Capurso e vecchi merletti: «Lavori venduti in tutta Italia grazie agli "sgammìtte"»
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martedì 16 maggio 2017
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di Luca Carofiglio
Si trattava di un'occupazione che affondava le radici nel "decennio francese", il periodo di inizio 800 in cui il dominio dei Borboni nel sud Italia fu spezzato temporaneamente dall'arrivo dell'esercito napoleonico. «L'allora sovrano Giuseppe Bonaparte, fratello del famoso imperatore - racconta Gino Pastore, esperto di storia locale - ordinò infatti che nelle scuole dei territori conquistati le fanciulle imparassero l'arte della tessitura».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le ragazze capursesi assorbirono perfettamente le nozioni dù cr’scét, cioè dell'uncinetto e nonostante la precoce fine dell'esperienza francese le tramandarono alle loro discendenti. «Le tecniche apprese non furono fini a sè stesse - prosegue Gino -. Ben presto prese piede una fiorente fabbricazione di centrini, tovagliette, tende e orli per asciugamani e lenzuola: di solito erano realizzati e venduti dalle donne meno abbienti per portare qualche soldo in più in famiglia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La specializzazione nel mestiere fu tale che Vito Lonero, figlio di un importante imprenditore di pizzi del posto, si convinse nel 1914 ad aprire addirittura una fabbrica di merletti a Manchester, in Gran Bretagna. Il grosso della produzione rimase però sulle spalle delle operaie di Capurso, spesso sottopagate. «Qui i manufatti venivano acquistati a cifre irrisorie dagli “sgammìtte” - continua Pastore - ossia i venditori ambulanti che appunto "sgambettavano" di città in città per rivenderli a prezzi molto più alti. Dagli anni 50 in poi molti di loro fecero affari d'oro nel periodo estivo sulle spiagge di Rimini e Jesolo, affollate da turisti stranieri». (Vedi foto galleria)
Tra le artigiane spiccava Maria Concetta Egidio che, prima della sua morte avvenuta quattro anni fa all'età di 108 anni, era la più anziana merlettaia d'Italia. Ma ce ne sono anche altre ancora in vita dotate della sua stessa maestria: per esempio l'83enne Antonia Mariella. (Vedi video)
L'anziana ci accoglie nella sua abitazione mostrandoci subito le sue creazioni più belle: un pizzo circolare che ben decora un cuscino turchese, una striscia di tessuto rettangolare con figura "a gabbia" e una lunga serie di centrini, centrotavola e sottobicchieri. Alcuni sono "a filet", cioè quadrettati. C'è persino un merletto circolare che adorna una colonnina di legno sormontata da un'icona religiosa e alcuni fiori. E infine il suo "capolavoro": uno dei copriletti realizzati per il corredo di una delle sue cinque figlie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Avevo 10 anni quando mia madre cominciò a insegnarmi i segreti dell'uncinetto - racconta la signora -. Dopo essermi sposata trascorsi 20 anni in Sardegna, per poi tornare nel mio paese d'origine nel 1971. Da allora iniziai a dedicarmi con costanza ai pizzi, ma di nascosto: mio marito infatti era contrario perchè diceva che mi sarei rovinata gli occhi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Non si guadagnava granchè - continua la vecchietta -. Lavorando 12 rocchetti, ossia quei cilindri attorno ai quali è inizialmente avvolto il cotone, ricavavo appena 50mila lire: erano gli “sgammìtte” a compiere i veri affari. E alla fine proprio come aveva previsto il mio consorte la mia vista è peggiorata: oggi non riesco a creare più niente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
D'altronde da almeno due decenni impegnarsi nei merletti non conviene più. «Diverse industrie, soprattutto cinesi - sottolinea la figlia Gina – sono nate negli anni 90 fabbricando una quantità enorme di prodotti, impiegando meno tempo e con costi contenuti. Una concorrenza spietata contro la quale non abbiamo potuto far nulla. Solo nel chiostro della Basilica di Santa Maria del Pozzo resiste un emporio la cui merce è costituita da tessuti ricamati dalle signore di Capurso. La verità è che questa abilità non è redditizia e perciò non verrà più tramandata di generazione in generazione come successo dall'800 in poi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra le ultime depositarie del mestiere c'è anche l'85enne Vincenza. «Ho iniziato a tessere all'età di 7 anni sotto la guida di mia madre - rammenta l'anziana - poi da adulta anch'io ho lavorato per conto di alcuni commercianti attivi nei posti turistici del nord Italia. L'arrivo dei cinesi purtroppo ci ha "stroncati"».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra una chiacchiera e l'altra le sue mani segnate dalle rughe si muovono veloci e danno vita a delle rose di cotone. «Il lavoro di una vita si è così trasformato in un passatempo - conclude l'arzilla vecchietta -. Vado avanti per passione, per portare avanti la tradizione di un intero paese. Se vi va, datemi un rocchetto: vi farò un bel regalo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica di Antonio Caradonna e Luca Carofiglio)
Nel video (di Gianni de Bartolo) il nostro incontro con la merlettaia Antonia Mariella:
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio
I commenti
- nick45 - Dal 1973 al 2008 ho vissuto a Capurso, guarda caso abitavo di fianco il papà ed i nonni di Checco. Passeggiavo nei vicoli e strade di Capurso col carrozzino con dentro mio figlio di circa 1 anno e vedevo queste donne, ragazze ed anziane, fuori ad ogni abitazione che lavoravano di uncinetto, molto abili nei movimenti, le paragonavo alle donne di Bari vecchia alla lavorazione delle orecchiette. Durante queste passeggiate i nostri sguardi si incrociavano e le vedevo bisbigliare e ridacchiare, io rispondevo con un sorriso. Dopo anni, nei primi anni 90, ho saputo da una di quelle signore, il perché di quei bisbigli e risatine: non avevano mai visto un papà da solo a spasso col figliolo in carrozzino, si era a metà degli anni 70. Oggi son pochi a continuare quell'arte.