di Eva Signorile

Scalette, case colorate, cappelle nascoste: a Bari c'è "La Mendàgne"
BARI – Incastonata tra il Policlinico, piazza Giulio Cesare e viale Salandra, si trova la piccola e più antica zona del quartiere Picone di Bari dove il progresso dei palazzi alti non è riuscito ad avere la meglio su un passato fatto di stradine e basse costruzioni colorate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui decenni fa si trovava un grande presepio famoso in tutta Bari. E se vogliamo questa zona appare veramente come un presepe, rappresentazione di una Bari che sta scomparendo, fatta di palazzine color pastello, panni stesi, strade in cui ci passa a malapena una macchina. (Vedi foto galleria)

In questo quadrilatero largo 250 metri e lungo 150, si trovano sei vie, di cui tre prendono il nome da città pugliesi: via Lecce, via Foggia, via Lucera, più via Bengasi, via Carafa e via Di Tullio, la stradina divisa dal vecchio eucalipto di cui abbiamo parlato tempo fa, che secondo la leggenda fu piantato dai soldati americani prima di ritornare in Patria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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Tutto il “quartiere” è posto su un’”altura”, si trova infatti a qualche metro sopra il livello stradale, tanto che per accedervi da viale Salandra è necessario salire alcune scalette. Gli abitanti del luogo chiamano infatti questa zona La Mendàgne“ ("La Montagna").Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Iniziamo il nostro micro tour proprio da queste scale, assurte improvvisamente agli onori della cronaca nell'autunno scorso, quando una coppia di turisti ha rischiato di precipitarvi giù tradita da un Gps in vena di burle azzardate. Le raggiungiamo sfruttando una rientranza di viale Salandra che sfocia in un piccolo cortile dove un uomo e un bambino stanno giocando a calcio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una volta in cima, ci ritroviamo in una zona quasi aliena rispetto agli scenari cui siamo abituati. Il piccolo tratto di strada che si congiunge alla più grande via Bengasi è costeggiato a sinistra da un’antica villa attuale sede della Coldiretti. Sulla destra si srotolano invece basse costruzioni del primo Novecento, nei toni confettati del rosa, dell'azzurro e del giallo. Mani di intonaco nuovo si alternano a muri sbrecciati dove il tufo si fa largo tra il colore piagato. Un'anziana donna ci scruta da dietro la finestra: ne percepiamo il viso oltre i panni stesi al sole, poco più di un'ombra dietro un vetro. Poi decide che non meritiamo ulteriori attenzioni e scompare definitivamente. Il click della maniglia che sigilla la finestra ci vale per saluto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Costeggiamo la villa fino all'angolo opposto, dove incrociamo un pensionato (questo non è un quartiere per giovani, sembra). L'uomo racconta che un tempo l'edificio apparteneva ad altri, poi l'impresa che ha costruito l'alto palazzo accanto che dà su viale Salandra, lo ha comprato, impegnandosi nella ristrutturazione: l'edificio è ancora dell'impresa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Proprio questa costruzione è al centro dei racconti di Pietro Catacchio, proprietario di un garage in via De Tullio. L'uomo è nato e vissuto qui e rappresenta perciò una sorta di "archivio vivente" locale. «Questa bella costruzione che si trova quasi in cima alla scala - ci dice  - in passato era stata un convento benedettino, ma verso la fine dell’800 fu acquistata dal signor Cesare Caleno, proprietario di beni nella zona di Bari Vecchia, per farne una residenza estiva. Un tempo in questa zona di Bari dominava la campagna e chi poteva permetterselo acquistava qui una villa dove potersi rilassare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Uno dei locali della residenza Caleno ospitava, fin dal 1887, un presepio monumentale, dalle proporzioni «davvero importanti», stando ai ricordi del signor Catacchio. Le statue erano alte anche un metro e mezzo e l'intera rappresentazione occupava una stanza. "U' Presèp" divenne leggendario, tanto da attirare numerosi cittadini nei giorni di Natale, che arrivavano per vederlo dai rioni vicini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le statue che lo popolavano hanno ora cambiato residenza: nel 1958 i figli del signor Caleno le hanno donate alla Provincia di Bari e oggi stazionano nei locali della Pinacoteca. Del Presepio resta traccia in un'epigrafe su una porta della villa, in via Lecce, dal lato opposto rispetto alle scale: è la porta d'accesso alla piccola e nascosta cappella di famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui troviamo Anna ed Elisa, 56 anni l'una, 68 l'altra. Oggi sono "di turno" loro due. Il sacerdote della chiesa di San Francesco da Paola a cui la cappella è stata affidata consente che resti aperta dalle 9 alle 16 tutti i giorni tranne la domenica e le donne del luogo si sono organizzate per andarci a turno, in modo da "andare a stare con il Signore ed evitare che si senta solo".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Donne che ricordano ancora quando qui persino la statua di San Nicola si "scomodò" per guidare una processione. «Doveva essere il 1954, forse il 1955», ci racconta il signor Pietro, mentre ci indica con orgoglio la foto in bianco e nero con la statua del Patrono, proprio in via Bengasi, quella che da sempre è la strada principale  del “Presepe” di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

* foto di Mariangela Dicillo e Salvatore Schirone


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Eva Signorile
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