di Katia Moro

Lecce, la tipografia dove si stampa ancora con i caratteri mobili
LECCE – Caratteri mobili, odore di inchiostro, macchine che si muovono a pedale o facendo girare manualmente una ruota: nella “Tipografia del commercio” di Lecce, il tempo sembra essersi fermato e ancora oggi si stampa come se l’avvento della produzione seriale e industriale non fosse mai sopraggiunto. A compiere il sortilegio è il 76enne leccese Alberto Buttazzo, figlio d’arte nel campo della tipografia: segue le orme dei suoi predecessori, quelle del nonno Umberto e del padre Antonio, numi tutelari della stampa salentina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo in via dei Perroni in pieno centro storico, nei pressi della barocca chiesa di San Matteo. Oltrepassato l’ingresso sormontato dall’insegna annerita del secolo scorso, ci si imbatte in un locale al pian terreno dalle alte volte e dalle possenti mura cinquecentesche che trasuda storia e arte da ogni angolo. Dai muri pendono manifesti e locandine di grande formato che annunciano a caratteri cubitali opere liriche e spettacoli cinematografici novecenteschi, mentre fanno bella mostra di sé nella sala antichi macchinari per la stampa e cassettiere lignee che racchiudono come uno scrigno prezioso i metallici caratteri mobili (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutto ha inizio quando Umberto Buttazzo, il “proto” della stamperia del barone Giurdignano, come si usa dire nel lessico tipografico, cioè il capo operaio incaricato della distribuzione e dell’ispezione generale, nel 1926 sostenuto dal figlio Antonio si decide a creare una propria tipografia denominata “La teatrale”, con sede in via Dei Conti di Lecce. Già il nome scelto chiarisce bene in quale campo i due decidono di specializzarsi: la produzione di manifesti e locandine di spettacoli e concerti e in particolar modo quelli del tenore concittadino famoso in tutto il mondo, Tito Schipa, di cui Antonio è grande amico e profondo conoscitore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Alla morte di nonno Umberto prende definitivamente le redini dell’attività mio padre Antonio – ci racconta l’attuale titolare Alberto -. Nel 1934 mio padre trasferisce la stamperia in via Boemondo, sempre nel centro storico, con la nuova denominazione di “Tipografia del commercio”: è il segno dei tempi che cambiano e della volontà di aprirsi non solo al mondo dell’arte ma anche a quello produttivo e commerciale. Per esempio – chiarisce - si rende necessario aprire una succursale nel paese di Squinzano per rispondere alle numerose richieste dei viticultori locali. Si continua comunque a produrre locandine cinematografiche, si arriva a stamparne una al giorno in grande velocità, ma anche manifesti per le feste patronali, facsimili di schede elettorali e comunicati politici che all’epoca precedevano l’uscita dei giornali e rappresentavano il primo strumento di informazione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma lo stampatore Antonio è soprattutto un innovatore all’avanguardia per i suoi tempi. Frequenta ogni anno la più importante fiera nazionale nel campo editoriale, la Fiera di Milano e riceve spesso riconoscimenti importanti. E viene ricordato in particolar modo per l’invenzione dei manifesti formato “elefante”: di grandi dimensioni e con grandi caratteri ottenuti inchiostrando i caratteri mobili e sottoponendoli a pressione sul telaio da stampa su cui è appoggiata la carta e facendo indugiare il rullo della macchina quanto più possibile sino ad ottenere l’effetto ingrandito. Ciò è possibile perché Antonio si rende conto del cambiamento dei tempi e decide di meccanizzarsi acquistando le nuove macchine tipografiche “piane” con il volano manuale con cui può controllare il tempo di pressione. Si tratta esattamente delle stesse macchine che ancora oggi utilizza l’erede Alberto, ignorando cosa sia una stampa laser o digitale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Mio padre ci ha lasciati inaspettatamente nel 1957 a soli 52 anni – continua Alberto -. Io avevo appena 18 anni e raccoglierne l’eredità in un momento di profonda crisi della richiesta a causa della concorrenza della produzione seriale che si andava diffondendo, non è stato affatto facile. Eppure non ho chiuso la stamperia neanche per un giorno. Ho dovuto però licenziare i quattro, cinque operai impiegati e fare tutto da solo. E incredibilmente è quello che riesco a fare ancora oggi dopo aver trasferito definitivamente nel 1991 la sede della tipografia in quella attuale in via dei Perroni. Ho volutamente scelto di continuare a usare i macchinari acquistati da mio padre: una gigantesca “Marinoni” tipografica piana con volano manuale dell’800, una “Pedalina” degli anni 20, funzionante tramite pedale appunto (vedi video), una pressa idraulica per fustellare degli anni 50  e una pirottinatrice a caldo, anch’essa degli anni 50, per produrre come il nome stesso indica, pirottini per dolci».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alla “Tipografia del commercio” oggi si rivolge chi vuole una stampa di tipo artistico e non industriale, sapendo di poter contare su una tiratura molto limitata che non supera la decina di copie ma che proprio per questo è più preziosa. Chi desidera avere dei biglietti da visita originali sa di poterli avere qui al prezzo di 30 euro o di poter acquistare manifesti di grande formato, unici in tutta Europa, al prezzo di 80 euro circa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma soprattutto Alberto si è specializzato nella stampa “artistica”, per esempio nella produzione di cliché in linoleum e cioè di matrici che trasferiscono su un supporto in carta l’inchiostro rilasciato da un rullo e costituiscono vere e proprie opere d’arte contemporanea. Sono attualmente esposte infatti in musei di Parigi e di Berlino copie del cliché con il gioco di lettere che lo stesso Carmelo Bene ha voluto, recandosi in prima persona nell’officina e mettendosi a lavorare lui stesso, per il suo spettacolo teatrale “Gregorio Cabaret dell’800”, rappresentato a Lecce nel teatro Apollo nei primi anni 60. 

«La tipografia è oggi meta di numerosi turisti che giungono qui ad apprezzarla da tutto il mondo – conclude Alberto -. Ma i primi a dimenticarsene e a non saperla valorizzare sono proprio i cittadini leccesi incapaci di riconoscerne il ruolo di fondamentale testimonianza storica della vita culturale della città di Lecce e della sua provincia. Per ora ci sono io a custodire gelosamente questo tesoro ma dopo di me verrà sepolto definitivamente? ».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel video (montaggio di Carlo Gelardi) il tipografo Alberto Buttazzo mostra la macchina tipografica "pedalina", a motore e azionata con un pedale, dei primi anni 20, sul modello di quella utilizzata da Totò nel film "La banda degli onesti":


 


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