Il mistero del convento di via delle Murge, tra duchi e suore assassine
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venerdì 12 luglio 2013
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di Mariangela Dicillo
Un’insegna, su quella che doveva essere una delle porte, ora murate, la attribuisce a un tale “Duca G”. Gli archi a tutto sesto riempiono quasi completamente le sue facciate. I cedimenti delle mura che la cingono hanno aperto dei varchi dai quali è possibile scorgere un’ampia porzione di verde che circonda il tutto e che si inoltra fino al parcheggio del Policlinico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Se poi, spinti dalla curiosità, si prova ad entrare, volendo eludere l’impedimento delle mura attraverso punti dove queste sono più basse, si scoprono i resti di un trullo, alberi secolari, un’antica pressa per fare l’olio e vari ingressi, quasi tutti occlusi a causa dei detriti e della vegetazione spontanea. E s’inizia a immaginare il Duca G. vagare tra l’erba con espressione fiera sul volto, tipica di un uomo di nobile famiglia mentre contempla ciò che gli appartiene, pienamente cosciente del valore della sua proprietà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma, con uno sguardo più attento, si notano anche alcuni graffiti sui muri, scritte come «Satan was here», stanze con le inferriate arrugginite e impalcature cigolanti al primo piano dell’edificio che il vento muove, quasi a volersi prendere gioco di chi è lì. Subito l’atmosfera serena, quasi bucolica, lascia il posto ad una più inquietante, ma sempre ricca di fascino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Incuriositi, cerchiamo di indagare su questo palazzo. Una ragazza sui 15 anni che sta passando di lì ci dice che sua nonna le aveva parlato spesso di questa casa e le aveva detto che si trattava di un convento di suore. Tesi confermata da un signore che fermiamo un isolato più avanti: «Era un convento sì, ma poi è diventato un frantoio». Questo spiegherebbe la presenza di una pressa per fare l’olio all’interno del giardino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tornati in redazione non ci resta che approfondire e veniamo a conoscenza di un’antica leggenda, tramandata dai più anziani, che parla di questa struttura, un convento che prima ospitava delle suore. La storia narra che una di loro, attraverso un rapporto clandestino con un uomo, rimase incinta e diede alla luce un bambino bellissimo. Le altre suore però, per punire la compagna che aveva osato sfidare il volere di Dio (ma in realtà gelose), uccisero il bambino, seppellendolo vivo. Da allora il fantasma del piccolo vaga per il convento alla ricerca di vendetta. E per questa maledizione la casa è stata abbandonata e mai più abitata.
Ma a chi appartiene ora il convento di via delle Murge? Torniamo su viale Pasteur, dove un anziano signore, all’inizio titubante, ci svela: «La residenza appartiene al proprietario di un’impresa di costruzioni di Taranto. L’ho già detto tempo fa ad alcuni studenti di Architettura che stavano facendo ricerche sulla struttura per le loro tesi di laurea».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo quindi due piste. Vorremmo sapere qualcosa di più di questa struttura, magari capire se è vero che una leggenda impedisce che essa sia venduta e quindi di nuovo abitata. L’azienda non ci è difficile trovarla: la contattiamo. Ma dopo innumerevoli telefonate e promesse di essere richiamati, non riusciamo a parlare con il padrone dell’impresa. I suoi collaboratori però ci confermano la tesi del convento. «Non so molte cose su quella struttura – ci dice una giovane segretaria - Posso solo confermare che è un ex convento e che poi è stato un frantoio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo un vano tentativo effettuato presso i Beni Culturali e l’Archivio di Stato, non ci resta che tentare l’ultima carta, quella della facoltà di Architettura, dove però non troviamo tesi di laurea sull’argomento. Una signora della segreteria però ci viene in aiuto. «Conosco personalmente uno dei ragazzi che fece il rilievo – sottolinea -. Era un mio compagno di corso, ora fa l’architetto. Posso lasciarvi il nominativo e il numero di telefono». Ma l’architetto, come il Duca G, risulta essere scomparso nel nulla e il suo numero di cellulare prima irraggiungibile e poi inesistente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In quest’aura di mistero che avvolge la struttura, non ci è restato quindi che raccontarvi la suggestione della leggenda. Di fatto però, in via delle Murge n.76, si erge maestosa questa residenza la cui storia aspetta di essere svelata.
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Mariangela Dicillo
Mariangela Dicillo
I commenti
- antonio - La targa in marmo con la scritta Duca D. fu da me fotografata verso la fine degli anni '80 ed era integra, la scritta intera riportava : Per divozione di S.Anna - Duca G.Favia Vernazza.
- Silvia russo - Mia madre e la sua famiglia è nata e cresciuta in quella casa... è non ha mai sentito parlare di suore assassine o altro!!!!
- Silvia russo - Mia madre e la sua famiglia è nata e cresciuta in quella casa...
- donato - http://www.michelemonno.it/masserie/Dottula/comeArrivare.html questa è la masseria fortificata "Dottula" citata su numerose fonti storiche e non un convento e lo avete scritto voi stessi in un altro articolo dove elencavate le numerose masserie fortificate della terra di bari http://www.barinedita.it/inchieste/n1346-alte-mura-arcate-e-cortili--le-14-masserie-abbandonate-in-terra-di-bari
- Giuseppe - In questo stabile ho passato gli anni della mia infanzia. Una targa in marmo diceva che si trattava di una donazione del Duca Favia Vernazza ad un ordine di suore. Negli anni 60/70 era abitato da numerose famiglie e i suoi corridoi alti pullulavano di bambini. Mio Zio vi abitava e nei locali bassi aveva una fabbrica di filtri per frantoi e cordami in canapa. Gli anziani che abitavano l'edificio raccontavano di un fantasma che gironzolava nei dintorni detto il Monachicchio, le sue apparizioni creavano paura e i racconti di chi lo avesse visto erano terrificanti. Nel giardino retrostante sotto una grossa pietra c'era una botola che portava in un cunicolo buio che a detta di alcuni, portava in un monastero di monaci vicino, forse Santa Fara? Fu abitato fino alla fine degli anni '70, dopo il suo abbandono fu trovato il cadavere di un uomo nato in quell'edificio ma che si era impiccato in una delle tante stanze. Peccato che sia stato completamente abbandonato, pur sempre un pezzo di storia della nostra cittå.
- ROBERTO DI TOLLA - Negli anni '90 per il corso di Restauro della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari abbiamo eseguito (in gruppo con altri 3 studenti) il rilevo architettonico del Trappeto DOTTULA (questo è il suo nome) e ricostruito tutta la sua storia. Per chi fosse interessato rditolla@iol.it
- Daniele - nella foto c'e un uomo impiccato alla finestra.......che sia il fantasma di quello di cui parlava Giuseppe???