Sentirsi in perfetta sintonia con l'altro: è la rara e travolgente "affinità elettiva"
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mercoledì 9 dicembre 2020
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di Gaia Agnelli
Il nome è stato coniato dal grande scrittore tedesco J.W.V Goethe, che nel 1809 pubblicò il romanzo “Le affinità elettive”, in cui faceva un parallelismo tra gli elementi chimici e i rapporti interpersonali. Secondo l’autore, così come ad esempio l’acqua si mescola perfettamente con l’alcol (al contrario dell’olio), allo stesso modo ci sono individui che sono fatti per unirsi, compenetrandosi e influenzandosi a vicenda, senza perdere la propria unicità.
Una vera e propria alchimia che rimanda al “Simposio” di Platone, ovvero al mito delle “anime gemelle”: persone queste ultime separate alla nascita e destinate a cercarsi così per tutta la vita.
Ma come si creano le affinità elettive e come facciamo a riconoscerle? Per rispondere a queste domande abbiamo parlato con il 35enne Marco Magliozzi, psicologo e psicoterapeuta barese.
Quando nascono le “affinità elettive”?
Si realizzano quando tra due persone “scatta una molla” che le porta a sentirsi in completa sintonia. Si instaura in questi casi un’intesa profonda che coinvolge mente, anima e corpo, traducendosi in una complementarità nel modo di sentire, pensare e agire. Rapporti, questi, che conducono sempre a un cambiamento radicale della vita dei due individui.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In che modo si creano questi legami così speciali?
Non vi è una risposta scientifica che possa spiegare le origini di un’alchimia. Di certo non parliamo di circostanze che capitano tutti giorni: si tratta di incontri davvero rari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come si capisce di essere di fronte a un’anima gemella?
Lo si avverte a pelle. Si provano sensazioni nuove, il cuore batte più velocemente, il respiro aumenta. Nasce una sorta di simpatia “a prima vista” che ci fa sentire a nostro agio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche la comunicazione è facilitata?
Tra affini ci si capisce anche senza parlare, attraverso una comunicazione non verbale fatta di sguardi, sorrisi, intese e movimenti. Spesso ci si ritrova addirittura a dire le stesse cose nello stesso momento: ci si mette infatti nei panni dell’altro provando così le stesse emozioni e arrivando quasi a “leggersi nel pensiero”.
Tra affini la si pensa sempre allo stesso modo?
Per niente: non si va necessariamente d’accordo e si litiga, così come in ogni relazione. Sono però le modalità con cui si battibecca a fare la differenza, perché se in un dibattito tra “normali” si tende ad azzerare l’altro e a annullarlo, in quello tra “eletti” entra in gioco la capacità innata di usare le proprie diversità per completarsi. Quindi le discussioni diventano costruttive: sono scontri-incontri al termine dei quali ci si sente migliorati e potenziati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si tratta però di persone simili tra loro?
Non sempre si tratta di individui con gusti uguali e un medesimo stile di vita. In questi casi infatti non conta avere la stessa età, nazionalità o retaggio culturale: a volte il legame nasce proprio con l’ultima persona che si sarebbe immaginato di frequentare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la sintonia è solo mentale o di mezzo c’è anche l’attrazione fisica?
È prima di tutto mentale, anche se naturalmente quando c’è “simpatia” entrano in gioco attivazioni chimiche del nostro organismo quali dopamina, feniletilammina, adrenalina, ossitocina e testosterone per gli uomini. Si tratta di neurotrasmettitori rilasciati dal cervello che agiscono generando piacere, euforia, eccitazione ed entusiasmo e che portano quindi ad avvicinarsi “fisicamente”, a un contatto corporeo. E così spesso l’affinità elettiva sfocia in un’affinità “genetica”, basata su analogie biologiche e tesa alla riproduzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Gli affini sono destinati a incontrarsi?
No, anche se la vita pone le occasioni per imbattersi in un “affine”, a volte si rischia di non accorgersene, perché si è presi e occupati da altro. Potremmo quindi incontrare persone del genere, ma se ignoriamo i segnali che queste ci lanciano, le incroceremo senza neanche guardarle. Ci vuole in questi casi apertura mentale e una predisposizione a metterci in gioco, superando i limiti e le regole che ci vengono imposti dalla società o dalla famiglia. Tra l’altro con un “eletto” viene fuori il nostro vero “io”, ma spesso l’idea di conoscersi in profondità spaventa. Non sempre si è pronti a lasciare ciò che si sta vivendo per tuffarsi in nuove esperienze: non tutti sono preparati alla felicità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nell’immagine: “Baiser de l’Hotel De Ville” di Robert Doisneau
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I commenti
- pino vermiglio - sono un eletto e affine