di Laura Villani

Quando a Bari il bacio ''rubato'' era un delitto. La pena? Carcere o matrimonio
BARI – “Un bacio legittimo non varrà mai come uno rubato”. Le parole sono dello scrittore Guy de Maupassant, ma non sarebbero mai potute essere pronunciate nella Bari di qualche secolo fa, città dove vigeva una legge che vietava i baci estorti, pena il carcere o peggio ancora, il matrimonio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È lo studioso Vito Melchiorre a raccontare nel suo libro “Storie baresi” di questo codicillo alquanto punitivo che vedeva la luce nel 1300. Bari, feudo napoletano ancora circoscritto dalla sua muraglia, era allora governata da Roberto d’Angiò: il sovrano sancì che baciare forzatamente una donna (fosse in casa, in chiesa o nelle strade pubbliche), era ritenuto un “delitto detestabile”, “gravissimo” e “di malissimo esempio”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quest’atto insomma era considerato alla stregua della violenza sessuale, il che portava a un castigo esemplare: condanna a morte entro sei mesi dall’avvenuto misfatto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Bisognò aspettare una legge del 1563 varata dal viceré Pedro Afán de Ribera affinché agli incauti “seduttori” venisse data una via di scampo. Lo spagnolo decise infatti che i criminali in questione potevano aver sì salva la pelle, ma dovevano andare comunque in carcere a meno che non sposassero la donna oltraggiata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Quindi a Bari da quel momento bastò sfiorare furtivamente con le proprie labbra il viso di una fanciulla per impegnarsi con lei in eterno, sempre se non si voleva essere arrestati. E la cosa andò avanti per decenni, visto che Melchiorre ricorda un episodio del 1695, quando finì in gattabuia un certo Domenico Donato Natalicchio che aveva baciato “violentemente” una tale Anna di Triggiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chiaramente alcune intrepide giovani videro nella norma una ghiotta occasione per accasarsi facilmente. Fu questo il caso di Caterina Nardi, giovane stufa di aspettare il fatidico “sì” che nel 1708 fece in modo di farsi baciare pubblicamente in chiesa dal fidanzato Nicolò per ritrovarsi così con la fede al dito nel giro di quattro giorni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La più scaltra Teresa de Ninno invece non si disturbò nemmeno di farsi avvicinare davvero: adocchiò il mugnaio Paolo Iusco e, trovatolo di suo gusto, lo accusò di averla toccata con le labbra così da costringerlo a portarla all’altare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Roba d’altri tempi chiaramente, perché purtroppo ora per le donne le cose sono cambiate radicalmente. I baci rubati non solo non fanno scattare automaticamente il matrimonio, ma non possono neanche essere considerati come violenza, a meno che non siano messi in atto con l’ausilio della forza fisica e nei confronti di minorenni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per farsi sposare, insomma, le baresi dovranno inventarsi altri stratagemmi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nell’immagine: “Bacio rubato” dipinto di Jean-Honoré Fragonard (1778)


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