di Gaia Agnelli

Simbolo religioso, diabolico e persino erotico: tutti i miti legati al leggendario polpo
BARI – È l’indiscusso re delle tavole baresi, subisce da secoli il caratteristico rito dell’arricciatura e viene “celebrato” a Mola da una decennale e frequentatissima sagra. Parliamo del polpo: un cefalopode che seppur considerato in Puglia solo come un animale da catturare e mangiare in mille modi, ha spesso rappresentato nell’antichità un simbolo religioso, diabolico e persino erotico. Questo a causa delle sue particolarità fisiche, biologiche e comportamentali che lo rendono un esemplare unico e mitico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per conoscere meglio il leggendario mondo del famoso mollusco marino abbiamo così parlato con il molese Giambattista Bello, biologo marino nonché autore del libro “Polpo di scena”, interamente dedicato all’octopus.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È vero che il polpo veniva venerato già mille anni prima di Cristo?

Certo. I micenei nell’Età del Bronzo disegnavano il cefalopode sulle tombe e questo perché ritenevano che fosse in grado di resuscitare i defunti. Un mito che deriva da una caratteristica dell’ottopode: quella di rigenerare i propri tentacoli quando vengono danneggiati o recisi da un rivale. Da qui il “potere” assegnato al polpo, in grado, secondo la leggenda, di riuscire a donare nuova vita. Un “racconto” che ricorda quello del serpente, anch’esso ricollegato alla “rinascita” per via della mutazione della sua pelle.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma il polpo, così come il serpente, è stato spesso associato anche al Male…

Sì. I minoici ad esempio, antica civiltà cretese (che lo raffiguravano su anfore e vasi di argilla) credevano che, proprio come Caronte, il mollusco trasportasse con i tentacoli le anime destinate agli inferi. Anche alcuni libri religiosi cristiani del 1500 lo associavano a Satana, immaginando che con le ventose si aggrappasse ai morti per trasportarli negli abissi. Non a caso gli inglesi lo definiscono come “devil fish”: il pesce diavolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da dove deriva questo lugubre simbolismo?

Tutto nasce dalla furbizia e dall’avidità che contraddistinguono il mollusco: di fatto un animale solitario e “avaro”. Con le sue “braccia” prensili afferra i crostacei che gli fanno gola per portarseli gelosamente nella tana, dove può mangiarseli con calma lontano da occhi indiscreti. Un misantropo che è anche cannibale, visto che non disdegna di divorare i suoi simili, se di dimensioni notevolmente minori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Però parliamo di un animale molto intelligente…

Tra gli invertebrati è forse il più intelligente. Riesce a compiere delle scelte ed è in grado di aprire barattoli e di orientarsi all’interno di labirinti. Tra l’altro può apprendere osservando e sa imparare dai propri errori, usando poi la memoria per non commettere gli stessi sbagli. Queste capacità l’hanno portato a divenire simbolo di saggezza nell’antica Grecia, quando la sua figura fu addirittura incisa su alcune monete dell’epoca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma il polpo nella storia è stato ugualmente disprezzato e ammirato. E in Giappone viene addirittura considerato un’icona sessuale…

Tra i suoi otto tentacoli (che per qualcuno sono sinonimo di eleganza e armoniosità, mentre per altri solamente di viscidume) ce n’è uno definito “copulatore” che si introduce nell’esemplare femminile “iniettando” gli spermatozoi. E così vi sono diverse raffigurazioni che vedono donne impegnate in atti sessuali con i “virili” cefalopodi. Tra queste una piccola statuetta giapponese detta netsuke che rappresenta una pescatrice di perle nuda accanto a un polpo che la penetra con il suo tentacolo. Vi è anche un famoso dipinto ottocentesco di Hokusai, “Il sogno della moglie del pescatore”, nel quale una giovane è impegnata in un rapporto con due animali marini che la avvolgono completamente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Polpi che però dal punto di vista sessuale sono biologicamente abbastanza sfortunati…

Si riproducono alla fine della loro vita, della durata mediamente di un anno e mezzo. E non solo: nel momento in cui decidono di fare “sesso”, sanno di non avere altre possibilità: una volta esaurito il proprio sperma muoiono infatti dopo poco tempo. Un destino a cui vanno incontro anche le femmine. Quest’ultime qualche tempo dopo l’accoppiamento (anche con diversi maschi), depositano le uova sul fondo marino non allontanandosi mai dal nido. Così facendo però smettono di nutrirsi, andando incontro a morte sicura. Si tratta infatti di “semelpare”: specie che partoriscono solo una volta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per concludere, una curiosità. Durante la Sagra del Polpo di Mola di Bari c’è chi afferma che gli esemplari oceanici vengano mischiati con quelli mediterranei. Esiste un modo per distinguerli?

Esistono circa 300 tipi di polpi, ma nel Mar Mediterraneo ne circolano solo 16. Tra questi il “fesso” con i suoi tentacoli lunghissimi, la “polpessa” con il suo rosso mattone caratterizzato da puntini bianchi e il “comune”, il più diffuso, chiamato in Puglia “di scoglio” perché si cattura tra le rocce. Purtroppo però identificare gli esemplari nostrani, una volta finiti sulle tavole, risulta pressochè impossibile. Da morti questi cefalopodi assumono infatti tutti la stessa colorazione grigia, oltre al fatto che dopo il loro smembramento perdono alcune delle caratteristiche che potrebbero facilitarne l’osservazione: non permettendo così di distinguere un polpo cinese da uno barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nella foto (di Albert Kok): il “polpo comune”


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