di Francesco Sblendorio

Bitonto, la leggenda del ''legno santo'': se salta una processione Bari se lo porta via
BARI - Quando la religiosità si intreccia con il campanilismo. È il caso di molte leggende tramandate nel corso dei secoli tra le generazioni delle comunità locali del nostro Paese. In provincia di Bari ce n’è una che ha per oggetto nientemeno che la “Santa Croce”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Bitonto, Venerdì Santo. Ogni anno, da più di 300 anni, viene portato in solenne processione quello che qui è comunemente chiamato “legno santo”, ovvero due schegge della croce sulla quale Gesù sarebbe morto. E’ l’orgoglio dei cattolici del paese a nord di Bari, convinti che, qualora la reliquia non venisse portata in processione anche solo per un anno, essa passerebbe in custodia alla città di Bari. Bitonto ne perderebbe cioè il possesso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«L’ho sentito dire fin da bambina – dice la signora Fortunata, 66 anni – me lo raccontava mia madre: anche se dovesse nevicare, il legno santo deve uscire e fare almeno un giro attorno alla Cattedrale». «È una cosa risaputa in paese – le fa eco Gabriella, 29 anni – diciamo che lo sanno tutti, anche se non so da chi sia partita questa storia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In realtà non c’è sembra esserci nulla di vero in questa leggenda. «A Bari non si sa niente di questa presunta “contesa” – afferma don Giovanni Giusto, che è stato parroco in entrambe le città – e la Chiesa non può certo accettare che si diffondano tali credenze».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Franco Romano è colui che da quasi dieci anni realizza il trofeo floreale all’interno del quale viene posto il reliquiario: una croce d’argento contenente il legno santo. «Non c’è niente che attesti l’esistenza di questa “guerra” tra Bari e Bitonto – ci dice con certezza – ma è anche vero che la reliquia è sempre uscita in processione: non ha mai saltato un anno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma lo “stakanovismo” del legno santo deriverebbe da ragioni puramente finanziarie. «Teoricamente  - spiega Romano – in caso di condizioni meteo sfavorevoli la processione del Venerdì Santo dovrebbe essere posticipata alla mattina seguente. Ma in tal caso, la banda musicale a cui è affidata l’esecuzione delle marce previste per la processione dovrebbe essere pagata due volte: il venerdì sera e il sabato mattina. Per questo motivo si è sempre cercato di non rimandarla».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Nella memoria di Franco Romano si affaccia un ricordo ben preciso: «A metà degli anni ’80 un Venerdì Santo piovve per tutto il giorno. Eppure anche quell'anno la processione "uscì", anche se molto tardi: alle 8 di sera. Credo che questo episodio possa aver alimentato la diceria popolare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E' probabile che la credenza possa aver preso origine da un documento realmente esistente, il cui significato sarebbe stato travisato. Risaliamo a questo foglio grazie al contributo di Francesco Carelli, custode del Sacro Legno e priore dell’Arciconfraternita di Santa Maria del Suffragio, organizzatrice della processione del Venerdì Santo. Si tratta dell’atto di donazione della reliquia della Croce, datato 11 febbraio 1711 e firmato dall’allora vescovo di Siponto e Manfredonia, monsignor Giovanni de Lerma, bitontino, nominato arcivescovo da papa Clemente XI.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Affezionato alla sua città, donò le due schegge della Croce di Cristo al priore della confraternita don Giuseppe Manna. Nella pergamena, scritta in latino ecclesiastico, si legge: “… queste due particole del predetto Sacratissimo Legno della Santa Croce (…) le abbiamo date in dono (…) al Canonico Manna, effettivamente con la facoltà di ESPORRE le predette sacre particole e di conservarle nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, ossia chiamata dal popolo del Purgatorio Nuovo, e da poco eretta nella Città di Bitonto e non ad altre (chiese) e non diversamente”.

Proprio queste ultime parole, se da un lato sembrano mettere al sicuro il Legno Santo da indebiti trasferimenti in altre città, dall’altro possono aver originato nei bitontini una sorta di infondato “obbligo morale” a celebrare ogni anno il privilegio ricevuto.


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