di Carlo Maurantonio - foto Antonio Caradonna

Bari, quella chiesetta rossa che spunta tra Ikea e industrie abbandonate: è San Ciro
BARI - Una minuscola cappella che fa capolino tra industrie abbandonate, caserme, stazioni ferroviarie e multinazionali del legname. È il biglietto da visita della rossa chiesetta di San Ciro, piccolo luogo di culto chiuso da più di dieci anni che sorge in quella zona del quartiere Mungivacca di Bari dominata dall’Ikea.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Avvistammo l’edificio religioso già quattro anni fa, durante il primo reportage in questa particolare area ai margini del capoluogo pugliese, ma all’epoca non riuscimmo a risalire alla sua storia. Siamo così tornati alla carica per cercare di svelarne finalmente i segreti. (Vedi foto galleria)

Per raggiungere la cappella partiamo da via Caduti del Lavoro, strada che costeggia il lato nord dell'Ikea. Sulla nostra sinistra sfilano una dopo l'altra una serie di massicce costruzioni: tra queste spicca un moderno negozio d'arredamento a due piani allestito in quello che un tempo era il Camelot, una delle discoteche più in voga del barese. Ma ci sono anche due oleifici, uno in funzione e l'altro, il Sapio, con la sua lunghissima ciminiera, chiuso dagli anni 90.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'arteria punta poi dritto verso la stazione ferroviaria del rione, sede dell'affascinante "cimitero dei rotabili", per poi curvare a sinistra, fiancheggiando i binari. Un centinaio di metri più avanti incrocia strada Torre di Mizzo, lingua d’asfalto che si divide in due.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A destra, dopo aver incontrato un passaggio a livello e superato la caserma dell’Aeronautica e il laboratorio dell'artista Tarshito, si addentra in un paesaggio rurale dove il tempo sembra essersi fermato. A sinistra invece si ricollega al centro cittadino sbucando sulla statale 100. Noi seguiamo questa direzione che ci permette dopo una cinquantina di metri di raggiungere la nostra meta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il luogo di culto spunta sulla sinistra, incastonato tra la dismessa fabbrica di gelati Sanson e una palazzina facente parte dell’ex Sapio. Del resto la chiesetta appare inglobata nell'area del vecchio oleificio: scopriremo più tardi che furono i proprietari dell’industria a erigerla per farne una cappella privata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ci avviciniamo, osservando il "tappeto" di erbacce e immondizia che precede l'entrata. Rispetto a quattro anni fa l'unico elemento rimasto immutato è il frontone, contraddistinto dal rilievo di San Nicola e da una bianca croce sovrastante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per il resto ci sono alcune tristi novità, a cominciare da una scritta che ne deturpa la facciata: "Riparto da zero come se perda la memoria". L'intonaco rosso poi sta cedendo in diversi punti, senza contare gli evidenti segni di una scarpa presenti sulla porta. Qualcuno ha infatti tentato di sfondare quest’ultima a calci, ma senza successo, visto che appare ben serrata da dentro.

Ci mettiamo a questo punto alla ricerca di qualche habitué del posto, in modo da scoprire qualcosa in più dell’edificio. La prima persona che incontriamo è Michela, che gestisce un bed and breakfast nelle vicinanze. «La cappella è chiusa da quasi dieci anni - afferma la signora -. L'ho vista qualche volta aperta, passandoci di sfuggita con la macchina: è piccolissima e al suo interno c'erano quattro solo banchi, poi probabilmente portati via».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Si fino a qualche anno fa c’era un custode che se ne prendeva cura, ma poi è stata definitivamente abbandonata», chiarisce il signor Rubino, proprietario di un altro oleificio attivo nella stradina. E’ proprio quest’ultimo a svelarcene la storia. «Lavoro qui dal 1956 - spiega l’imprenditore - e ricordo che già allora si trovava qui. È intitolata a San Ciro, nome molto comune a Napoli e non a caso i Borrelli, ex proprietari della Sapio provenivano proprio dalla città partenopea».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il suo nome è lo stesso della parrocchia che, eretta nel 1954, è attiva ancora oggi nel cuore di Mungivacca, anch'essa costruita grazie alla famiglia Borrelli, che fece in modo fosse intitolata a San Ciro. «Non so quale sia l’origine di questa omonimia – afferma don Felice Verni, prelato della chiesa  - ma posso dirvi che io quella piccola cappella l’ho frequentata. Fino a 25 anni fa celebravo addirittura una messa al suo interno, ogni sabato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sembra chiaro che l'edificio abbia seguito il destino della fabbrica, frequentata un tempo da operai e impiegati ma oggi non più attiva. Alla chiesetta non rimane quindi che aspettare che un giorno qualcuno la riapra: potrebbe rappresentare il simbolo di una zona periferica di Bari in continua trasformazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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