di Elena Lisco e Luca Laudadio - foto Antonio Caradonna

Bari, viaggio nel Bread and Roses: lo spazio di ''mutuo soccorso'' occupato legalmente
BARI - Mercatini di prodotti artigianali, cineforum, laboratori per bambini e soprattutto attività lavorative aperte alla collaborazione di cittadini bisognosi. Sono alcune delle iniziative portate avanti nell'antica Villa Capriati di Bari, occupata dallo scorso 24 marzo 2016 dai membri del gruppo "Bread and roses": si tratta di un'esperienza di autogestione inedita nel capoluogo pugliese, senza cioè quegli attriti con le istituzioni locali che in passato hanno stroncato i principali centri sociali baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A metterla in pratica sono una ventina di persone, perlopiù precari e studenti. Tutti provengono dal mondo dell'associazionismo e del resto il progetto prende forma proprio per opera di quattro realtà ben consolidate: "Solidaria", "Ortocircuito", "Convochiamoci per Bari" e "Piazza del baratto".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La struttura in cui si è insediato il collettivo è l'ex brefotrofio di via Amendola: qui dal 1932 alla fine degli anni 90 ben 150 posti letto sono stati a disposizione di tantissimi bambini rimasti senza genitori. I piccoli arrivavano dagli ospedali se non riconosciuti da mamma e papà, per ordine dei tribunali o dopo essere stati depositati nella vecchia "ruota degli esposti".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il fabbricato sorge al civico 189/A ed è ben segnalato all'esterno da uno striscione rosso appeso sul muro recante il nome del gruppo: siamo andati a visitarlo. (Vedi foto galleria)

Varchiamo l'entrata, costituita da un cancello verde sul quale è affisso un cartellone variopinto con su scritto "La piazza del baratto": pubblicizza uno degli appuntamenti fissi organizzati dagli occupanti, il ritrovo per chi vuole scambiare libri e altri oggetti in buono stato che si tiene ogni ultima domenica del mese. Percorriamo quindi il vialetto d'ingresso e sulla sinistra scorgiamo l’edificio dove un tempo risiedeva il custode dell'istituto, per ora l'unico immobile non fatiscente e utilizzabile dell'intero complesso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una porta rossa permette l’ingresso nella casetta, i cui interni sono tinteggiati con colori accesi e arredati con mobili che oscillano tra il vintage, l’etnico e il bohèmien. Le pareti pullulano di poster di stampo politico, appelli per petizioni e foto di eventi passati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Su un muro spiccano le iniziali di "Bread and roses": il nome si ispira all'omonimo film di Ken Loach e al celebre sciopero degli operai di un'industria tessile avvenuto nel 1912 nella cittadina statunitense di Lawrence, in cui i lavoratori adottarono proprio questo slogan. «Significa "pane e rose" - spiega il 60enne Manlio, l'attivista del gruppo che ci accoglie -. Il pane rappresenta il frutto del lavoro quotidiano e le rose simboleggiano la bellezza della vita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La nostra non è una semplice occupazione - prosegue il signore - ma un "atto illegale di giustizia". In pratica ridiamo vita a uno spazio abbandonato per sviluppare iniziative di mutuo soccorso a cui tutti possono contribuire e partecipare: mercatini, laboratori didattici, cene solidali, cineforum e sartorie sociali per la preparazione di vestiti da donare alle associazioni di volontariato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Sarebbe quindi sbagliato definire Villa Capriati come un nuovo "centro sociale". «È una terminologia inesatta - precisa il 33enne Frank -. Per "centro" di solito si intende un luogo quasi distaccato dal contesto esterno, che tenta di isolarsi o addirittura di contrapporsi a ciò che c'è fuori. Noi invece siamo aperti e proviamo a far entrare nei nostri progetti più gente possibile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il maggior successo degli inquilini "abusivi" è lo "Sfruttazero", la realizzazione e la vendita di salsa di pomodoro autoprodotta che ha visto la partecipazione di diverse persone disoccupate. «Abbiamo curato da soli tutte le operazioni necessarie allo scopo, dalla semina alla distribuzione - racconta Marilisa, 30enne qui presente sin dal primo giorno -. I pomodori sono stati coltivati a Conversano nei terreni della Masseria dei Monelli, agriturismo sensibile alle nostre iniziative, coinvolgendo alcuni baresi e immigrati in difficoltà economiche».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Manlio e Marilisa ci mostrano gli scaffali colmi di bottiglie rosse. Sulle etichette è specificato che i proventi verranno usati non per ottenere dei profitti, bensì per dare impulso ad altre attività di cooperazione. «Riceviamo ordini anche da città del nord come Verona e Genova», sottolinea la ragazza. E mentre discutiamo su un ripiano notiamo due boccette di liquore, anch'esso autoprodotto e dal nome evocativo: "Amaro partigiano".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una mentalità che si riflette anche nei rapporti con le istituzioni. «Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare - evidenzia Manlio - il pericolo dello sgombero non ci ha mai toccato. Anzi, abbiamo firmato un patto di collaborazione con le pubbliche amministrazioni che regola il nostro uso della struttura: è un passo avanti notevole nella storia dei luoghi autogestiti a Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel frattempo il complesso di proprietà della Provincia dovrebbe passare al Comune. Il trasferimento però tarda a perfezionarsi per lungaggini burocratiche, cosa che penalizza gli occupanti che non hanno ancora a disposizione luce e acqua come previsto dagli accordi. «È assurdo - sbotta Manlio -. Per ora comunque ci arrangiamo con generatori portatili che abbiamo acquistato autotassandoci».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proprio i ritardi degli adempimenti dovuti dagli enti pubblici sono gli argomenti della riunione che sta per iniziare nell'agrumeto attiguo alla casetta. Lo raggiungiamo incrociando una libreria colma di volumi e un'angusta cucina in cui sono quasi incastrati un lavandino, il forno e un paio di mobiletti per le stoviglie. Passiamo accanto al manifesto che invita all'"osteria popolare", banchetto di autofinanziamento a frequenza bisettimanale e giungiamo nel giardino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

All'esterno una decina di persone sono pronte a radunarsi usando delle sedie di legno. Tra i partecipanti c'è anche un tenero gatto che pare essere molto attento all'ordine del giorno. Marilisa fa notare come dopo l'ultima lettera di sollecito inviata al sindaco Decaro non sia arrivata alcuna replica. È Manlio però a tirar su il morale dei presenti, memore degli errori fatti in passato negli altri posti autogestiti della città. «Un giorno avremo delle risposte concrete - afferma il 60enne -. Dobbiamo tenere duro, abbiamo il dovere di credere nella nostra causa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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