari: lo facevo anche senza permessi, di nascosto, conscio di poter essere scoperto e accusato di diserzione. Gli Alleati però fortunatamente arrivarono con inestimabili quantità di carne in scatola, roba mai vista dalle nostre parti. Era di bassa qualità e per questo non potevo certo darla ai reali, ma per la popolazione fu un sollievo. Affluirono anche sacchi di farina: a differenza di quelli italiani, fatti di carta, erano in tela, prontamente riutilizzata per realizzare biancheria intima femminile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E tra tante privazioni trovarono spazio belle vicende umane. «Non ricordo più il nome del mio comandante - confessa commosso il 97enne - ma mi ha sempre aiutato in tutto, specie nel trovare riparo durante i bombardamenti. Per non parlare di alcune famiglie conosciute sul posto: mi trattavano come un parente, anzi spesso mi proponevano le loro figlie per un matrimonio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Offerte però puntualmente rifiutate. «Avevo la fidanzata che mi aspettava a Bari - rivela il nonno - la stessa che al termine della guerra ho sposato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La storia si conclude nel 1946, quando a conflitto finito Vincenzo torna a casa e mette su famiglia. Lavora per qualche anno al mattatoio comunale e poi decide di aprire un negozio tutto suo: la macelleria Calabrese, in viale Salandra, nel quartiere Picone. Una rivendita che passata di generazione in generazione è tuttora attiva, grazie ai sacrifici del suo fondatore: il "macellaio del re".


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  • Vitangelo - Bellissimo articolo, scrittura coinvolgente che rende i lettori partecipi degli avvenimenti narrati dai ricordi di un testimone lucido nei ricordi nonostante la veneranda età. Aiuta a non dimenticare e ad evitare ai giovani di oggi un futuro con un fascismo che tanto ha segnato in negativo la storia italiana. Vivissimi complimenti alla narratrice Angela Carrassi per la proprietà del linguaggio e la veridicità di quanto esposto. Vitangelo Triggiani


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