di Francesca Ottaiano

San Sebastiano, il paese distrutto tre volte dal Vesuvio: «Viviamo con l'ansia»
SAN SEBASTIANO AL VESUVIO – Un paese distrutto e ricostruito tre volte, che vive con la costante paura di un imminente disastro. È la storia di San Sebastiano al Vesuvio, centro di 9mila anime in provincia di Napoli che, come dice il suo nome, è situato ai piedi dell’attivo e pericoloso vulcano campano. La cittadina si trova infatti sul versante occidentale del cratere ed è tra quelle inserite nella cosiddetta “zona rossa”, la più a rischio in caso di eruzione. (Vedi foto galleria)

A San Sebastiano, è il caso di dirlo, con il fuoco non si scherza. Il paese, all’epoca solo un villaggio agricolo, fu sommerso dalla lava per la prima volta nel 1631, durante un evento che costò la vita in tutta la zona a 10mila persone. Ebbe però il coraggio di rialzarsi, ma dovette nuovamente arrendersi al vulcano nell’agosto del 1682, quando fu nuovamente incenerita dalla lava.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’attività del Vesuvio continuò poi per altri due secoli, concentrandosi però più che altro sul fronte opposto, quello orientale. Nel 1872 il magma tornò a far visita a San Sebastiano, ma si trattò di un passaggio “tranquillo”, che non invase l’agglomerato urbano. Le uniche vittime furono nove persone che si recarono nei pressi del cratere per assistere alla colata: vennero sorpresi e travolti dal fiume incandescente in discesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel frattempo, in questo periodo di relativa tregua, la comunità potè godere dei benefici dell’abitare alle falde del Vesuvio, la cui attività rendeva fertile la terra donando prodotti pregiati quali il “pomodoro del piennolo”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Purtroppo però la pace ebbe termine il 18 marzo del 1944, quando il vulcano si riprese la serenità che aveva regalato a San Sebastiano per più di 250 anni. Un’eruzione di portata sensazionale invase infatti la cittadina. Metà delle abitazioni vennero rase al suolo, 26 persone persero la vita e tre anni di raccolti andarono in fumo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Si respirava la gioia per l’avvento degli americani, stavamo tirando un sospiro di sollievo dopo gli anni durissimi della guerra, quando il Vesuvio in un solo giorno si portò via tutto». A parlare è nonna Anna, residente a San Sebastiano al Vesuvio da ben 101 anni. La donna ricorda benissimo quell’evento tragico che sconvolse la vita di un’intera comunità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«La lava scendeva lentamente dalle pendici, sembrava l’impasto del pane –rammenta l’anziana signora -. Le persone ebbero solo il tempo di raccattare le proprie cose e andar via di casa, ma molti non ne uscirono vivi. Io mi salvai per miracolo. Mentre il magma percorreva le strade lungo la valle io e i miei fratelli ci radunammo nel cortile della nostra abitazione, dove si trovava la statua di San Giorgio. Fu lui ad accogliere le nostre preghiere e il fiume di fuoco si fermò a poche centinaia di metri dal punto dove eravamo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questa eruzione lasciò per l’ennesima volta in ginocchio San Sebastiano, che anche in quell’occasione trovò la forza per rinascere dalle proprie ceneri. Ma da allora ogni residente vive con la paura che il vulcano possa ritornare a bussare alle porte del paese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La preoccupazione c’è sempre, noi di fatto viviamo con l’ansia – ammette la 23enne Martina -. Ci fidiamo però del controllo dell’Osservatorio vesuviano, l’ente che monitora costantemente l’attività del cratere: ci hanno assicurato che in caso di problemi ci avviseranno in anticipo, così da avere il tempo per  metterci in salvo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Alle scuole medie ogni anno ripetevamo l’esercitazione per il piano di fuga in caso di eruzione – sottolinea invece la 18enne Marica -: siamo cresciuti con la consapevolezza del rischio. Nonostante ciò io continuo a sognare il Vesuvio almeno una notte al mese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Perchè è impossibile non pensare al vulcano – conclude la 60enne Nunzia –: d’altronde lo vediamo da ogni angolo. Io però ho imparato a conviverci e vado avanti con una sola speranza: che possa riposare il più a lungo possibile»

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