di Mina Barcone

Donazione degli organi, al Sud prevale il rifiuto: «Per paura e ignoranza»
BARI -  Nel Sud Italia e in Puglia non si donano gli organi. Nonostante l'Italia sia al terzo posto in Europa per  donatori effettivi, nella Penisola il divario tra Settentrione e Meridione è evidente: al Sud nel 2013 i donatori di organi sono stati solo 194 a fronte dei 651 del Nord e ai 258 del Centro Italia. Il problema è il rifiuto, da parte dei parenti della vittima, di donare a chi ne ha bisogno qualcosa che apparteneva alla persona amata, che però non potrà più tornare in vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Purtroppo nel Mezzogiorno bisogna fare i conti con la paura e l’ignoranza – ci spiega Gianna Pascali, presidente dell’Aido (Associazione Italiana donazione organi) della provincia di Bari –. Se infatti in Italia la media delle opposizioni alla donazione degli organi da parte dei famigliari nel 2013 si attesta sul 29,6%, in Puglia la percentuale si alza in maniera esponenziale, toccando il 41% dei rifiuti».  

Insomma al momento della morte cerebrale del paziente, viene chiesto dai medici ai congiunti se acconsentono o meno al prelievo di cuore, polmone, fegato, pancreas, reni, per permettere a persone affette da malformazioni e malattie di poter ritornare a vivere. Ma in Puglia ben 4 persone su 10 rispondono con un secco “no”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Non ci si rende conto del grande atto di generosità e delle vite che possono rinascere da un solo donatore – sottolinea con amarezza la Pascali -. Ancora oggi credenze errate e disinformazione impediscono di vedere la cosa per quello che è: ovvero un gesto necessario alla sopravvivenza di altri individui che non presenta lati oscuri o secondi fini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

D’altronde non è neanche facile per chi sta vivendo un grande dramma riuscire a trovare la freddezza per decidere su questioni che forse appaiono inutili per chi sta perdendo una persona cara. «Noi non eravamo preparati alla morte di mio fratello, né a ricevere la domanda se avessimo voluto donare gli organi», scrive in una lettera indirizzata all’Aido, Carmela, sorella di Anastasio, morto in tenera età a seguito di un incidente. La famiglia del piccolo rifiutò la donazione, salvo poi pentirsi. «Decidere in quel momento cosa è giusto fare, è praticamente impossibile – continua ancora Carmela -. Probabilmente quella stessa domanda a mente lucida, avrebbe avuto una risposta diversa. In quegli istanti invece l’unica cosa a cui si pensa è che una persona amata non c’è più e la rabbia, il dolore, impediscono di riflettere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Gli ospedali hanno tentato di coinvolgere figure come gli psicologi, nella speranza di avere un approccio meno freddo e diretto nei confronti dei parenti delle vittime, ma sembra che il risultato, soprattutto nel Sud Italia, sia stato molto deludente. «Abbiamo notato– spiega Cristoforo Cuzzola, coordinatore dei trapianti presso l'ospedale Di Venere di Bari – come l’intervento di psicologi e personale esterno alla sala rianimazione abbia portato a una reazione negativa, di completa diffidenza, da parte dei famigliari. Abbiamo così lasciato al medico che si occupa del paziente in sala rianimazione l’arduo compito di tentare di strappare un consenso al prelievo degli organi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E quindi l’unica strada possibile per cambiare lo stato delle cose, è quello di sensibilizzare alla cultura della donazione. Come scrive sempre Carmela: «In modo che quando ci si trovi nella situazione di dover scegliere si conosca già con certezza cosa fare, senza dover fornire una risposta d’istinto che forse un giorno si vorrebbe poi ritrattare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltretutto la legge italiana permette di manifestare il consenso esplicito in qualunque momento della propria vita, registrandosi presso gli appositi sportelli delle Asl o dei Comuni o attraverso una dichiarazione scritta su un qualsiasi foglio bianco da portare sempre con sé.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La volontà di donare la si può manifestare anche al proprio medico di base o attraverso associazioni come l’Aido – sottolinea la Pascali –. L’informazione e la cultura della donazione sono fondamentali, per questo cerchiamo di andare anche nelle scuole, portando testimonianze di chi è rinato grazie magari a un cuore nuovo. Attraverso i trapianti di organi e tessuti infatti è possibile salvare molte vite. Attualmente in Italia sono 8828 i pazienti che attendono un trapianto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Perché oltre a prendere in considerazione la possibilità di diventare donatori, non dovremmo escludere la necessità un giorno di poter diventare riceventi – conclude Cuzzolla -. E’ molto importante pensare al fatto che un giorno potremmo essere noi stessi o nostro figlio o un parente o un amico ad aver bisogno di un trapianto che ci permetta di ritornare a vivere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito internet dell'Aido.


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