di Eva Signorile

Baresi con problemi psichici che giocano a rugby: sono gli ''Atipici''
BARI – Il rugby come terapia per il recupero mentale di persone con disagio psichico. E’ “Uniti alla meta”, il rivoluzionario progetto messo in piedi da Mauro d'Alonzo, un programma di psichiatria sociale che sfrutta il "rugby integrato" per il percorso riabilitativo di persone con problemi mentali. Così è nata la squadra degli "Atipici", un gruppo di persone fuori dal comune che si allenano ogni lunedì a partire dalle 15 nello stadio della Vittoria di Bari. Sono 30 e hanno un'età che va dai 20 ai 55 anni. (Vedi foto galleria e video)

Ma perché il rugby potrebbe essere utile nella terapia delle persone che hanno un disagio psichico? «Ogni attività sportiva è fondamentale al recupero psico-fisico, perché libera delle sostanze che migliorano il nostro umore - ci dice D’Alonzo -, ma il rugby ha al suo interno delle regole, dei "gesti atletici" che sono una metafora eccezionale della vita e del dolore. Ad esempio passare la palla indietro per poter andare avanti rappresenta un po' l'atto di volgere uno sguardo al passato per poter organizzare il futuro. Oppure pensiamo alla linea di difesa e di attacco – continua lo psichiatra e allenatore - deve essere sempre in linea con i compagni, un chiaro invito a non rimanere mai da soli e a contare sul gruppo che è sempre pronto a darti sostegno quando cadi. E poi c'è il "placcaggio", il momento in cui devi andare incontro all'avversario perché non puoi più evitarlo: quell'avversario rappresenta il problema che ti appare all'improvviso e che non puoi evitare, è quindi un modo per imparare ad affrontare i problemi accettando anche l'idea del dolore che potrebbe scaturirne, ma sapendo che hai alle tue spalle il gruppo che ti protegge e che si fa barriera per te. Senza contare che è un buon modo per convogliare le energie e per scaricare l'aggressività».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«In campo ti viene quella carica di adrenalina in più che non hai prima di entrare», conferma la 22enne giocatrice Maria, uno sguardo in cui brilla la voglia di lottare. Lei è l'unica ragazza in squadra al momento, ma «la più forte», assicura l'allenatore. E la scarica di energia che si scatena nel rugby è anche ciò che piace di più ad Alessandro Maggio, 35 anni e un passato da calciatore. Ma lui avverte: «Io sono contro la violenza e rispetto gli avversari: l'aggressività la uso solo nel gioco». Più mite e "pacifista" Onofrio, 41enne che ama stare con i compagni e che di fronte alle sconfitte fa spallucce: «L'importante è divertirsi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'idea di utilizzare il rugby come terapia per il recupero mentale nasce una sera del 2013, davanti a una birra: Mauro d'Alonzo e Giulio Palmieri, operatore educativo, decidono di sfruttare la comune passione per questo sport (giocano rispettivamente nell'Omnia Bitonto Rugby e nella Tigri Rugby Bari), piegandola alle esigenze della psichiatria. Inizia così una fase di ricerche che li porta ad incrociare i "Mud Mad Stars" di Milano, una squadra di rugby integrato affiliata al club di serie C "Stella Rossa". Da allora, i Mud Mad Stars, gli Atipici, gli Invictus di Prato (legati ai Cavalieri di Prato, squadra di Eccellenza) e i Bufali rossi di Colorno, camminano insieme, grazie all'idea della squadra di Bari e di quella di Milano di riunirsi in rete.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Il rugby integrato è un esperimento importante - spiega d'Alonzo -  perché per la prima volta, a un progetto di recupero riabilitativo prettamente sportivo, si affianca un percorso di studio medico che prevede delle fasi ben precise e che sono identiche, nei modi e nei tempi, per tutte le squadre che vi aderiscono. Abbiamo cioè un piano preciso che si avvale di strumenti medici attraverso i quali ci auguriamo di dimostrare al mondo scientifico che questa attività di tipo riabilitativo può diventare un metodo valido da applicarsi all'infinito e speriamo di esportarlo col tempo anche all'estero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Così, a fine settembre tutte le squadre di rugby integrato hanno avviato la prima fase, detta "T zero",  attraverso una serie di test che sono stati somministrati ai giocatori-pazienti e che riguardano generalmente il livello della qualità di vita e la loro percezione dello stato fisico e mentale. Questi test saranno poi riproposti a metà percorso e a conclusione della stagione (fasi T1 e T2). La speranza è che dai test iniziali a quelli finali si possa registrare il generale miglioramento dei pazienti che hanno deciso di accettare la sfida.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il progetto prevede la presenza in campo anche di altre figure specializzate: psicologi, infermieri, educatori delle cooperative che collaborano al progetto, tra cui la "Sportivamente" e il 20enne allenatore Luca Longo. L'impegno di tutte queste persone è totalmente gratuito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il progetto "Uniti alla meta"ha avuto il patrocinio del Comune di Bari e della Fir Puglia (Federazione italiana rugby Puglia). Ma questo non basta. Oltre alle difficoltà economiche dovute alla mancanza di sponsor coraggiosi e che si impegnino nel sociale, gli Atipici devono scontrarsi anche con la mancanza di una sede dove allenarsi. Finora hanno sfruttato gli spazi che la Tigri Rugby Bari (squadra a cui sono affiliati) ha concesso generosamente, dando la disponibilità del Della Vittoria una volta a settimana. «Il problema però – sottolinea D’Alonzo – è che probabilmente l'assegnazione della struttura al Bari football club porterà alla nostra esclusione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma d'Alonzo guarda alla meta e non si lascia distrarre dalle difficoltà. «Siamo fiduciosi – afferma lo psichiatra "atipico"-. Abbiamo comunque incontrato persone disposte ad aiutarci. In un modo o nell'altro troveremo la maniera di continuare. Del resto, è nello spirito del rugby continuare a battersi finché si hanno le energie per farlo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel video l'allenamento e i protagonisti degli "Atipici" Bari (di Carlo Gelardi):


 


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