di Gabriella Quercia

La pet therapy: cani, gatti, asini e pappagalli in aiuto di chi soffre
BARI -  Aiuterebbe le persone che soffrono di disturbi psichici, comportamentali e dell’apprendimento a stimolare i propri sensi e le proprie capacità psicofisiche. E’ la pet therapy, che prevede il coinvolgimento di animali come cani, gatti o asini che, adeguatamente addestrati, interagiscono con il paziente creando con lui un rapporto emotivo teso a spingerlo verso una partecipazione attiva. Ne abbiamo parlato con Stefania Costantino, presidente dell’associazione AnimAllegra di Bari, specializzata in pet therapy con animali domestici (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Che cos’è la pet therapy?

La pet therapy ha lo scopo di aiutare il paziente nel movimento fisico (se per esempio abbiamo dei casi di disabilità), stimola il linguaggio verbale, aiuta ad avere un contatto diretto con la natura e la conoscenza dei cicli biologici diversi da quelli umani e una conoscenza diversa dell’animale domestico. Funge, aspetto non trascurabile, come valvola di sfogo emotivo e aiuta il paziente a recuperare la cura della propria persona che inevitabilmente, con la malattia, viene persa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli animali vengono scelti in base alla patologia da affrontare?

Più che altro l’animale viene scelto in base alle esigenze del paziente. L’equipe decide se indirizzare la terapia avvalendosi di un coniglio o di un cane guardando la sua storia, le sue preferenze personali e familiari, eventuali allergie ma anche l’empatia che può crearsi tra lui e l’animale. Anche se magari in linea generale i conigli possono risultare efficaci in casi di fobie e, data la loro stazza piccola, per interventi negli ospedali. Idem per i gatti, il cui facile trasporto per recarsi nelle strutture sanitarie viene a volte preferito a un viaggio con i cani, anche se è da considerare lo stress e l'irritabilità a cui sono soggetti i felini. Oppure le tartarughe e i pappagallini vengono coinvolti nelle scuole per essere osservati e “studiati”. Anche l’asino è molto adatto alla pet therapy: il loro lavoro è molto simile a quello svolto con i cani e i conigli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Voi lavorate molto con i cani...

Sì, da noi sono coinvolti Sky, di 12 anni e Frida di 4. Loro sono i miei aiutanti più preziosi: sono socievoli, obbedienti, non si stressano facilmente ed è più facile grazie loro agire sui disturbi motori. In più amano interagire con persone di ogni età e con diverse abilità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Come si svolge un seduta di pet therapy?

Solitamente ci sono quattro fasi. La prima prevede il saluto: l’utente fa la conoscenza dell’animale. Poi c’è la fase di cura: gli si dà da mangiare, da bere o lo si pettina. Successivamente c’è la fase ludica, quella più attiva: ad esempio con il cane si gioca a calcio, con il frisbee, lo si fa passare nel tubo, gli si fanno fare dei percorsi a ostacoli. Infine c’è la fase del saluto, quella in cui il paziente e il cane si dicono “arrivederci”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dove si svolgono gli incontri?

Possiamo recarci in alcune strutture che ci ospitano come asili, centri psichiatrici, cooperative o invece operare da noi. Ad ogni nostro incontro c’è un’equipe formata da tre elementi: l’animale, l’operatore conduttore e l’operatore relazionale. Il conduttore guida l’attenzione dell’animale verso l’utente, mentre l’operatore relazionale indirizza l’attenzione dell’utente verso l’animale. A cui si aggiunge l’equipe prescrittiva, formata da psicologi, psicoterapeuti, fisioterapisti e medici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Concretamente, come vi rapportate a un bambino che ad esempio è affetto dalla sindrome di down?

Con i bambini con problemi di questo tipo lavoriamo molto sulla motricità. Spesso loro non hanno un buon controllo delle mani, per questo invece di limitarci a fargli accarezzare l’animale, optiamo per delle spazzole adatte che costringono a un uso più diretto delle mani. Non solo. Spesso i ragazzi con sindrome di down hanno ridotte capacità vocali, non riescono a esprimersi al meglio. Per questo motivo facciamo sì che siano loro a impartire dei comandi all’animale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lavorate anche con minori che vivono situazioni di disagio familiare?

Certo, alcuni bambini hanno delle problematiche comportamentali. In questo caso è molto importante il ruolo dell’operatore relazionale, che indirizza la terapia sul rispetto delle regole. Il bambino quando si rende conto di quanto sia importante che l’animale segua dei comandi, tende a capire il significato delle regole. Così tramite i cani si insegna loro ad avere più rispetto per le altre persone. 


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