di Micaela Ricci

Crisi sì, ma c'è chi apre un negozio: storie di ''coraggio e incoscienza''
BARI - «Per iniziare una nuova attività in questo momento devi avere una buona dose di coraggio e anche d’incoscienza». Sono le parole del trentenne Lucio che, con l’amico Niccolò, ha inaugurato il 24 aprile di quest’anno una birreria in via Omodeo, a Bari. Certo il coraggio è necessario in un momento in cui la crisi economica attanaglia l’Italia, spingendo soprattutto i piccoli e medi esercizi commerciali a chiudere i battenti a causa di un guadagno troppo basso rispetto alle spese sostenute.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche se Bari sta cercando di reagire. Almeno a quanto dice Rocco De Franchi, assessore al Commercio del Comune. «Bari è una città un po’ in controtendenza rispetto alle altre del Sud – afferma -. Nel 2013, anno topico della crisi, a fronte purtroppo di ben 500 attività sotto i 250 mq chiuse, se ne sono comunque aperte 600. Il saldo quindi è positivo». La tipologia dei nuovi negozi aperti è varia, con una leggera superiorità numerica nell'ambito del settore alimentare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chi apre cerca però di offrire qualcosa di diverso. Dicevamo della birreria di Lucio e Niccolò che vende birra artigianale e cibo “originale”, pensato anche per vegani e vegetariani. Ma è anche il caso di del quarantenne Antonio, che da poco ha inaugurato un bar in via Giulio Petroni, dopo aver perso il lavoro in un’azienda che produceva caffè e in cui lavorava da anni. «Il valore aggiunto della mia attività – dice - è la professionalità e la qualità dei prodotti. Il mio target sono i giovani lavoratori che cercano un luogo tranquillo. Certo, io ho avuto coraggio, mi sono indebitato, ma sono sicuro di farcela, anche se non so se consiglierei ad altri di fare la stessa scelta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Anche perché - come dice Lucio - lo Stato tende a scoraggiare le iniziative. Io ad esempio ho dovuto aspettare tre anni prima di poter aprire. I tempi, la burocrazia e la ricerca di finanziamenti sono stati davvero un ostacolo difficile da superare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Se però i bar, le pizzerie e i ristoranti baresi sembrano essere riusciti più o meno ad affrontare la crisi, discorso è il caso dei negozi di abbigliamento. Capita spesso di trovare saracinesche chiuse o annunci di vendita davanti a esercizi che fino al giorno prima esponevano i loro capi al pubblico. Ma in questo periodo di fallimenti, la trentenne Monica ha deciso di aprire comunque il suo atelier in via Cairoli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Sono laureata in Archeologia - confessa Monica - e dopo due anni di lavoro in Telecom e due anni di cassa integrazione, ho pensato, “mi butto!». La giovane ha sempre comunque maneggiato bigiotteria e oggetti che realizzava con le sue mani. «Ora la mia idea – spiega - è quella di abbinare le mie creazioni a una linea di abbigliamento made in Italy e fatta a mano. Il target è certo medio-alto ma i prodotti proposti sono originali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E poi c’è Francesco, ventenne che ha aperto un negozio in via Giulio Petroni che offre pulizia e riparazione di scarpe e borse. Il ragazzo ha deciso di sfruttare la professionalità della sua famiglia, proprietaria di varie lavanderie di Bari e di quella del padre, rappresentante di prodotti in questo ambito. «Anche se comunque so che la mia attività sarà difficile da impiantare, perché in questo momento di difficoltà l’ultima cosa a cui si pensa è lavare una borsa. Ma ho deciso di provare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Coraggio, giovinezza e idee diverse. Può essere questa la ricetta per sconfiggere la crisi?
 


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