di Lucia Muggeo

Corato, la festa della ''jò a jò'': un grande falò alla vigilia di Santa Lucia
CORATO – “Jò a jò” urlavano anticamente i bambini che giocavano intorno al fuoco per allontanare le fiamme, esclamando, quando queste si spegnevano, “È mùorte, è mùorte!!!”. Da sempre a Corato, paese del nord barese, la sera del 12 dicembre, vigilia del giorno di Santa Lucia, si accende un grande fuoco in onore della santa. Una tradizione che viene chiamata della “Jò a jò”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’usanza dei falò è ben radicata in Puglia. Si accendono fuochi in onore di Sant’Antonio (le “focare” salentine), di San Giuseppe (nel capoluogo pugliese, un po’ in tutto il barese e in molti paesi del Foggiano e del Salento) e di Madonne dai vari nomi, come a Castellana Grotte dove si raccolgono le ceneri delle “fanove” in onore della Madonna della Vetrana e a Bisceglie e Barletta dove il falò si accende per la Madonna dell’Immacolata Concezione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma Santa Lucia è omaggiata in questo modo solo a Putignano e appunto a Corato. Anche se in realtà pare che la devozione per la santa sia solo un pretesto: l’accensione del falò sembrerebbe infatti più che altro legato al solstizio d’inverno e a tradizioni pagane.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Secondo il dizionario etimologico coratino, la parola “jò a jò” deriva probabilmente dal verbo greco αὔω col significato onomatopeico di “emettere grida”. «Il singolare appellativo – afferma Gerardo Strippoli, presidente della Pro Loco di Corato - ha una tradizione antichissima legata al culto del fuoco utilizzato sin dalla “notte dei tempi” per esigenze di riscaldamento, di cottura dei cibi di origine animale e ovviamente di illuminazione. Soltanto con l’avvento del Cristianesimo c’è stata un’unione tra sacro e profano che ha portato alla traslazione di significato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il falò rappresentava quindi un vero e proprio rito propiziatorio pagano per auspicare l’arrivo del sole, il buon raccolto, l’avverarsi di desideri e preghiere. «Con l’avvicinarsi del solstizio d’inverno, il 21 dicembre, che coincide col giorno più corto dell’anno e con la notte più lunga, si accendevano decine e decine di fuochi nelle piazze e nelle strade per scacciare le tenebre o gli spiriti maligni – afferma ancora Strippoli -. Ogni famiglia metteva a disposizione una fascina di legna e all’imbrunire il falò veniva acceso. Se si poteva si aggiungeva altra legna quasi in gara con il falò più vicino».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Solo col tempo quest’antica tradizione è stata accolta dai coratini come simbolo della festa liturgica di Santa Lucia che ricorre il 13 dicembre. Prima dell'introduzione del calendario gregoriano (1582), la festa cadeva in prossimità proprio del solstizio d'inverno, da cui il detto "Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia". E quindi la celebrazione della festa in una data in cui i giorni iniziano ad allungarsi segna la vittoria della luce sulle tenebre, quindi del bene sul male.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche quest’anno allora, dopo la processione della statua lignea di Santa Lucia accompagnata da fiaccole, in piazza di Vagno a Corato verrà acceso un grande falò con circa 40 quintali di legna (vedi foto galleria). E intorno al fuoco i presenti, tra musica e sapori locali, ripeteranno un antico ritornello: “Osce jè sande Lecie e Natale jè a tridice die, c’e megghie vu cundà, n’alte duce n’adacchià!”  (“Oggi è Santa Lucia e mancano tredici giorni al Natale, se meglio vuoi contare altri dodici giorni devi aspettare”).


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  • Nunzio - Mai stato a Corato.


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