L'Associazione nazionale tumori: «Poco considerati, ma restituiamo dignitą alla vita»
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martedģ 13 febbraio 2018
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di Marianna Colasanto
Si tratta del più grosso “erogatore” di cure palliative in Puglia, destinate a quei pazienti che pur non potendo guarire dal cancro, hanno diritto a trascorrere gli ultimi giorni della propria vita in maniera più confortevole possibile. Per questo vengono sottoposti a terapie e trattamenti utili perlomeno ad allieviare il dolore fisico e i sintomi correlati alla malattia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo incontrato la dottoressa Provenzano nella sede dell’Ant barese (anche sede regionale) di via De Amicis 45 (nella foto).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In che cosa consiste l’attività dell’Ant?
Operiamo nel credo dell’eubiosia, seguendo il concetto della dignità della vita dal primo all’ultimo respiro. Eroghiamo quindi cure palliative (dal latino pallium, mantello che protegge), che aiutano il paziente a sopportare il dolore. Farmaci che possono essere somministrati anche tra le mura domestiche, secondo il principio dell’ospedale domiciliare.
Ovvero?
È l’ospedale che va a casa del paziente e non il contrario, con il vantaggio di poter essere curato avendo affianco i propri affetti. Molto spesso quando entriamo per la prima volta nell’abitazione di un malato troviamo situazioni disastrose, sfilacciate: cerchiamo quindi di recuperare la trama di un tessuto, “ricucendolo”. Per questo motivo oltre alle medicine è importantissimo il supporto psicologico al paziente e alla famiglia, i cui membri vengono guidati negli aspetti etici, religiosi e clinici. Perché dirsi addio è difficile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma nelle strutture ospedaliere non sono previste le cure palliative?
Purtroppo questo tipo di cura non fa parte della cultura medica. Basti pensare che solo qualche giorno fa il pallium è stato integrato negli insegnamenti delle facoltà di Medicina e Chirurgia, anche se solo come tirocinio. Prima il professionista che voleva specializzarsi in questa branca lo faceva in modo individuale, magari seguendo dei master specifici. Di fatto la mentalità del palliare non esiste, perché i dottori sono formati secondo il concetto della “vita per sempre”, del salvare sempre e comunque. Ma alcune volte si sfocia nell’accanimento terapeutico, quando invece bisognerebbe solo pensare al benessere psicologico dei pazienti. Probabilmente per gli oncologi è difficile ammettere il “limite del proprio fare”. Di conseguenza siamo poco considerati: spesso le strutture ospedaliere nemmeno segnalano la presenza di realtà come la nostra, che agiscono più che altro grazie al passaparola tra conoscenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A Bari da quanto tempo siete attivi?
Dal 2001. La fondazione nasce però a livello nazionale nel 1978 grazie all’idea avanguardistica di Franco Pannuti, oncologo dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Oggi in tutta Italia aiutiamo più di 16mile persone, di cui 3mila sono pugliesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come vi finanziate?
I pazienti chiaramente non pagano nulla. I fondi arrivano dalla Regione e dal Sistema sanitario nazionale, che solo nel 2015 ha riconosciuto l’importanza del nostro servizio. Prima tutte le entrate erano il frutto di donazioni di privati (ad esempio attraverso il 5x1000), che a onor del vero ancora oggi rappresentano la fetta più importante dei finanziamenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Riuscite in questo modo a coprire tutto il territorio pugliese?
No, restano fuori dalla nostra area d’intervento paesi come Altamura e Gravina. Al Sud purtroppo le donazioni sono più carenti rispetto al Nord.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La vostra sede è piena di lettere di ringraziamento per ciò che fate…
Sì, sono in tanti coloro che ci fanno sentire importanti. Vi voglio raccontare un aneddoto. C’era una paziente che era stata bollata come “condannata a morte”, non più salvabile. Noi però tramite le cure palliative siamo riusciti perlomeno a farla sentire meglio. Così lei ha deciso di ringraziarci donandoci una Madonna ricamata con l’uncinetto. Ha ripreso così l’ago in mano, ha lavorato e ha creato. E per un attimo è stata ancora vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui il sito internet dell’Ant
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Scritto da
Marianna Colasanto
Marianna Colasanto