di Anna Maggio

Scuola, insegnanti schiavi dei genitori: «Non accettano brutti voti per i figli»
BARI - «Ho dovuto lasciare la scuola dove insegnavo solo per aver messo voti bassi ad alcuni studenti». A denunciare l’accaduto è Paola, 52enne insegnante barese costretta ad abbandonare la scuola media dove lavorava dopo essere stata accusata dai genitori dei suoi studenti di essere troppo “severa”. Già, perché i tempi sono cambiati: se prima i ragazzi che tornavano a casa con un'insufficienza erano certi perlomeno di essere rimproverati, quelli di oggi contano sul fatto che mamma e papà riverseranno probabilmente la loro rabbia verso i docenti, "rei" di aver sminuito la loro presunta preparazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ricevevo in continuazione visite da parte di genitori invadenti che non accettavano come avessi valutato i loro figli - racconta la docente -. Decisero anche di chiamare in causa il dirigente scolastico che prima mi consigliò di alzare i voti per sedare il malcontento e poi fece in modo che lasciassi la scuola. Ma la verità è che i giovanotti in questione non studiavano e pensavano che i voti alti fossero dovuti, forti del fatto che discendessero da famiglie “in vista” di Bari. Per fortuna adesso ho cambiato istituto e quelle situazioni sono solo un ricordo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lo status sociale dei giovani sembra influire molto sulla questione: più è alto, più le loro pretese (e quelle dei genitori) aumentano. Paola non è la sola ad aver dovuto tener testa una simile sfrontatezza. «Quando il ceto è basso l’interesse per il voto tende a diminuire, forse anche troppo - dice la 55enne collega Maria Teresa -: gli alunni hanno spesso preoccupazioni più gravi in famiglia. Dove invece la classe è "benestante" sembra quasi che i genitori vogliano affiancarci e interferire nell'attività didattica fino a sostituirci». Pretese impensabili qualche decennio fa, quando la scuola era sinonimo di autorità e sapere e in cui i ruoli erano ben definiti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Addirittura una volta quando ho dovuto giustificarmi per avere messo un "sette" a uno studente, il quale però ai suoi aveva detto di aver preso "otto" - sottolinea la 56enne Angela, un'altra insegnante barese -. Durante un colloquio infatti ho dovuto calmare la mamma del ragazzo arrabbiata per il giudizio, quando in teoria un docente dovrebbe essere libero in ogni sua valutazione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad aggravare la situazione è la tendenza in voga degli ultimi anni che vede un maggior coinvolgimento delle famiglie nell'organizzazione della vita in aula. «La loro collaborazione può essere veramente utile - afferma la 40enne docente Luciana - ma spesso mamme e papà finiscono per scambiare il dialogo con il diritto di ergersi a "super-esperti", indicandoci addirittura come svolgere il nostro mestiere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


A volte poi i genitori si coalizzano contro il malcapitato "prof" di turno sfruttando le nuove tecnologie. «Un nuovo vizio delle mamme è consultarsi periodicamente sui social network e creare dei gruppi su Whatsapp - confessa 41enne Caterina, un'altra insegnante barese -. Alla fine però non fanno altro che sparlare su di noi come delle "comare"».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eppure la normativa in materia sembra chiarissima: come recita l'articolo 1 del dpr 122/09, "la valutazione è espressione dell'autonomia professionale propria della funzione docente". In teoria quindi i genitori non hanno nessuna possibilità di influire sulla pagella dei propri figli. Un'affermazione messa però in pericolo dalla cattiva interpretazione di altre leggi e in particolare dal dpr 275/99 sull'autonomia scolastica, quell'insieme di disposizioni che ha concesso un'ampia autonomia ai presidi nello stabilire orari e offerta formativa dei propri istituti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è qui che forse c’è la risposta al problema. Oggi i presidi hanno un raggio d'azione così ampio che devono mettersi all'opera come “manager”. «Il loro ruolo con l’introduzione dell’autonomia scolastica è diventato molto ingerente nelle scelte educative - continua Caterina - . E la nuova riforma sta rafforzando ulteriormente questa situazione: da quando le scuole ottengono maggiori fondi in base al numero degli iscritti soddisfare i genitori è infatti la prima esigenza, anche a costo di gonfiare i voti dei loro ragazzi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«È naturale quindi che se da una parte c'è una mamma o un papà che chiede la luna - incalza Caterina - dall'altra ci sono dirigenti disposti ad accontentarli a ogni costo: per questo al primo malumore telefonano al docente e lo rimproverano di questa o quella mancata concessione. A noi restano poche alternative: accettarlo in silenzio, opporsi a questo nuovo contesto consapevoli di rischiare il lavoro o in casi limite chiedere il trasferimento. D'altronde lavoriamo in quelle che ormai sono aziende: genitori e figli perciò sono dei clienti e come tali hanno sempre ragione».


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  • nick45 - Queste insegnanti, hanno tutta la mia comprensione. Forse per questo che succede oggi nelle scuole, che i ragazzi sono ignorantelli quando vengono intervistati. In altri tempi quando si andava male o eravamo fin troppo vivaci, a casa , come si suol dire da noi, avevamo "il resto". A volte potrebbe esserci una insegnante politicizzata che caratterizza un compito in classe. Mio figlio ha avuto quasi sempre voti sopra la sufficienza durante i vari compiti d'italiano nei vari anni di studio alle superiori. Ha smesso la frequenza( per lavoro) per riprenderla dopo vari anni in corsi serali volendo accedere al diploma. Durante un compito, mio figlio scriveva la differenza fra fascismo e comunismo , esaltando il primo. All'insegnante non le andata giù. Agli esami era di commissione, ha dovuto abbandonare perché gli altri commissari non la pensavano come lei. Succede questo quando le correnti di pensiero sono diverse.
  • Michele S. - Anch'io mi son trovato nella stessa condizione: non solo sul versante dei voti, ma contestato anche sulle scelte didattiche, anche le più minute. Tanto da rendermi l'atmosfera lavorativa quanto mai asfissiante. Alcuni colleghi (da contare sulla punta delle dita per fortuna, su un ampio collegio di oltre 100, delazionavano al dirigente ciò che voleva sentire, altri mi colpivano in consiglio di classe... "gli alunni e i genitori non riescono a capire cosa chiedi", non dovevo richiedere approccio interdisciplinare, ma limitarmi alla lezione del giorno, per quanto possibile, ecc. Io non ero nelle condizioni della collega, non volevo cambiare scuola, e avendo maturato la pensione me ne sono andato. Qualche anno prima una classe mi aveva posato a tracolla una fascia con scritto " migliore insegnante dell'anno (in sede staccata); in seguito, a trasferimento in sede, sono iniziate le umiliazioni: ero retrocesso sistematicamente alle prime e seconde classi, "così i genitori non avranno di che lamentarsi"... tutte le ore del sabato piene (insegnavo lettere e alla quinta e sesta ora figurarsi che voglia avevano di combinare qualcosa): come chiamare tutto ciò se non come MOBBING? Ora ne son fuori da 6 anni e mi sento come un liberto. Certo il collare al collo lo porto ancora (aspettare la pensione ogni mese), ma è meno soffocante... Michele. Non ho fornito nomi e dati più concreti, perché non voglio grane. Sono per natura poco combattivo.
  • Mimmo80 - Io vorrei solo dire alla classe docente che aggirare il problema non significa averlo superato. Ai miei tempi i maestri, i professori, le avevano quadrate e non permettevano a nessuno di intromettersi nel loro lavoro perchè quello che stavano facendo era frutto di anni di studio. Purtroppo oggi tutto gira intorno ai soldi e gli stessi presidi portano l'acqua al loro mulino senza badare a come !! Ci lamentiamo che in Italia lavorano solo i raccomandati mentre i laureati stanno a casa, ci lamentiamo vedendo bambini che non hanno rispetto per gli adulti, ci lamentiamo che i nostri figli non si sposano perchè stanno bene a casa di mamma. A questo punto, se dovete anche commentare il lavoro dei docenti, non vi lamentate se i vostri figli non acquisiscono il minimo di educazione che serve nella vita!! a voi docneti chiedo di unirvi e combattere per riportare la scuola ad un istituto dove si impara l'educazione, il rispetto, la materia con il duro lavoro, non con i soldi o le raccomandazioni
  • genitore_docente - Ci sono professori che conduco "politiche" interne con la compiacenza di genitori esterni collegati a Cimuni ed Associazioni per favorire figli di amici,distruggendo anche psicologicamente, ragazzi capacissimi che da soli hanno sempre prodotto il massimo senza aiuti. Si aiuti xchè ad essere aiutati sono ragazzi di media capacità ma figli di ex colleghi, o amico di cordate socio assistenziali, o di filoni politico sociali ( ci sono i fatti e le prove). Provate a chiedere ad Ostia (roma) delLiceo Scientifico Enriques e di un specifica professoressa di Italiano e LAtino che passa per essere la più brava, e sentite le colleghe ed i colleghi che ne pensano. PERÒ NESSUNO FA NULLA E CHIEDETEVI PERCHÈ.
  • enzo - carina la vignetta, ma il mondo è cambiato tanto (e anche nel 69 si contestava, mi risulta). Avere delle competenze e essere un onesto professionista dello "stick & carrot" non basta piùa fare un buon docente, come fare prediche non basta più a fare un buon genitore. Bisogna saper comunicare, motivare, comprendere. Persino nelle vituperate aziende sono cambiati i criteri di valutazione, figuriamoci nella scuola.
  • Antonio De Marco - Mi sono imbattuto per caso in questo articolo di qualche mese fa e... mi fa rabbia constatare che le cose stiano proprio così come mostra la vignetta. Per i motivi da voi spiegati, ma anche, a mio avviso, perché è molto difficile trovare docenti non solo autorevoli, ma anche preparati come quelli di una volta. Docenti seri (che non vuol dire seriosi), che non siano pagliacci, che si portino ancora i quaderni degli alunni a casa (tutti... e sempre!) per le correzioni, che non si facciano dare del "tu", né chiamare "prof", perché ognuno deve rispettare il ruolo dell'altro e non varcare il confine "vitale" (non sono né tuo padre, né tuo amico, né tuo fratello, sono il tuo insegnante, anche se mi mostro paterno, amichevole e fraterno). E un genitore, come anche un alunno, questo lo percepisce. Mia nonna, arrivata alla sola quinta elementare, sapeva scrivere meglio di alcuni insegnanti laureati. Basti leggere i commenti in un qualsiasi social. O solo soffermarsi su quelli che ho trovato qui dentro... Un professore, una maestra, che non sanno usare la loro lingua... non penso possano risultare credibili.
  • Valeria Pascazio - Io come genitore non mi accanisce contro i voti bassi, mi accanisce se tu insegnante non lo curi quel 4 dato, mi accanisce se tu professore non riesci a far migliorare, questo è il Vs dovere trasformarli i voti


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