di Nicola Imperiale

Siamo tutti ansiosi: «Paghiamo un'educazione troppo rigida e genitori apprensivi»
BARI – Provate a chiedere a dieci persone a caso, di qualsiasi età e sesso: “Pensate di essere persone ansiose?”. Ebbene, senza ombra di dubbio la maggior parte degli “intervistati” vi risponderà con un sonoro “Sì”. L’ansia infatti, quell’agitazione interiore provocata dall’incertezza che genera angoscia, sembra essere un “male” estremamente diffuso. In realtà dovrebbe rappresentare una comune risposta emotiva alle tensioni: l’ansia aumenta l’attenzione, il battito cardiaco e la tensione muscolare, portando in circolo un po’ d’adrenalina e diventando un valido supporto per superare una prova particolarmente stressante. Ma spesso questo “stato d’animo” viene vissuto negativamente, come un peso da rifiutare, tanto da portare a condizionare le scelte e bloccare il soggetto interessato. Diventa quindi un fattore limitante.  

Abbiamo parlato con la psicologa barese Ilaria Terrone, che da anni si occupa di questo problema, per capire come mai l’ansia (negativa) sia così comune.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Da dove deriva questa enorme diffusione dell’ansia?
 
Chiariamo: l’ansia è sempre esistita, ma solo nell’ultimo secolo, da quando si è iniziato a parlare di psicologia, è emersa la sua importanza nella vita delle persone. Ansie, fobie, attacchi di panico ci sono sempre stati, solo che il disagio non era compreso e riconosciuto. Se vogliamo comunque categorizzare le motivazioni, potremmo fare una distinzione fra l’ansia dovuta ai cambiamenti sociali e quella dovuta alle dinamiche tipiche delle relazioni. La mancanza di lavoro, ad esempio, è una motivazione che colpisce prevalentemente i giovani, in particolare la fascia d’età che va dai 20 fino ai 40 anni, generando innanzitutto insicurezza su come gestire la quotidianità e il futuro. Non avere un'identità professionale può determinare frustrazione e incertezza, aumentando la possibilità di sviluppare stati ansiosi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E invece le relazioni sociali come influiscono?

Diciamo che se si è avuto un nonno o un genitore che hanno sviluppato personalità ansiose, è possibile che aumenti la probabilità che figli o nipoti diventino ansiosi. Spesso l'ansia non è altro che un "comportamento appreso" sia attraverso l'esperienza, sia attraverso l'osservazione dei comportamenti che i genitori hanno messo in atto in determinate situazioni, che il soggetto riproduce pensando che l'ansia sia l'unica modalità per affrontare una situazione specifica. Pensiamo ai quei genitori che si preoccupano in maniera troppo apprensiva delle amicizie dei figli, dei loro studi, delle uscite serali. Tutto questo aumenta il livello ansioso del genitore, che poi si riflette anche sui figli. Così come anche “traumi” che si sono avuti da piccoli possono poi coltivare un’ansia quando si cresce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il passare del tempo quindi non aiuta?

È importante sapere che l’età è un fattore razionale, assolutamente sconosciuto alla parte inconscia, che considera recente anche un evento vissuto durante l'infanzia. Quello stesso bambino che si è sentito preso in giro dal compagno d’asilo o che alle elementari è stato criticato dalla maestra per non aver fatto i compiti, continua a vivere dentro di noi e a sperimentare le stesse emozioni vissute tanto tempo fa. Col passare degli anni questi episodi sono dimenticati razionalmente ma non inconsciamente. Questa parte bambina lì dentro di noi è ancora triste e delusa e va a contrastare con quell’adulto che invece vuole comportarsi in maniera diversa. L’impossibilità, il blocco nel raggiungere un obiettivo, dipende spesso da questa lotta tra la parte adulta, che vuole arrivare alla meta e la parte bambina che continua a ripetere lo stesso comportamento di sempre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Possibile che ci siano tante persone con tali disturbi?

 
Si, anche se è chiaro che ci sono diversi livelli. Ci sono quelli che sono semplicemente “tesi”, che per esempio pensano: “Devo fare una visita medica e ho paura”. Quella non è un’ansia vera e propria ma una tensione dovuta a una situazione particolare da affrontare in quel momento. È un livello “base”, normale. Pensiamo all'ansia che sperimentiamo prima di un esame universitario: sarebbe strano se non ci fosse. C'è poi la situazione di cui parlavamo prima, cioè l'ansia appresa dai genitori come unica modalità per gestire situazioni particolarmente tensionali. Qui siamo già ad un livello più avanzato. E infine c’è la situazione più patologica, quella che interviene quando l’ansia impedisce al soggetto di poter svolgere perfino le normali attività quotidiane. Nei primi casi l’attivazione fisiologica dell’ansia si sperimenta in seguito ad un evento specifico: “Ho litigato con una persona e ho ancora la tensione addosso”. Nel vero ansioso invece apparentemente non esistono motivi validi che possano generare ansia: siamo però di fronte  a un conflitto inconscio che si sta manifestando.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci sono metodi per gestire meglio l’ansia più lieve?
 
Fare attività che ci permettono di entrare più in contatto con noi stessi, come ad esempio sport, meditazione, yoga. Tutto quello che ha a che fare con il rilassamento e con la concentrazione aiuta, perché a livello fisiologico porta a distendere la muscolatura e ad allentare la tensione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre come facciamo a capire se il “livello ansioso” si sta alzando?

Battito cardiaco accelerato, tensione muscolare, tremolio, dilatazione delle pupille: sono tutti sintomi dell’ansia patologica. L’ansia è una modalità che la parte inconscia utilizza per comunicare un disagio interiore. L'inconscio, diversamente dalla parte razionale, non sa utilizzare le parole e quindi si serve di fattori sintomatici.  

Si può guarire?

E’ necessario lavorare sulle relazioni che la persona vive o ha vissuto in passato. Poi ci sono i “compiti a casa”: allenare il soggetto a far cose che operino indirettamente sul problema principale. Se una persona non riesce a gestire l’ansia quando deve andare a sostenere un esame universitario, non possiamo dargli come “compito” quello di sostenere l'esame. Lo si allena invece a sperimentare e affrontare situazione “alternative” che generano lo stesso tipo di tensione ma in misura minore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci faccia un esempio.

Un uomo aveva difficoltà a relazionarsi con le donne, pur avendo una vita sociale normale: non riusciva ad avvicinarle per il timore del giudizio. Con questa persona ci siamo molto allenati ad affrontare situazioni che gli davano lo stesso tipo di tensione, come andare a cenare da solo o andare al cinema senza compagnia. Insomma ha cominciato a fare tutto ciò che prima non metteva in pratica per timore di ciò che gli altri potevano pensare. Per chi le vive queste insicurezze sono vere e proprie “montagne da scalare”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Risultato?

Allenarsi a fare questi piccoli e grandi esercizi, è stato un modo per vincere le sue paure in situazioni analoghe. Dopo un po’ di tempo è riuscito a invitare una donna a uscire, senza premeditarlo, ma semplicemente chiacchierandoci. Adesso vive una vita felice e convive. Ciò che lo bloccava erano tutte le cose che da piccolo gli dicevano che non doveva fare: aveva avuto un'educazione troppo rigida. Abbiamo fatto una vera e propria opera di “ristrutturazione” e all’improvviso il risultato è arrivato. Quanto più si diventa consapevoli di se stessi, tanto più ci si rende conto di tutto quello che si è capaci di fare. L’ansia spesso scaturisce dalla poca consapevolezza di sé.


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