di Alessandra Anaclerio

Dalle Fucine a Villa Roth, storia e fallimento dei centri sociali a Bari
BARI - A Milano c'è il Leoncavallo, a Torino l’Askatasuna, a Roma il Forte Prenestino,  a Napoli l’Officina99, a Palermo l'Ex-Karcere. Sono solo alcuni dei tanti centri sociali autogestiti presenti in tutte le città italiane. In tutte tranne una: Bari. Dopo lo sgombero di Villa Roth avvenuto il 14 gennaio, anche l’ultima esperienza di occupazione e gestione di uno spazio abbandonato per fini politico-culturali è venuta meno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Negli ultimi vent’anni i ragazzi baresi appartenenti alla sinistra radicale hanno occupato un capannone nei pressi del Policlinico, un macello comunale ad Adelfia, un mercato coperto a Poggiofranco e una scuola superiore vicino al Campus, ma il risultato è stato sempre lo stesso: lo sgombero. Nel capoluogo pugliese resiste ancora il “Socrate Occupato”, che però a detta degli stessi giovani che lo hanno fondato, non è molto attivo perché «sta cadendo a pezzi» e funge più da dormitorio che da contenitore culturale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma come mai Bari non riesce ad avere un centro sociale più o meno permanente? Occupare è un reato, certo, eppure nel resto d’Italia i ragazzi sono sempre riusciti a convincere politici e amministratori a chiudere un occhio. La risposta prova a darla Luciano, 50enne protagonista delle prime occupazioni a Bari. «Qui non esiste una vera attività politica o di socializzazione – afferma – per questo motivo è facile per i politici farci sgomberare. Il problema dunque parte da chi occupa: se non si ha un peso nella società, se non ci si autoprotegge, le istituzioni riescono a buttarti fuori quando vogliono».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ripercorriamo insieme la storia dei centri sociali baresi (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le Fucine Meridionali – Correva il 1994  quando un gruppo di ragazzi decise di occupare un capannone industriale in via Carlo Collodi, nelle vicinanze del Policlinico di Baari, dando vita al centro sociale autogestito "Fucine Meridionali" (vedi foto e video). «Facevo teatro da tanti anni e quando vidi quello spazio pensai subito che il posto sarebbe stato perfetto per fare politica culturale – afferma il 40enne Nicola -. Ricordo che c'era un bel palco, era molto grande. Si formarono delle squadre all'interno, ad esempio una di carpenteria e una che si occupava di cinema. Era una specie di circolo, che presentava diverse realtà tutte nello stesso ambiente. Stava funzionando molto bene, c'era tanta gente che veniva sempre a trovarci. Però questa occupazione a un certo punto finì».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infatti, verso la fine del 1995, la polizia si recò sul posto per attuare lo sgombero. Ad attenderli c’erano più di mille persone. « Quel giorno i poliziotti non ce la fecero a farci andare via - ricorda un altro ex occupante -. Riuscimmo ad ottenere un accordo: avremmo avuto un mese per lasciare il capannone, il tempo necessario per farci trasferire in un altro edificio in via Fanelli, nei pressi della Chiesa San Marcello, dove poi siamo stati per un anno. Poi da lì andammo via noi, perché in quella zona non si viveva bene, avevamo spesso problemi con la Guardia di Finanza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Coppola Rossa - Nel frattempo ad Adelfia nasceva un altro “collettivo”, organizzato sotto il nome dell’associazione culturale Kassandra. Nel maggio del 1997 quei ragazzi occuparono l’ex macello comunale del paese e lo chiamarono"Coppolarossa", il cui nome richiamava quello dell'antica contrada che lo stabile sovrastava. Pur sorgendo a 15 chilometri dal capoluogo, questo centro sociale diventò il punto di riferimento per tutti i ragazzi “alternativi” di Bari e provincia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«La nostra occupazione fu stramba- ricorda il 35enne Giulio-. Avevamo un'assemblea di gestione tenuta da 18enni, ma vi partecipavano anche anziani, mamme e papà degli occupanti e talvolta anche il prete del paese. Tra le tante cose, adottammo dei cani mal curati da pseudo animalisti, dando vita a un vero e proprio canile sociale, con oltre 60 animali. E un anno costruimmo dei bellissimi rifugi collettivi che ospitavano persone disagiate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questa occupazione durò parecchi anni, fino al 2004 quando ad Adelfia vinse il centrodestra. «Il sindaco locale ci diede battaglia, mise in vendita la struttura che finì in mano ad una cooperativa di recupero per tossicodipendenti - ricorda Giulio-. Dopo l'asta e l'acquisto iniziammo ad avere visite strane con persone armate che ci intimavano di arrenderci e andarcene con le buone. Così finirono i sette anni del "Coppolarossa"».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La struttura è ancora lì, con il suo graffito gigante che ritrae il volto di Che Guevara, disegnato su una parete esterna dell’immobile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Mercato Occupato – Dal 2004 Bari torna quindi a non avere un centro sociale, fin quando nel quartiere Poggiofranco, il 18 maggio 2010, un gruppo di ragazzi occupa il vecchio mercato coperto rionale. «Quel posto ce lo prendemmo perchè volevamo dargli una funzione sociale, avevamo bisogno di un luogo di aggregazione- racconta il 31enne Vito-. Era una struttura che presentava diversi box e in ognuno veniva svolta un'attività. Ricordo che uno diventò una sala lettura, mentre in un altro potevi cimentarti in cucina. A turno noi ragazzi dormivamo lì».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma quell’occupazione andò male. «Fuori dai cancelli c'era sempre una macchina della polizia, che monitorava la situazione 24 ore su 24-sottolinea Vito -. Non ci sentivamo liberi e pian piano molti di noi abbandonarono il progetto. Fin quando il 26 agosto 2011 quei pochi ragazzi che erano rimasti uscirono dal mercato. Gli agenti così presero la palla al balzo: entrarono, ruppero i cancelli e posero fine all'occupazione». Ora il mercato è ancora lì e giace inutilizzato.

Villa Roth – E arriviamo ai giorni nostri, con l’ultimo caso di occupazione fallita, quella dell’ex sede del Liceo Fermi in via Annibale di Francia, nel quartiere San Pasquale: la cosiddetta Villa Roth. Il 14 gennaio, dopo quasi due anni di occupazione (tutto era iniziato il 26 novembre 2011),  le forze dell’ordine hanno sgomberato l’edificio. «Erano le 7 quando sono arrivati gli agenti per mettere sotto sequestro la Villa - afferma l’ex inquilina Carmen, in una video intervista rilasciata a Barinedita-. All'interno c’era l'orto sociale, un campo da calcio per i bambini del quartiere che venivano qui a giocare, la libreria sociale e il cinema. In programma c'erano rappresentazioni teatrali ed eventi culturali. Ora è tutto finito».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ancora una volta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un video che racconta la storia delle "Fucine Medirionali":



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  • peter - por fi he encontrado alguna informacion sobre coppola rosa. por casualidad estuve alli casi 5 meses y para mi era una experienci inolvidable. saludos a todos chicos de alli. me gustaria hablar con algien de alli :)


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