di Mariavittoria Scoditti Epicoco

Boccali in stile liberty, ricette dell'800, antichi fermentatori: è il
BRINDISI - Boccali in stile liberty, litografie e calendari d’epoca, fermentatori di cento anni fa e la possibilità di assaggiare una bevanda prodotta seguendo una ricetta dei primi del 900. Queste sono solo alcune delle chicche presenti nel “museo della birra”, aperto da poche settimane sul lungomare Regina Margherita di Brindisi. (Vedi foto galleria)

«Siamo dei “cultori” di questa bevanda e avevamo voglia di celebrarla», ci spiega il 52enne Angelo, professore d’informatica che assieme al suo socio Giuseppe ha deciso di intraprendere quest’avventura . «E’ anche un modo per far conoscere la storia di Brindisi, da sempre intrecciata a quella della “bionda” – continua -. Basti pensare che già i Messapi, popolazione illirica presente su questo territorio secoli fa, consumavano birra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Del resto anche il luogo scelto per aprire il museo non è casuale. Si trova in un’armeria templare risalente al 1100 situata di fronte a un pavimento fatto di pietre nere e levigate: sono lì a ricordare il passaggio dell’Indian Mail (la Valigia delle Indie), un treno che dal 1874 fino al 1914 ha trasportato da Londra viaggiatori, beni e posta. I vagoni si fermavano qui per permettere l’imbarco sulle navi dirette a Bombay e tra le merci non mancavano mai delle botti di birra. 

«I fusti – afferma Angelo – erano aperti prima del viaggio e al liquido venivano aggiunti dei conservanti naturali come luppolo e zucchero, utili per affrontare la lunga traversata. Qui si trovavano diversi  mastri artigiani bottai che svolgevano questo lavoro di “riluppolamento”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Attraverso un’entrata a forma di arco, ci introduciamo quindi nel museo, dove è possibile ripercorrere la storia della mitica bevanda grazie a dei pannelli illustrativi. Tra le tante curiosità rimaniamo meravigliati nell’apprendere che i templari ne erano gran bevitori perché potevano consumare vino solo la domenica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


La storia della Valigia delle Indie è ben raccontata attraverso cartoline di inizio 900 che mostrano le botti in attesa di essere aperte, con un’edizione originale della rivista Illustrazione Italiana del 1902 dedicata proprio a Brindisi e grazie le testimonianze di personaggi illustri che hanno compiuto questa traversata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Su entrambi i lati della stanza si susseguono teche con all’interno tanti oggetti legati al mondo “alcolico”. Accanto a bicchieri di fine 800, ci sono caraffe di inizio secolo da cui si spinava direttamente la birra nei fusti, per poi portarla sulla tavola. E poi numerosi boccali prodotti dall’industria ceramistica tedesca agli inizi del 900: sono decoratissimi e in stile liberty. Il signor Angelo ne tira fuori uno, fa ruotare un ingranaggio sul tappo, e fa partire una melodia.  L’oggetto funge infatti anche da carrillon.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Abbiamo scritto a collezionisti privati e musei e ci sono arrivati diversi pezzi – sottolinea il professore -. Uno lo abbiamo avuto in prestito persino dal British Museum: è quello disegnato da Paul Wynand, artista facente parte dello jugenstil, lo stile liberty tedesco. Ci sono voluti mesi e mesi di ricerca, ma siamo contenti di aver raccolto tanto materiale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra gli oggetti sono presenti anche un fermentatore e un bollitore del 1900 provenienti da una collezione privata tedesca. Notiamo poi che nelle teche sono conservate litografie e calendati di fine 800/inizio 900 su cui sono scritte varie ricette di birra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Una, quella di un’antica “ipa” (uno stile molto luppolato, dall’amaro persistente e con note agrumate) ce la siamo fatta produrre da un birrificio brindisino - conclude Angelo -.  Abbiamo poi fatto la stessa operazione con altri due tipi di bevanda (una chiara e un’ambrata) prodotte in Germania agli inizi del 900. E così sono nate le nostre “birre del museo”, che naturalmente è possibile sorseggiare qui, dove un tempo anche i templari trangugiavano litri di “cervogia”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Antonio Caradonna e Giuseppe Magistrale)


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